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Giudice di pace di Bologna, decreto del 7 maggio 2005

 
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[...]. Premesso in fatto.

Con decreto del prefetto della provincia di Bologna emesso in data 15.7.1999 e notificato in pari data all'odierno ricorrente, veniva ordinata l'espulsione del sig. Darif Rachid (l'odierno opponente sig. Hajjaoui Rachid), con l'intimazione di lasciare il territorio nazionale entro quindici giorni dalla notifica del decreto;

con ricorso depositato in data 16.3.2005 il sig. Hajjaoui Rachid proponeva opposizione avverso il decreto notificatogli chiedendone l'annullamento. A sostegno della propria opposizione il ricorrente lamentava la mancata traduzione del decreto in una lingua a lui conosciuta, in quanto il provvedimento in esame era stato tradotto unicamente in lingua francese;

all'udienza fissata, veniva acquisita al fascicolo la documentazione prodotta dalle parti; quindi il rappresentante della prefettura insisteva nel rigetto del ricorso e la difesa dell'interessato si riportava alle conclusioni di cui all'opposizione. Il giudice, sentita la discussione, si riservava.

Rilevato che

Dalla documentazione in atti e dalle ricerche effettuate dall'amministrazione procedente è emersa la prova che il Hajjaoui Rachid, nato a [...] (Marocco), il 20.5.1974 è il destinatario del decreto di espulsione opposto pur essendo diverse le generalità fornite al momento della comunicazione dello stesso;

Osservato che

Ai fini dell'efficacia dei provvedimenti di cui all'art. 13 co. 7 T.U. costituisce requisito necessario ed indefettibile l'accertamento della possibilità per il destinatario di comprendere il contenuto dello stesso, e ciò al duplice fine di garantire all'interessato l'effettivo espletamento del diritto di difesa inerente al provvedimento notificato e di consentire al medesimo di ottemperare alle prescrizioni in esso contenute;

essendo i destinatari di tali provvedimenti cittadini di altra nazionalità, l'accertamento dovrà incentrarsi nella individuazione della lingua effettivamente conosciuta e parlata dai medesimi interessati;

tale interpretazione è confermata dalla lettura della norma la quale, prevedendo che ai fini della comunicazione, il decreto di espulsione debba essere tradotto "anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero quando ciò non sia possibile nelle lingue francese, inglese o spagnola con preferenza per quella indicata dall'interessato" (art. 2 co. 6 e art. 13 co. 7 d.lgs. 286/98 e art. 3 co. 3 d.p.r. 394/99), statuisce l'obbligo per gli agenti operanti, di compiere un'attività di indagine diretta ad individuare la lingua effettivamente parlata e conosciuta dall'interessato al provvedimento, sulla base di elementi acquisiti antecedentemente o contestualmente alla redazione della traduzione del provvedimento;

con riferimento al livello di conoscenza della lingua richiesto, questo va rapportato in relazione al provvedimento da comunicare e pertanto, trattandosi di un provvedimento di carattere amministrativo, non è sufficiente una conoscenza rudimentale della lingua in cui questo è stato redatto. Il legislatore, infatti, nelle due disposizioni in esame ha utilizzato il termine "lingua a lui comprensibile", volendo sottolineare la finalità di tale adempimento, non meramente formale, bensì sostanziale, consistente nel garantire al destinatario la comprensione delle prescrizioni e dei diritti ad esse collegate contenuti nel provvedimento comunicatogli;

per quanto attiene alle modalità di tale accertamento, questo andrà effettuato in concreto e caso per caso, nel senso che gli agenti operanti dovranno individuare quegli elementi idonei a fornire indicazioni in ordine alla lingua effettivamente parlata e conosciuta dall'interessato, prescindendo da ogni valutazione fondata su considerazioni di carattere generale ed astratto (ad esempio la lingua francese per i cittadini marocchini);

tali elementi dovranno sussistere al momento dell'identificazione dell'interessato o comunque in un momento antecedente la notifica del decreto che dispone l'espulsione, proprio al fine di consentire all'autorità amministrativa procedente di redigere tale provvedimento nella lingua da lui effettivamente conosciuta;

la ratio della norma in esame non è infatti quella di accertare sulla base di elementi individuati a posteriori la validità di una scelta già fatta in sede di traduzione dell'atto - non ritenendosi applicabile al caso di specie il principio processuale della generale sanatoria delle nullità degli atti che abbiano comunque raggiunto lo scopo cui erano destinati, trattandosi di un diritto di natura sostanziale - bensì quella di garantire che l'individuazione della lingua conosciuta dallo straniero avvenga sulla base di elementi sussistenti al momento della notifica del provvedimento e che il relativo accertamento venga effettuato con modalità dirette a garantirne la fondatezza;

