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11.03.2014
 
Riconosciuto la status di rifugiato politico a una donna della Costa d'Avorio minacciata dall'infibulazione
 

Il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso ex art. 35 D.Lvo 25/08 di una donna originaria della Costa d’Avorio la quale aveva proposto opposizione avverso il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato di Milano che aveva rigettato la sua richiesta di protezione internazionale.

Nel caso di specie l’attrice aveva dichiarato di aver lasciato il paese di origine a causa delle persecuzioni subite ad opera dei familiari del padre, i quali l’avevano indotta con la forza a sposare un uomo più anziano. Questo aveva successivamente abusato di lei e tentato di sottoporla, d’accordo con gli altri familiari, alla pratica dell’infibulazione.

La ricorrente ha quindi adito il Tribunale di Milano per chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del  1951, o in subordine il riconoscimento della protezione sussidiaria, o, ancora in subordine, il riconoscimento del diritto all’asilo nel territorio nazionale ex art. 10 della Costituzione Italiana, ovvero il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso della donna e le ha riconosciuto lo status di rifugiato politico, e, ai fini della decisione, ha richiamato all’art. 1 della Convenzione di Ginevra  secondo la quale rifugiato è anche la persona che “temendo con ragione di essere perseguitato in ragione della razza, religione, nazionalità, dall’appartenenza a un certo gruppo sociale o di opinioni politiche si trova fuori del paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, reclamare la protezione di questo paese”.  

Oltre a ciò, ha richiamato anche la normativa nazionale che all’art. 7 del D.Lvo n. 251/07 definisce che "gli atti di persecuzione devono essere sufficientemente gravi per la loro natura e frequenza da rappresentare una violazione grave dei diritti umani". 

Viene richiamato anche l’art. l’art. 14 del medesimo decreto che attribuisce il diritto di protezione sussidiaria in caso di danni gravi rappresentati da “condanna di morte o all’esecuzione di pena di morte”, “tortura o altra forma di trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese d’origine”, “minaccia grave ed individuale alla vita e alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

Inoltre, l’art. 19 del D.Lvo 286/1998 “attribuisce il diritto di protezione umanitaria, sotto forma del divieto di espulsione o di respingimento, allo straniero che nello Stato di destinazione possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali”.

Si ringrazia Livio Neri per la segnalazione.