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08.09.2009
 
Mandato d'arresto europeo ed esecuzione delle pene detentive
 

La Corte di Cassazione pone alla Corte Costituzionale la questione della legittimità costituzionale della norma della legge attuativa  delle disposizioni comunitarie in materia di mandato d'arresto europeo che  consentono solo al cittadino italiano e non anche a quello  comunitario residente in Italia  di richiedere di scontare la pena nel nostro Paese in relazione ad una richiesta  per l'esecuzione di una pena detentiva emessa da un altro paese comunitario.

Il giudice di legittimità  parte dal presupposto che la legislazione comunitaria (Decisione quadro 2002/584/GAI) prevede la possibilità che l'autorità giudiziaria chiamata ad eseguire un mandato d'arresto emesso dall'autorità di  un altro Paese comunitario ai fini dell'esecuzione di una pena detentiva definitiva possa rifiutare la consegna qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro richiesto, in quanto cittadino nazionale o straniero ivi residente (art. 4 comma 6). La finalità della norma è quella di consentire che l'esecuzione della pena corrisponda alle funzioni di risocializzazione e reinserimento del condannato, rendendo possibile il mantenimento dei suoi legami famigliari e sociali, che potrebbero essere prevalenti nel Paese richiesto di dimora del ricercato piuttosto che nel Paese, anche se quello di origine,  ove la pena detentiva è stata emessa.

Nell'attuare la decisione quadro comunitaria, con la legge  n. 69 del 2005, il legislatore italiano ha previsto in relazione unicamente al cittadino italiano la possibilità di  negare  la consegna del ricercato  alle autorità dell'altro Paese membro richiedente al fine di eseguire una pena detentiva, negando invece tale possibilità  tout court in relazione al residente non cittadino, a prescindere dall'effettivo radicamento che questi possa avere sviluppato con il nostro Paese in termini di  legami ed  interessi affettivi, professionali od economici (art. 18 comma 1 lett. r) L. n. 69/2005).

A detta, dunque della Corte di Cassazione, tale disparità di trattamento tra cittadino nazionale e straniero residente porrebbe possibili profili di incostituzionalità in riferimento ai criteri di eguaglianza e ragionevolezza ed in relazione al principio universale della finalità rieducativa della pena, nonché porrebbe un profilo di contrasto tra la normativa interna e quella comunitaria, in violazione dell'art. 117 comma 1 Cost., così come un profilo di contrasto con il principio di non discriminazione di cui all'art. 12 del T CE.

Ulteriormente, la Corte di Cassazione sottolinea l'irragionevolezza della distinzione prevista nella legislazione nazionale tra cittadini nazionali e stranieri residenti nella possibilità di richiedere il respingimento della richiesta di consegna al paese di emissione di un  mandato di arresto europeo per l'esecuzione di una pena detentiva definitiva (c.d mandato d'arresto europeo "esecutivo") rispetto all'eguaglianza di trattamento invece prevista in relazione ai c.d. mandati di arresto europei "processuali" ove, al contrario, vale tanto per il cittadino italiano quanto per lo straniero residente la norma per cui la consegna della persona ai fini dello svolgimento di un'azione penale nello Stato membro richiedente (ad es. un processo penale) possa essere subordinata al rinvio nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena, una volta terminata l'azione penale nello Stato richiedente.


La questione di legittimità  posta dinanzi alla Corte Costituzionale in relazione alla disparità di trattamento tra cittadini italiani e stranieri contenuta nelle norme attuative  della legislazione comunitaria in materia di mandato di arresto europeo esecutivo è suscettibile di condizionare il dibattito  sull'attuazione della decisione quadro comunitaria  2008/909/GAI del 27 novembre 2008 relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea.  La legge comunitaria approvata dal Parlamento italiano il 23 giugno scorso, prevede all'art. 52 la delega al Governo per l'attuazione della suddetta decisione quadro. Il governo italiano ha annunciato l'intenzione  di attuare la decisione quadro al fine di consentire di rendere più certe e rapide le procedure per il trasferimento dei detenuti di paesi comunitari nei rapporto con gli altri Stati membri, e con la Romania in particolare. Vale la pena sottolineare, tuttavia, che la decisione quadro comunitaria ha come finalità principale quella di aumentare la possibilità di reinserimento sociale  della persona condannata e, a tale fine,   prima di assumere una decisione in materia di riconoscimento ed esecuzione della pena,  le autorità dei paesi membri sono chiamate a cooperare nella valutazione, fra l'altro,  del luogo di principale radicamento dei legami familiari, linguistici, sociali, economici o di altro tipo, e, in relazione a questo, a richiedere l'opinione della persona condannata,  almeno in quei procedimenti ove ad es. questa persona  sia stata condannata ad  una pena detentiva nel paese di residenza, diverso da quello di cittadinanza, e ove non vi sia un provvedimento espulsivo inserito nella sentenza o decisione giudiziaria.

Stando alle statistiche diffuse dal sottosegretario Caliendo nel corso della seduta della Camera dei Deputati del 30 luglio scorso, in risposta ad un'interrogazione parlamentare in merito alle problematiche relative ai detenuti di nazionalità romena presentata dall'on. Melis (PD), alla data del 28 luglio 2009, negli istituti di pena italiani risultavano essere presenti 23.473 detenuti stranieri, e di essi, 2.921 erano cittadini rumeni.


Corte di Cassazione, sezione feriale, ordinanza 1 settembre 2009, n. 34213. Depositata il 4 settembre 2009.