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18.12.2009
 
I respingimenti in Libia al vaglio della Corte europea dei diritti dell'Uomo
 

Ha superato l'esame preliminare di ricevibilità il ricorso inoltrato alla Corte europea dei diritti dell'Uomo dallo studio legale Lana di Roma, con il supporto dell'Unione forense per i diritti umani (n. 27765/09, Hirsi et autres c. Italie), per conto di 11 cittadini eritrei e somali intercettati in acque internazionali al largo di Lampedusa e successivamente ricondotti in Libia dalle autorità della guardia di finanzia italiane lo scorso 6 maggio 2009. I ricorrenti sostengono che con l'azione di refoulement in Libia le autorità italiane abbiano commesso una violazione degli artt. 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) e 13 ( diritto ad un ricorso effettivo) della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo, nonché dell'art. 4 del Protocollo aggiuntivo n. 4 alla Convenzione medesima (divieto di espulsioni collettive).

Secondo i ricorrenti, la presenza sui barconi respinti di immigrati provenienti dalla Somalia e dall'Eritrea configura, innanzitutto, una violazione dell'art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (divieto della tortura) e della relativa giurisprudenza della Corte, secondo cui tale divieto comporta l'obbligo degli Stati aderenti di non espellere o respingere persone verso Stati dove rischiano di essere sottoposte a pratiche lesive della loro integrità psico-fisica. Nel parere dei ricorrenti è  senz'altro questo il caso della Libia, dove i respinti rischiano, da un lato, di subire maltrattamenti nei centri di detenzione e, dall'altro, di essere rimpatriati verso i rispettivi Paesi d'origine senza poter avvalersi della protezione offerta dalla Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati di cui la Libia non fa parte. Ulteriori violazioni riguarderebbero l'articolo 13 della Convenzione (diritto ad un ricorso effettivo), avendo le autorità italiane impedito ai migranti respinti la presentazione di una richiesta d'asilo, e l'articolo 4 del protocollo IV aggiuntivo alla Convenzione (divieto di espulsioni collettive di stranieri), dato che gli immigrati sono stati respinti in Libia senza essere identificati, senza che le loro generalità fossero accertate e senza essere oggetto di un esame individuale.

L'organismo della Corte europea ha invitato dunque al Governo italiano a far pervenire entro il  9 marzo 2010 le proprie osservazioni, con riferimento ai seguenti quesiti:

a) i fatti contestati   ricadono sotto la giurisdizione delle autorità italiane?  

b) l'intercettazione dei migranti ed il loro respingimento in Libia li espone al rischio di trattamenti inumani e degradanti, avendo in considerazione le denunce di organismi internazionali sulle condizioni di detenzione dei migranti irregolari in Libia?

c) gli eventuali respingimenti dei migranti dalla Libia verso i paesi di origine li esporrebbero a trattamenti vietati dall'art. 3 della Convenzione europea?

d) il refoulement dei migranti in Libia ha costituito un espulsione collettiva vietata dalla Convenzione europea?

e) gli interessati hanno avuto accesso ad un ricorso effettivo dinanzi ad un'autorità italiana, come previsto dalla Convenzione?

Ugualmente la Corte richiede al governo italiano di fornire  il testo degli accordi di cooperazione per il contrasto all'immigrazione clandestina siglati il 4 febbraio scorso con le autorità libiche, nonchè di chiarire i termini di collaborazione tra le azioni di contrasto intraprese bilateralmente tra autorità italiane e libiche e le attività dell'agenzia europea "Frontex".


L'organismo della Corte europea ha deciso che il ricorso presentato verrà vagliato  con procedura d'urgenza, sia sotto il profilo della sua ammissibilità che nel merito, ai sensi degli art. 41 e  54 c. 2 del Regolamento della Corte, a meno che  il governo italiano non proponga nel frattempo una soluzione conciliativa amichevole ai sensi dell'art. 41 del regolamento della Corte e tale soluzione venga accolta dai ricorrenti.