L'ordinanza del Sindaco di Trenzano era stata già annullata dalla sentenza del TAR Brescia, emanata il 15 gennaio scorso (sentenza n. 19/2010).
Il giudice di Brescia ha accolto il ricorso sostenendo che "il libero uso della lingua di origine deve essere ricondotto al nucleo fondamentale dei diritti dell'individuo" inerente anche alla "piena libertà di espressione e di comunicazione". Ugualmente, il giudice ha concluso come non si riscontri nell'ordinanza comunale alcuna giustificazione all'uso pubblico esclusivo della lingua italiana che possa rispondere a criteri di ragionevolezza.
Desta invece perplessità il non accoglimento del secondo motivo del ricorso presentato dalle associazioni promotrici relativo a quella parte dell'ordinanza comunale che impone a colui che promuove o dirige funzioni, cerimonie o pratiche religiose aperte al pubblico fuori ai luoghi destinati al culto di darne preavviso almeno trenta giorni prima della data fissata per lo svolgimento all'autorità locale di Pubblica Sicurezza. Le associazioni ricorrenti infatti avevano sostenuto che sebbene tale disposizione sia applicabile formalmente a tutti i rappresentanti di confessioni religiose, e dunque abbia un carattere apparentemente neutro, essa introduce nei fatti e nei risultati una discriminazione a danno delle confessioni religiose non cattoliche, essendo la Chiesa cattolica l'unica confessione religiosa avente a disposizione sul territorio del Comune di Trenzano un luogo di culto. Di conseguenza le associazioni ricorrenti hanno sostenuto che tale parte della delibera configurava una discriminazione religiosa di natura indiretta proibita dall'art. 43 del T.U. immigrazione. Si ricorda in proposito che secondo le norme del diritto antidiscriminatorio europeo, recepite in Italia per quanto riguarda le discriminazioni a sfondo etnico-razziale, incluse quelle a carattere culturale e religioso, dal d.lgs. n. 215/2003, sussiste una discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone. In maniera un po' sbrigativa il giudice di Brescia non ha sembrato cogliere il ragionamento avanzato dalle associazioni ricorrenti, sostenendo che "la circostanza che tale obbligo di preavviso si sovrapponga a quello previsto dal TULPS (pur dilatando considerevolmente il termine di preavviso con decisione della cui necessità o opportunità non può valutare questo Giudice) e si rivolga a tutte le pratiche religiose (di qualsiasi confessione) tenute fuori dai luoghi di culto, ad avviso dello scrivente esclude un effetto discriminatorio".
Il giudice ha pure respinto la richiesta di risarcimento del danno avanzata dai proponenti, sostenendo il mancato soddisfacimento del requisito probatorio a carico dei ricorrenti medesimi, e dunque escludendo la possibilità che venga disposto un risarcimento del danno per il solo fatto della lesione di un diritto umano fondamentale e della conseguente dignità dell'individuo, mentre ha condannato il Comune di Trenzano al pagamento delle spese legali e alle spese di pubblicazione dell'ordinanza giudiziaria nelle pagine del quotidiano locale "BresciaOggi".
commento a cura di Walter Citti
Si ringrazia l'avv. Alberto Guariso di Milano per la segnalazione
Sull'argomento si rimanda anche al commento di Roberto Bin, Un plauso al TAR Brescia (e un'invocazione ai Prefetti). Commento a TAR Brescia, sentenza n. 19/2010, apparso on-line su "Forum di Quaderni Costituzionali"