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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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Tribunale per i minorenni di Trieste, sentenza del 20 settembre 2005, n. 197

 
est. Gaspari
 
Svolgimento del processo

Il procedimento n. 1134/00 R.N.R. ha avuto inizio il 21.12.2000 con l'arresto in flagranza di tre minorenni, cittadini stranieri, tra i quali l'odierno imputato. In udienza di convalida veniva loro applicata la misura cautelare del collocamento in comunità (ordinanza G.i.p. f. 193). Al termine delle indagini preliminari veniva chiesto il rinvio a giudizio.

All'udienza preliminare del 2.3.2004, l'imputato [...] dichiarava di identificarsi in realtà come [...], ed esibiva il proprio passaporto. Nei confronti dei coimputati veniva disposto il rinvio a giudizio, mentre nei confronti di [...], alias [...] veniva dato incarico all'U.S.S.M. di predisporre un progetto di messa alla prova (proc. 33bis/04 G.U.P.). All'udienza del 30.3.2004, con il parere favorevole del pubblico ministero e della difesa, si disponeva la sospensione del procedimento per la durata di un anno.

Il procedimento n. 986/02 R.N.R. è stato iscritto a carico di [...] il 13.11.2002. Al termine delle indagini preliminari è stato chiesto il rinvio a giudizio e l'udienza preliminare è stata fissata al 5.4.2005. In quella sede, con il parere favorevole delle parti, si è disposta la sospensione del procedimento per la durata di due mesi, in continuità con gli obiettivi  del progetto di messa alla prova già predisposto dall'U.S.S.M.

All'udienza del 21.6.2005, fissata per la verifica dell'esito della prova, si è disposta la riunione dei due procedimenti. Sentite le parti, si è disposto ulteriore rinvio su richiesta del pubblico ministero di termine per acquisire documentazione o comunque valutare la istanza della difesa di applicazione dell'art. 18, 6 comma del T.U. sull'immigrazione (concessione del permesso di soggiorno).

All'odierna udienza, sentite le parti, si è dato lettura del dispositivo della sentenza.

Motivi della decisione

[...]. Venendo alle conseguenze penali, si deve esaminare l'andamento dei due periodi di messa alla prova, sulla base delle relazioni dell'U.S.S.M.. Le richieste concordi delle parti meritano di essere accolte, in quanto appare evidente che l'esito è positivo.

Con riferimento ai procedimenti ora riuniti, [...]. è stato messo alla prova per due periodi consecutivi, di un anno (marzo 2004-marzo 2005) e poi di due mesi (aprile-giugno 2005). La posizione di partenza, esaminata all'udienza del 30.3.2004, era quella descritta nella relazione dell'U.S.S.M. di data 1.3.2004 (f. 295 nel proc. 33 bis/04 G.U.P.). Il giovane aveva già superato positivamente un lungo periodo di messa alla prova, della durata di due anni, inerente ad altre imputazioni. La relazione dava conto della complessa e dolorosa storia personale e familiare, segnata da lutti, separazioni e migrazione dal Paese di origine [...]. Descriveva l'importante percorso svolto durante la prima messa alla prova, rispetto alla situazione iniziale di compromissione con l'area dell'illegalità. Si rimanda alla relazione, che ampiamente ed in modo analitico tratteggia le fasi dell'evoluzione promossa dai Servizi e realizzata dall'interessato attraverso varie tappe: riconoscere la possibilità di un'alternativa di vita; superare la diffidenza; inserirsi in un contesto di "normalità"; scoprire i possibili significati dei legami; ricostruire un proprio sistema di norme e valori all'interno di relazioni significative; affermare la propria scelta di legalità in una situazione di vita indipendente.

Nel presente procedimento 33 bis/04 G.U.P. il Servizio evidenziava come quest'ultimo passaggio fosse ancora da affrontare e realizzare compiutamente, perciò proponeva un nuovo periodo di messa alla prova. In sostanza il giovane aveva compiuto fino a quel momento progressi significativi, ma sempre rimanendo all'interno di un contesto protetto (comunità di accoglienza). L'ulteriore obiettivo da verificare concerneva "la sua capacità di affrontare autonomamente situazioni di vita che possono essere anche molto diverse e, per certi aspetti molto incerte, senza venir meno ai principi cui ha aderito" (f. 298).

