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03.02.2014
 
I cittadini stranieri possono conservare il cognome originario anche dopo la concessione della cittadinanza italiana
 

Con la circolare 14424 dd. 23 dicembre 2013,  il Ministero dell’Interno – Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, ha dato disposizioni affinchè lo straniero che acquisti la cittadinanza italiana possa conservare il proprio cognome originario, senza che questo possa essere modificato mediante l’attribuzione del cognome paterno da parte del decreto di conferimento della cittadinanza.

La questione è sorta poiché  il Ministero dell'Interno -  Dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione -, competente per le procedure di cittadinanza, ai fini della stesura del decreto di conferimento della cittadinanza italiana, utilizzava i criteri della legge italiana per la formazione del cognome, imponendo quello paterno, mentre  in diversi ordinamenti stranieri il cognome registrato alla nascita non coincide con quello paterno: dai paesi latinoamericani che prevedono l'attribuzione al minore sia del primo cognome paterno sia del primo cognome materno, ai paesi di tradizione islamica (come nel caso dell' Egitto) ove la parte costituente il cognome è formata dal nome del padre, del nonno o del bisnonno; alla Macedonia e Bulgaria che attribuiscono alla persona di sesso femminile il cognome paterno, ma declinato. Ugualmente, in alcuni Paesi dell’Est europeo, come la Polonia, a seguito del matrimonio, le donne abbandonano o aggiungono al cognome originario quello del coniuge. 

La questione era stata sollevata dall’ASGI già nel 2009 con una lettera in cui si evidenziavano i profili di illegittimità  di tale prassi per contrasto con i principi del diritto dell’Unione europea in materia di libertà di circolazione e di divieto di discriminazioni e con quelli costituzionali del rispetto dell’identità personale e della vita privata e familiare, quali diritti fondamentali della persona.

La prassi del Ministero dell’Interno aveva inoltre determinato un inutile aggravio burocratico sulle Prefetture e gli Uffici di Stato civile, in quanto successivamente al cambio del cognome in sede di conferimento della cittadinanza, le neocittadine italiane si rivolgevano ai Prefetti per presentare istanza di riattribuzione del cognome originario ai sensi del d.P.R. n. 54 dd. 13 marzo 2012, con conseguenti nuove procedure di trascrizione del cognome presso gli ufficiale di Stato civile (si veda al link: http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=2848&l=it ) .

Il nuovo orientamento del Ministero dell’Interno giunge anche a seguito di un parere del Consiglio di Stato, che aveva confermato il carattere illegittimo della prassi ministeriale.

Il Ministero dell’Interno fondava la propria prassi  sulle disposizioni della legge n. 218/1985 in materia di diritto internazionale privato, secondo cui la determinazione del cognome di una persona dipende dalla legge dello Stato di cui questi è cittadino, così come dalla legge di ratifica della Convenzione di Monaco del 1980 (legge n. 950 dd. 19.11.1984), secondo cui  in “caso di cambiamento della nazionalità, viene applicata la legge dello Stato di nuova nazionalità”.

Recependo il parere del Consiglio di Stato, la circolare ministeriale sottolinea come la prassi del cambiamento del cognome in sede di conferimento della cittadinanza, appariva contraria ai principi del diritto dell’Unione europea, costituendo tanto un ostacolo alla libera circolazione dei cittadini UE quanto una discriminazione ed una lesione di diritti fondamentali alla personalità e al rispetto della vita privata e familiari, riconosciuti dalla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e dalla Carta europea dei diritti fondamentali (Carta di Nizza).  Questo anche sulla base degli obblighi derivanti dal rispetto di due sentenze della Corte di Giustizia europea (C-353/06 e C-148/02).

Facendosi riferimento a diritti fondamentali della persona, il Ministero dell’Interno riconosce che i principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea non devono trovare applicazione solo nei confronti dei cittadini di altri Paesi UE, ma anche nei confronti dei cittadini stranieri di Paesi terzi che si trovassero nella medesima situazione.

Fondandosi sul parere reso dal Consiglio di Stato, il Ministero dell’Interno rileva come l’incongruenza tra le fonti del diritto comunitario e quelle di derivazione dal diritto internazionale pattizio cui l’Italia aderisce deve risolversi a favore delle prime, determinando la disapplicazione delle seconde. Questo sulla base dell’art. 351 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea per cui gli Stati membri devono assumere le necessarie misure per rimuovere le divergenze col diritto comunitario che possano derivare dall’applicazione di trattati internazionali cui lo Stato membro aderisce.

Per tale ragione, il Ministero dell’Interno ha disposto quindi per la disapplicazione della norma della legge n. 950/84 che veniva interpretata nella direzione di disporre il cambiamento del cognome della neo – cittadina italiana, quando quello originario era difforme dal quello paterno.

Ugualmente, la circolare del Ministero dell’Interno dispone che, nella stesura del decreto di conferimento della cittadinanza italiana, antecedente al giuramento, si dovrà tenere conto delle modalità di trascrizione dei caratteri non ricompresi nell'alfabeto latino conformemente alle disposizioni impartite con decreto del Ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione del 2 febbraio 2009. Sarà, quindi, consentito al richiedente, al momento della presentazione dell’istanza, indicare gli elementi del proprio nome così come specificati nell’atto di nascita. Il decreto di conferimento della cittadinanza recherà tali generalità.

A cura del servizio antidiscriminazioni dell’ASGI. Progetto con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.