l'indagine del giudice sarà pertanto diretta a valutare la fondatezza di tale accertamento, effettuato dall'amministrazione procedente, sulla base di indizi sussistenti al momento in cui questo è stato effettuato, non rilevando a tal fine ulteriori elementi individuati a posteriori, poiché allora non sussistenti o non valutati, né potendo costituire una valida prova al riguardo la circostanza che lo straniero, successivamente alla notifica, sia comunque riuscito in qualche modo a comprendere il contenuto dell'atto;

per quanto attiene alla traduzione del decreto in una delle lingue indicate al comma 7 dell'articolo in esame, tale previsione non comporta alcun automatismo al riguardo; questa eventualità è stata, infatti, prevista dal legislatore in via residuale nell'ipotesi di impossibilità materiale di provvedere alla traduzione nella lingua madre dell'interessato o in una lingua a lui conosciuta, come emerge dalla locuzione "ovvero quando ciò non sia possibile", utilizzata dal legislatore per disciplinare tale eventualità;

tale eventualità presuppone inoltre la previa richiesta all'interessato di voler indicare la lingua tra quelle elencate nel T.U., in cui preferisce gli venga tradotto il provvedimento;

oggetto di accertamento del giudicante, in tali casi, sarà pertanto in primo luogo la sussistenza di una motivazione in ordine alla lingua scelta per la traduzione del provvedimento e secondariamente la congruità della stessa;

Ritenuto che

Nel decreto opposto non sono indicate, neppure sinteticamente, le modalità di accertamento della lingua conosciuta e parlata dall'interessato, né si ravvisano elementi di prova da cui poter desumere che tale indagine è stata effettuata e con le modalità sopra indicate;

anche nel verbale di notifica del decreto prefettizio non si ravvisano sufficienti elementi in tal senso, in quanto la circostanza dell'avvenuta sottoscrizione del decreto per notifica di copia dello stesso non è elemento sufficiente per poter ritenere raggiunto un livello di conoscenza della lingua tale da consentire la lettura e la comprensione di un testo giuridico in italiano;

la circostanza che il provvedimento è stato tradotto in lingua francese, unitamente alla mancata dichiarazione dell'interessato di conoscere la lingua italiana ed in assenza di una prova dell'avvenuto accertamento di tale conoscenza da parte degli agenti operanti, conferma, invece, che l'interessato al momento dell'accertamento non conosceva la lingua italiana;

nel provvedimento impugnato non vengono poi indicate le motivazioni per cui non è stato possibile provvedere alla traduzione dell'atto nella lingua conosciuta dall'interessato, neppure sinteticamente, né le ragioni per cui, tra le lingue indicate nell'art. 13 co. 7 T.U. si è scelta la lingua francese, né se è stato chiesto all'interessato di indicare una lingua per la traduzione del provvedimento (cfr. art. 2 co. 6 u.p. d.lgs. 286/98);

la circostanza che l'interessato al momento dell'accertamento aveva fornito false generalità non costituisce, di per sé, un giustificato motivo per la mancata traduzione del provvedimento nella lingua conosciuta dall'interessato;

premesso che il fornire dichiarazioni non corrispondenti al vero non può in alcun modo essere utilizzato come alibi per precostituire un'eccezione da far valere successivamente, in caso di rilascio di generalità false occorrerà verificare la concreta incidenza delle dichiarazioni fornite sull'attività di accertamento degli agenti operanti della conoscenza della lingua conosciuta dall'interessato, così come richiesto dalla norma;

nel caso di specie l'interessato, pur avendo fornito generalità diverse da quelle effettive, con riferimento al suo nominativo ed alla data di nascita, ha indicato in modo veritiero, come successivamente accertato, di essere cittadino marocchino;

pertanto, nel caso di specie, l'avere l'interessato rilasciato false generalità non costituisce condotta idonea a pregiudicare l'attività di accertamento degli agenti operanti della lingua conosciuta e parlata dal medesimo interessato.

Ciò premesso, ritenuti sussistenti i validi motivi, sotto il profilo della non conoscibilità delle prescrizioni dell'atto impugnato, viene disposta la rimessione in termini del ricorrente per la presente opposizione e, per le motivazioni sopra svolte, il decreto del prefetto della provincia di Bologna emesso in data 15.7.1999 e notificato in pari data viene annullato in quanto emesso in violazione del disposto di cui all'art. 13 co. 7 T.U.

In considerazione della particolarità delle questioni in esame, e della circostanza che trattasi di un decreto emesso quando tali questioni erano ancora controverse, viene disposta la compensazione delle spese legali.

P.Q.M.

il Giudice di pace di Bologna, nel procedimento avente n.R.G. 291/2005 promosso ex art. 13 co. 8 T.U. dal sig. Hajjaoui Rachid avverso il decreto del prefetto della provincia di Bologna emesso in data 15.7.1999 e notificato in pari data così decide:

in via preliminare, ritenuto che il decorso del termine per proporre ricorso si è verificato per causa non imputabile al ricorrente, ne dispone la rimessione in termini;

nel merito, in accoglimento del ricorso, annulla il decreto opposto; compensa le spese di giudizio.