Il Collegio, con ordinanza d.d. 30.3.2004 (f. 318) fece propria la necessità di una valutazione della personalità riferita a questi profili ed approvò il progetto descritto nella relazione del 29.3.2004 (f. 310). Rinviando ai particolari in atti, si può dire in sintesi che il programma comprendeva un'area progettuale relativa alla condizione di vita (permanenza in comunità, ma con preparazione delle condizioni personali ed economiche per la futura uscita dalla stessa, mediante acquisizione di competenze per gli aspetti burocratici relativi alla ricerca di un alloggio); un'area del lavoro e della salute (il ragazzo aveva riportato un grave infortunio sul lavoro, con effetti sulla sua idoneità all'impiego; da qui la necessità di seguire la propria salute e, in relazione alle proprie capacità, mantenere quel lavoro o cercarne uno conforme alle sue abilità, ove limitate da postumi dell'infortunio); un'area della rielaborazione e riparazione (percorso di riparazione volto alla collettività, mediante lavori socialmente utili).

Le relazioni di aggiornamento pervenute (1.9.2004, 22.9.2004, 14.3.2005, 9.5.2005) riportano i risultati conseguiti nei vari profili appena riassunti, in coerenza con gli obiettivi prefissati. In concreto, nel periodo di riferimento il giovane ha mantenuto l'attività lavorativa conseguendo anche il riconoscimento di una qualifica superiore e il contratto di lavoro a tempo indeterminato; ha seguito la scuola e conseguito la patente di guida; ha risparmiato il denaro allo scopo di acquistare un auto; ha mantenuto la collaborazione a titolo di volontariato secondo le indicazioni del Servizio sociale.

All'udienza del 5.4.2005 il Collegio ha ritenuto di disporre un ulteriore periodo di sospensione di due mesi, in ordine all'ultima imputazione a carico di [...] (incauto acquisto). Si è valutata da un lato la permanente necessità di una verifica della tenuta del giovane rispetto agli impegni assunti ed ai valori acquisiti; dall'altro si è considerato il profilo di equità, inerente al fatto che il reato sub iudice risaliva al tempo dei reati per i quali era stata disposta la prima messa alla prova. Il ritardo nella celebrazione del processo, dovuto a cause indipendenti dall'imputato, non poteva ritorcersi a suo danno; né è previsto, per la messa alla prova, un meccanismo di assorbimento analogo a quello che la Corte costituzionale ha ritenuto di individuare per la concessione di un secondo perdono giudiziale (sent. 5.7.1973, n. 108; sent. 7.7.1976, n. 154, come corretta dall'ordinanza 29.12.1976, n. 274).

La relazione conclusiva esaminata all'udienza del 21.6.2005 riassume così l'esito positivo dei periodi di messa alla prova: "ha operato un processo di responsabilizzazione e maturazione che si è evidenziato nel rapporto con gli altri sia nell'ambiente lavorativo, sia comunitario, sia nell'attività socialmente utile, sia con questo servizio; il giovane è stato capace di spendersi in un progetto di legalità e forte adesione al vivere civile".

Il Collegio fa propria questa valutazione, apprezzando la tenuta rispetto agli obiettivi prefissati e la concreta dimostrazione del definitivo distacco dall'area della illegalità e dell'inserimento nella società mediante un percorso di integrazione non privo di difficoltà, che il giovane ha saputo affrontare con le proprie risorse, valorizzate dall'intervento degli operatori.

Nelle udienze del 21.6.2005 e odierna si è esaminata la questione relativa alla possibilità per [...] di ottenere un permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 18, 6 comma d.lgs. 25.7.1998, n. 286 (T.U. immigrazione). La norma prevede un permesso di soggiorno per "motivi di protezione sociale", che può essere rilasciato a determinate categorie di soggetti, descritte nei commi da 1 a 5. Il sesto comma dispone che "il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì rilasciato, all'atto delle dimissioni dall'istituto di pena, anche su proposta del Procuratore della Repubblica o del giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni, allo straniero che ha terminato l'espiazione di una pena detentiva, inflitta per reati commessi durante la minore età, e ha dato prova concreta di partecipazione ad un programma di assistenza ed integrazione sociale ".

