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20.01.2010
 
La Corte di Strasburgo non può esprimersi se l'espulsione di uno o più stranieri sia contraria ai diritti umani quando i rappresentanti legali dei ricorrenti hanno perso i contatti con i loro assistiti
 

La Corte europea dei diritti dell'Uomo non può esprimersi se  l'espulsione od il respingimento del cittadino straniero verso un paese terzo abbia comportato una violazione del diritto alla vita o del divieto di trattamenti inumani e degradanti ovvero del diritto ad un ricorso effettivo così come del  divieto di espulsioni collettive quando il rappresentante legale  dello straniero abbia perso contatti con il proprio assistito. In tale situazione, si afferma infatti nella sentenza, la Corte si trova impossibilitata  ad approfondire la conoscenza degli elementi fattuali particolari riferiti ai singoli ricorrenti ( ad es. il luogo in Libia ove sono stati espulsi, le loro condizioni di accoglienza) e ha ritenuto dunque di non  proseguire ulteriormente nell'esame del ricorso.

Il ricorso trae origine negli eventi verificatisi nel marzo del 2005  con l'arrivo nell'isola di Lampedusa di 1.200 migranti  di diverse nazionalità provenienti dalla Libia.  Al loro arrivo i migranti vennero distribuiti in diversi centri di accoglienza. Alcuni di loro riuscirono a fuggire da uno di essi, ma la maggior parte vennero rinviati in Libia con dei voli charter. Alcuni venero rilasciati dai centri di detenzione provvisori per scadenza dei termini. Alcuni legali riuscirono a raccogliere la delega a rappresentare 84 persone per il ricorso presentato alla Corte dei diritti dell'Uomo con la motivazione che la loro espulsione verso la Libia violava l' art. 2 (diritto alla vita), l'art. 3 (il divieto di trattamenti inumani e degradanti), l'art. 13 (diritto ad un ricorso effettivo) e l'art. 34 (diritto al ricorso individuale).

Nel corso del procedimento la Corte europea ha disposto una perizia grafologica per accertare la veridicità delle procure. Secondo tale perizia alcune decine di tali  procure sarebbero state falsificate, in quanto sottoscritte da una medesima persona.

La sentenza della Corte desta alcune perplessità nel momento in cui l'impossibilità obiettiva per un rappresentante legale di mantenere un contatto con la persona espulsa  deriva in gran parte tanto dalle condizioni e modalità di espulsione determinate in primis Stato espellente, quanto dalle condizioni in cui lo Stato ricevente provvede ad accogliere lo straniero espulso. Di conseguenza,   tanto meno trasparenti saranno tali procedure espulsive e detentive dello straniero espulso, tanto minore saranno le sue possibilità per lo straniero di avere accesso alla tutela e al mantenimento dei contatti con un legale,  e tanto minori saranno di conseguenza le possibilità che l'espulsione possa essere sanzionata come violante il regime europeo dei diritti umani sancito dalla  CEDU.  Un circolo vizioso che potrebbe dunque indebolire il sistema internazionale di protezione dei diritti umani per i migranti sottoposti ad un provvedimento espulsivo  potenzialmente in violazione dei diritti umani  previsti dalla Convenzione.



CEDU, sentenza Hussun e altri c. Italia, 19.01.2010