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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale per i minorenni di Trieste, sentenza del 15 febbraio 2005, n. 42

 
est. Gaspari
 

[...] 2. Dalla annotazione di servizio risulta che il minore [...] e il minore [...] si presentavano spontaneamente in questura per chiedere assistenza, essendo privi di mezzi di sostentamento (f. 6). In tale circostanza risultavano privi di documenti.

3. Rivedendo il precedente orientamento di questo ufficio, alla luce della giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. S.U. sent. 29.10/27.11.2003 n. 45801) e della giurisprudenza di merito minorile, si ritiene che la condotta non integri gli estremi del reato previsto dall'art. 6, comma 3 d.lgs. 286/98. Il minore deve essere prosciolto perché il fatto non sussiste, sotto il profilo dell'insufficiente prova dell'elemento costitutivo del reato.

4. Una attenta disamina del percorso argomentativo sviluppato dalla Corte impone di evidenziare quelli che il Supremo Collegio individua come i presupposti per la sussistenza del reato. Si legge nella motivazione (paragrafo 5.0 della sentenza) che "il reato in questione si concretizza ove non sussista giustificato motivo che legittimi la mancata esibizione del documento richiesto [...]. La "esibizione" di un documento presuppone che lo stesso esista nel mondo fenomenico o che, quantomeno, possa esistere per la previa attivazione in tal senso del soggetto interessato ed abilitato a farlo". Ancora si osserva (al par. 5.1) che "l'assenza di giustificato motivo é elemento costitutivo della fattispecie penale, non causa di esclusione della punibilità, cioè per mutuare una espressione dottrinaria, elemento positivo ricostruito negativamente della fattispecie di reato [...]". Si aggiunge poi (5.2) che "é lo stesso art. 6 che impone allo straniero, quale che sia la sua condizione, di essere munito di uno di tali documenti"; si prosegue osservando che é per il solo rapporto fisico con il territorio nazionale che lo straniero ha l'obbligo di munirsi del documento e di esibirlo a richiesta degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza; si argomenta che, "se così non fosse, sarebbe affidato alla sola volontà del soggetto l'adempimento dell'obbligo richiesto: egli, pur potendolo fare, sarebbe legittimato a non richiedere affatto al suo Stato d'origine il rilascio di uno di tali documenti".

In sintesi la Corte individua il criterio della esigibilità del comportamento - cioè del procurarsi uno dei documenti indicati dalla norma - come criterio per l'incriminazione o meno della mancata esibizione del documento.

Le proposizioni formulate dalla Corte inducono a ritenere che, nei confronti del minorenne, non vi sia prova sufficiente dell'elemento costitutivo del reato, ossia della esigibilità del comportamento. Per il minorenne non é affatto scontato, come per il maggiorenne, che egli sia legittimato dalla propria legislazione nazionale a chiedere ed ottenere, autonomamente, un documento di identità. Non é così nell'ordinamento italiano, che prevede il rilascio di documenti o l'autorizzazione all'espatrio solo tramite gli esercenti la potestà (art. 3, 1 comma, lett. a) e b) e art. 14 l. 21.11.1967, n. 1185 e art. 11 d.p.r. 30.12.1965, n. 1656). Né vi é prova di tale legittimazione nel Paese di provenienza dei minori in questione (Romania). Il fatto che molti minori rumeni giungano in Italia muniti di regolare passaporto non dimostra che gli stessi siano legittimati a procurarselo autonomamente.

Non si può quindi applicare il ragionamento della Corte al minorenne straniero, poiché non vi é prova che quel documento, di cui si contesta la mancata ed ingiustificata esibizione, "possa esistere per la previa attivazione in tal senso del soggetto interessato ed abilitato a farlo". Di regola infatti il documento di identità di un minorenne può esistere per la "previa attivazione in tal senso" dei genitori o degli esercenti la potestà. Sono essi i legittimati a procurarsi il documento per il figlio e, normalmente, ne sono i custodi, sicché é anche dubbio che il minorenne possa disporne autonomamente. A queste considerazioni si aggiunge il dato che qui si tratta di minori non accompagnati, che arrivano in Italia per un progetto migratorio rispetto al quale non si conosce l'origine, la motivazione, le modalità concrete di attuazione, il ruolo giocato dai genitori o familiari. In proposito non si può omettere di considerare lo speciale statuto giuridico del minorenne, che é principalmente soggetto da proteggere, come risulta chiaramente dalla normativa internazionale e dalla stessa legge sull'immigrazione (T.U. 286/98), che ne vieta l'espulsione.

