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18.03.2014
 
Torino: Avviso di ricerca per praticante avvocato presso Azienda Ospedaliera riservato solo a cittadini italiani o dell'Unione europea
 

Il Servizio antidiscriminazioni dell’ASGI ha inviato una lettera in relazione all’avviso di ricerca indetto dall’Azienda ospedaliero-universitaria “Città della Salute e della Scienza” di Torino in data  6 marzo scorso per la posizione di praticante avvocato interessato a svolgere la pratica forense presso la medesima struttura. L’avviso di ricerca è stato emanato  in conformità alla deliberazione del direttore generale dell’Azienda ospedaliera-universitaria n. 179/2014 dd. 25.02.2014.

L’avviso di ricerca prevede tra i requisiti di ammissione la cittadinanza italiana o di uno degli Stati membri dell’Unione europea, con l’equiparazione prevista per gli italiani non appartenenti alla Repubblica.

Nella lettera il servizio antidiscriminazioni dell’ASGI precisa  che detto requisito di cittadinanza e la conseguente esclusione dalla partecipazione alla selezione dei cittadini di Stati terzi non membri dell’Unione europea non sia conforme alla normativa europea ed italiana e costituisca pertanto un criterio discriminatorio.

L’ASGI precisa, infatti,  che l’art. 11 c. 1  della direttiva europea 109/2003 sui cittadini di Paesi terzi lungosoggiornanti  prevede che questi debbono  godano dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda l’esercizio di un’attività  lavorativa subordinata o autonoma, purchè questa non implichi nemmeno in via occasionale la partecipazione all’esercizio di pubblici poteri, al pari di quanto previsto per i cittadini di Stati membri dell’Unione europea (in proposito si veda anche Tribunale di Milano, ordinanza 29 agosto 2013, in  http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=2870&l=it ). Ugualmente, gli artt. 23 e  24 della direttiva europea 2004/38 prevedono che  i familiari del cittadino dell’Unione europea, qualunque sia la loro cittadinanza, titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente in uno Stato membro, hanno diritto di esercitare un’attività economica come laboratori subordinati o autonomi e godono di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato membro nel campo di applicazione del trattato. Tali garanzie di parità di trattamento sono estese anche ai familiari extracomunitari di cittadini italiani, in virtù del divieto di ‘discriminazioni a rovescio’ (art. 23 d.lgs. n. 30/2007). Infine, anche i rifugiati e titolari della protezione sussidiaria hanno diritto di accesso alle attività di lavoro autonomo e alle libere professioni in condizioni di parità di trattamento con i cittadini nazionali, secondo quanto previsto dalla direttiva europea 2004/83, così come recepita dal d.lgs. 251/2007 e successive modificazioni (in particolare art. 25).

La parità di accesso alle attività di lavoro autonomo deve necessariamente estendersi anche a quelle attività formative che pur non costituendo in sé attività di lavoro, sono propedeutiche ed obbligatorie all’esercizio delle libere professioni, quali la pratica forense, poichè altrimenti il principio di parità di trattamento verrebbe a perdere la sua funzione pratica.

Peraltro, la stessa legge di riordino della professione di avvocato (L. 31-12-2012, n. 247) prevede la possibilità di iscrizione all’albo di avvocato e di accesso alla pratica forense da parte del cittadino di Paese terzo non membro dell’Unione europea che ha conseguito la laurea di giurisprudenza in un’Università italiana ed è titolare di permesso di soggiorno, così come del cittadino di Stato terzo che ha ottenuto il riconoscimento in Italia della laurea conseguita in un Paese terzo non membro dell’Unione europea, unitamente all’attestato di superamento della prova attitudinale da parte del  Consiglio Nazionale Forense, sebbene in questo caso, viene previsto il limite delle quote annuale dei flussi di cui al T.U. immigrazione (limite che dovrebbe valere solo ai fini dell’iscrizione all’albo e non della pratica forense). L’ASGI, tuttavia, ritiene che tali disposizioni contenute nel T.U. immigrazione e poi richiamate nelle normative ordinamentali delle libere professionali , tra cui quella riferita alla professione di avvocato, presentino larghi margini di ambiguità che le rendono di non agevole concreta applicazione secondo i principi della certezza del diritto. L’ASGI ritiene che anche nei confronti dei cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti in Italia con un titolo che consente l’esercizio di attività lavorativa debba trovare piena applicazione il divieto di limitazioni discriminatorie, anche  indirette, fondate sulla nazionalità, nell’accesso e nell’esercizio delle libere professioni, di cui alla legge di riforma degli ordinamenti professionali e relativo regolamento applicativo (art. 3 comma 5 del D.-L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito  con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148; art. 2 c. 4  d.P.R. 7 agosto 2012, n. 137).  

Sulla questione, l’ASGI ha di recente inviato un esposto alla Commissione europea (si veda al link:  http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=3038&l=it ).

a cura del servizio antidiscriminazioni dell'ASGI- progetto con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.