La difesa ha chiesto l'applicazione della norma anche al caso in esame, ravvisando in caso di rigetto profili di illegittimità costituzionale. Il pubblico ministero in prime conclusioni si è riservato di approfondire la questione, e all'odierna udienza ha dato parere favorevole. Questa conclusione esonera il Collegio, per difetto di rilevanza in questo giudizio, dalla necessità di sollevare l'eventuale duplice questione di illegittimità costituzionale della norma. In primo luogo con riguardo alla ingiustificata disparità di trattamento che colpirebbe il soggetto ammesso alla probation rispetto al condannato a pena detentiva. La premessa è la parità di condizioni circa l'aver dato "prova concreta di partecipazione ad un programma di assistenza e integrazione sociale". Ciò posto, non si vede quali ragioni potrebbero giustificare la concessione del permesso al condannato a pena detentiva e il diniego all'imputato che abbia svolto la messa alla prova con esito positivo. Per il primo si ha esecuzione della pena in difetto dei presupposti per la sospensione condizionale della pena, e quindi in una condizione personale e sociale più compromessa. Per il secondo si ha sospensione del processo per valutazione della personalità, in una situazione di partenza che consenta un giudizio prognostico positivo "sull'evoluzione della personalità del minore verso modelli socialmente adeguati" (Cass. sez. II, sent. 2879 del 27.1.2004). Si consideri poi quella giurisprudenza che indica al giudicante, per la concessione della messa alla prova, "criteri analoghi a quelli adottati per la messa alla prova del condannato (art. 47 ord. penit.), istituto, questo, che postula l'avvio di una rimeditazione critica del proprio passato e la disponibilità ad un costruttivo inserimento nella vita della collettività, tali da essere efficacemente supportati dalla prevista attività di trattamento ed assistenza dei servizi specializzati" (Cass. sez. I, sent. 10962 del 25.9.1999). Con ciò le due posizioni, del condannato e dell'imputato, vengono in qualche modo assimilate.

Identica appare inoltre la condizione finale dei soggetti che abbiamo commesso il reato da minorenni. Sia il detenuto dimesso dall'istituto di pena, sia l'imputato che abbia terminato la probation sono soggetti stranieri che hanno investito personalmente, e con profitto, in un progetto ispirato a criteri di legalità; essi tuttavia, proprio per la condizione di migranti, restano esposti alle insidie di una eventuale condizione di ritorno alla clandestinità, da cui discende l'esigenza di una specifica "protezione sociale" (cfr. rubrica dell'art. 18).

Altro profilo che perde di rilevanza concerne i soggetti legittimati a formulare la "proposta" che avvia l'iter amministrativo per la concessione del permesso di soggiorno. Se sono fondati i precedenti rilievi, la norma può apparire incostituzionale nella parte in cui non prevede tra questi il giudice (dell'udienza preliminare o del dibattimento) che dichiara l'estinzione del reato per esito positivo della prova.

Nella fase dell'esecuzione della pena si indicano come soggetti legittimati tanto l'ufficio del pubblico ministero che il magistrato di sorveglianza, ossia entrambi gli uffici giudiziari competenti per quella fase. E' evidente che il pubblico ministero e il magistrato di sorveglianza possono valutare la vicenda del soggetto straniero, già detenuto, secondo prospettive diverse. La ratio della norma pare da individuare nell'opportunità che lo straniero possa giovarsi di entrambe le fonti di tale giudizio discrezionale. Identica garanzia dovrebbe spettare all'imputato prosciolto per esito positivo della prova, in difetto di ragioni per una tale disparità di trattamento.

Come già anticipato, le questioni perdono di rilevanza alla luce della posizione del pubblico ministero, favorevole a proporre motu proprio la concessione del permesso di soggiorno ex art. 18 T.U. immigrazione.

P.Q.M.

applicati gli artt. 29 d.p.r. 448/88, 425 c.p.p. dichiara non luogo a procedere nei confronti di [...] in ordine ai reati ascritti per estinzione dovuta ad esito positivo della prova.