5. Ad ulteriore sostegno di questa linea interpretativa si richiama, sinteticamente, la ricostruzione operata dalla Corte costituzionale in tema di "giustificato motivo" (Corte cost., sent. n. 5/2004). Osserva il giudice delle leggi come «la formula "senza giustificato motivo" e formule ad essa equivalenti od omologhe [...] - compaiano con particolare frequenza nel corpo di norme incriminatrici, ubicate tanto all'interno dei codici [...] e in leggi speciali [...] e descrittive di reati di natura non soltanto commissiva, ma anche omissiva (tra questi la Corte menziona l'art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998). Dette clausole sono destinate in linea di massima a fungere da "valvola di sicurezza" del meccanismo repressivo, evitando che la sanzione penale scatti allorché - anche al di fuori della presenza di vere e proprie cause di giustificazione - l'osservanza del precetto appaia concretamente "inesigibile" in ragione, a seconda dei casi, di situazioni ostative a carattere soggettivo od oggettivo, di obblighi di segno contrario, ovvero della necessità di tutelare interessi confliggenti, con rango pari o superiore rispetto a quello protetto dalla norma incriminatrice, in un ragionevole bilanciamento di valori». Da questa lettura, e dal riferimento al criterio della concreta esigibilità dell'osservanza del precetto, risulta la piena conformità al sistema dell'interpretazione che si é data dell'elemento del giustificato motivo in rapporto alla condizione del minorenne straniero.

6. Si potrebbe osservare che con questa lettura della norma si introduce una probatio diabolica per l'accusa. In realtà la prova dell'assenza di giustificato motivo può essere data, ad esempio, dimostrando che il minore straniero, subito dopo l'omessa esibizione dei documenti al personale di polizia, li ha consegnati o mostrati agli operatori della comunità in cui ha trovato accoglienza.

7. Ancora, occorre chiedersi se da questa interpretazione consegua per il minore straniero una sorta di licenza all'ingresso in Italia senza documenti, e di legittimazione ad eludere la ratio della norma. La risposta é negativa. Le Sezioni Unite hanno chiarito che "l'interesse protetto dalla norma non é quello della verifica della regolarità della presenza dello straniero in territorio nazionale, ma la attività di pubblica sicurezza volta alla identificazione dei soggetti stranieri presenti nel territorio dello Stato, con la connessa necessità di identificare compiutamente, documentalmente, il soggetto, sia, poi, egli, in regola o meno con le norme di soggiorno". La normativa sul soggiorno dei minori stranieri in Italia, ed il relativo sistema di protezione, prevedono che lo straniero minorenne sia in possesso di un documento di identità, a pena di esclusione certa dalle possibilità di accesso a programmi di formazione o istruzione professionale ed al mercato del lavoro regolare; ed a pena, ulteriormente, di impossibilità della conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età (cfr. artt. 32, commi 1, 1 bis, 1 ter; art. 33, comma 2 lett. b); art. 5, comma 3, artt. 6 e 7 d.p.c.m. 9.12.1999, n. 535). Il minore straniero che intenda inserirsi regolarmente avrà perciò tutto l'interesse ad essere munito di un documento di identità. Diversamente, per i minori che profittino della loro condizione di "sans papiers" per sottrarsi ad una precisa identificazione e nascondersi in una pluralità di alias, soccorre la sanzione dell'art. 495 c.p., certamente e sempre applicabile anche ai minorenni.

8. In conclusione, ricorrendo i presupposti indicati dall'art. 425 c.p.p., 1 e 3 comma, si provvede come in dispositivo.

P.Q.M.

applicati gli artt. 32 d.p.r. 448/88, 425 c.p.p. dichiara non luogo a procedere nei confronti di [...] e [...] in ordine al reato ascritto perché il fatto non sussiste.