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16.04.2010
 
CEDU: Non puņ essere espulso il cittadino iraniano a rischio di tortura nel suo paese di origine
 

Con la sentenza datata 9 marzo 2010, la Corte di Strasburgo ha  concluso che la deportazione nel paese di origine di un cittadino iraniano, richiedente asilo respinto, da parte delle autorità svedese risulterebbe in violazione dell'art. 3 della CEDU che vietando i trattamenti inumani e degradanti e la tortura, vieta pure le espulsioni degli stranieri verso paesi ove potrebbero subire tali trattamenti od essere oggetto di tortura.  

Secondo la Corte di Strasburgo, il cittadino iraniano avrebbe dimostrato, sebbene con il beneficio del dubbio concesso nei procedimenti inerenti al riconoscimento del diritto d'asilo, di essere stato in passato già sottoposto a tortura da parte delle autorità del suo paese a seguito di arresto per  la sua partecipazione a dimostrazioni e manifestazioni popolari anti-governative  nel 2001. Ugualmente, è stato appurato nel corso del procedimento di asilo che l'interessato aveva lasciato illegalmente l'Iran. Nel corso del procedimento, la Corte ha avuto modo di constatare, sulla base  di informazioni provenienti da fonti indipendenti, che i cittadini iraniani che fanno rientro nel paese di origine  in circostanze ove non possono dimostrare di aver lasciato il paese legalmente, sono soggetti a particolari verifiche e controlli da  parte delle autorità di polizia e di sicurezza iraniane. Pertanto, la Corte di Strasburgo ha concluso  che in caso di deportazione in Iran, l'interessato non passerebbe inosservato alle autorità di polizia e di sicurezza iraniane, le quali  dunque, potrebbero venire a conoscenza del suo passato coinvolgimento in attività anti-governative, con la conseguenza che egli potrebbe correre un rischio fondato di essere nuovamente sottoposto a tortura o trattamenti inumani o degradanti. Pertanto, la sua deportazione risulterebbe in violazione dell'art. 3 della CEDU.