Il Tribunale di Milano ha respinto il reclamo presentato dalla Provincia di Sondrio contro l'ordinanza del giudice di primo grado emessa il 28 luglio 2009 con la quale si era affermata la natura discriminatoria del requisito della cittadinanza italiana previsto dal bando indetto dalla Provincia di Sondrio per l'assegnazione di alloggi a Milano per studenti universitari della provincia. Il giudice di Milano aveva accertato la natura discriminatoria della clausola di cittadinanza in quanto contraria al principio di parità di trattamento tra cittadini e stranieri in materia di accesso all'istruzione universitaria e diritto allo studio di cui all'art. 39 del d.lgs. n. 286/98. Il giudice inoltre aveva rilevato il contrasto del requisito di cittadinanza contenuto nel bando con il divieto di comportamenti discriminatori nel settore dell'istruzione di cui all'art. 43 comma 2 lett. c) del T.U. immigrazione. Ugualmente, il bando era stato ritenuto in contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza e ragionevolezza, così come interpretati dalla Corte Cost. con la nota sentenza n. 432/2005, in quanto non era possibile individuare una giustificazione obiettiva e ragionevole di tale disparità di trattamento se non nella volontà stessa di discriminare gli stranieri.
Il collegio giudicante del Tribunale di Milano ha respinto il reclamo presentato dalla Provincia di Sondrio sia per ragioni formali, in quanto inoltrato dopo la scadenza dei termini, sia per ragioni sostanziali, ribadendo la validità delle motivazioni del giudice di primo grado.
In particolare, il collegio giudicante di Milano ha ritenuto che trovasse applicazione nel caso in questione anche la normativa di cui al d.lgs. n. 215/2003, di recepimento della direttiva europea contro le discriminazioni su base etnico-razziale (direttiva n. 2000/43), pur trattandosi di una discriminazione su basi di cittadinanza, in quanto il criterio selettivo della cittadinanza, applicato in assenza dei presupposti legittimanti individuati dalla Corte Costituzionale (sent. n. 432/2005), si traduce indirettamente in un fattore di discriminazione su base etnica e razziale, in considerazione del fatto che gli stranieri sono di norma appartenenti a etnie diverse da quella autoctona.