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15.01.2010
 
La Corte europea dei diritti dell'Uomo riconosce il diritto alla pensione di reversibilità ad una donna di etnia Rom, anche se si era sposata solo secondo i riti della comunità Rom
 

La Corte di Strasburgo riconosce che il diniego delle autorità spagnole al riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità ad una cittadina di etnia Rom,  perché secondo le autorità spagnole non risultava coniugata in quanto aveva contratto matrimonio secondo il rito e le usanze della comunità rom nel 1971, senza mai ufficiare matrimonio civile dopo la legge di riforma del 1981, costituisce una violazione dell'art. 14 della Convenzione (principio di non discriminazione) applicato in relazione all'art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione medesima.

Sulla base di una consolidata giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la tutela dei diritti "patrimoniali", introdotta  per mezzo dell'art. 1 del Protocollo 1 alla Convenzione medesima, è  estensibile anche alle "prestazioni sociali e previdenziali", contributive e non, applicando per conseguenza anche a tali benefici il principio di non discriminazione sancito dall'art. 14 della stessa Convenzione. In altri termini, sebbene l'art. 1 del Protocollo n. 1 non include il diritto a ricevere una determinata prestazione sociale, se lo Stato decide di introdurre una tale prestazione deve farlo in una maniera che sia compatibile con l'art. 14, senza cioè introdurre discriminazioni irragionevoli.

Nelle circostanze specifiche del caso, la Corte di Strasburgo ha constatato che nella legislazione spagnola fino al 1981 solo il matrimonio con rito cattolico era permesso, mentre quello civile era previsto solo nei casi di apostasia. Di conseguenza, tenendo conto di questo background storico,  la Corte costituzionale spagnola ha riconosciuto il diritto alla pensione di reversibilità ad alcune  categorie di persone che non  avevano potuto contrarre matrimonio prima del 1981 per ragioni di libertà religiosa e di coscienza, così come a persone che avevano in buona fede contratto il matrimonio e avevano coabitato  con la persona assicurata, ma il cui matrimonio era stato dichiarato nullo.  Ugualmente, nel caso in questione  le autorità spagnole avevano in precedenza riconosciuto la qualifica di sposa alla ricorrente ai fini dell'erogazione degli assegni familiari e di altre provvidenze concesse in favore delle famiglie numerose. Di conseguenza, nelle specifiche circostanze del caso, la Corte di Strasburgo ha ritenuto in contrasto con il principio di non discriminazione il diniego opposto all'erogazione della pensione di reversibilità alla cittadina già maritata soltanto secondo il rito della tradizione Rom e che legittimamente poteva avere maturato negli anni in buona  fede  la convinzione di avere lo status ufficiale di moglie senza necessità di contrarre un formale matrimonio civile dopo la legge di riforma del 1981. Tale convinzione in bona fide poteva infatti essere rafforzata anche avendo in considerazione la particolare situazione sociale e culturale dell'interessata in quanto appartenente alla comunità Rom,  le cui  specifiche usanze e tradizioni risultano meritevoli di considerazione da parte pubblica anche in ragione del crescente consenso presso la comunità degli Stati del Consiglio d'Europa verso l'esigenza di tutela delle minoranze etnico-nazionale, al fine della più generale preservazione della diversità culturale quale valore dell'intera comunità (paragrafi 60-65).

La Corte di Strasburgo non si spinge certo a riconoscere sic et simpliciter un'obbligazione positiva degli Stati a riconoscere effetti civili al matrimonio contratto secondo i riti e le usanze della comunità Rom, ma anzi  respinge chiaramente  l'argomentazione dei ricorrenti che il mancato riconoscimento costituirebbe una discriminazione. Tuttavia, le argomentazioni della Corte costituiscono certamente un ulteriore tassello volto al riconoscimento del diritto delle comunità Rom in Europa alla preservazione del proprio patrimonio e della propria diversità culturale, in un'ottica di integrazione nella società europea su una base di eguaglianza "sostanziale".  

commento a cura di Walter Citti