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12.07.2013
 
Commissione europea: Contraria al diritto UE la normativa italiana sulle borse di studio universitarie di perfezionamento all'estero
 

Con una lettera inviata all’ASGI il  5 luglio scorso, la Commissione europea ha comunicato di aver avviato una procedura di consultazione e richiesta di informazioni alle autorità italiane, nell’ambito del meccanismo denominato “EU-Pilot”, in merito alla normativa e alla prassi italiane sulle borse di studio universitarie per il perfezionamento all’estero.

Nella missiva inviata all’ASGI, la Commissione europea rileva che le disposizioni della legge n. 398 dd. 30 novembre 1989, che riserva tali borse di studio unicamente ai cittadini italiani, attualmente ancora in vigore, “istituiscono una discriminazione diretta basata sulla nazionalità”. “La Commissione europea – continua la missiva –ritiene che la generale esclusione di tutti i cittadini non italiani dall’ammissibilità ad ottenere tali borse di studio va oltre la portata della deroga posta dall’art. 24, paragrafo 2 della direttiva 2004/38/CE ed è in contraddizione con le disposizioni della direttiva 2003/109/CE [sui cittadini di Paesi terzi lungosoggiornanti n.d.r.]”.

La presa di posizione della Commissione europea segue l’esposto presentato dal Servizio antidiscriminazioni dell’ASGI il 29 marzo 2012 .

Con una lettera inviata al Ministro dell’Istruzione e alla Commissione europea, il Servizio Anti-discriminazioni dell’ASGI aveva lamentato i profili discriminatori della normativa nazionale in materia di borse di studio per il perfezionamento all’estero, di cui all’art. 5  della legge 30 novembre 1989, n. 398 (“Norme in materia di borse di studio universitarie”, pubblicata in G.U. 14.12.1989, n. 291).

Detto articolo, al comma 2, prevede, infatti,  il requisito della cittadinanza italiana ai fini dell’accesso a tale beneficio (“Al concorso, per titoli ed esami, sono ammessi i laureati di cittadinanza italiana di età non superiore ai ventinove anni, che documentino un impegno formale di attività di perfezionamento presso istituzioni estere ed internazionali di livello universitario, con relativa indicazione dei corsi e della durata”).

A tutt’oggi, non risulta che tale norma e relativa clausola di cittadinanza italiana siano state emendate nonostante l’evidente contrasto innanzitutto con il principio di libera circolazione, uguaglianza e parità di trattamento  dei cittadini di Stati membri dell’Unione europea e dei loro familiari di cui alle norme di fonte primaria e derivata del diritto dell’Unione europea ed anche con altre norme di diritto dell’Unione europea concernenti il principio di parità di trattamento a favore di talune categorie di cittadini di Stati terzi non membri dell’Unione europea. L'esclusione degli studenti stranieri di Paesi terzi viene inoltre in conflitto con il principio di parità di trattamento contenuto nel T.U. immigrazione.

La mancata espressa abrogazione di tale clausola di cittadinanza da parte del legislatore italiano costituisce per molti Atenei italiani una fonte di confusione ed incertezza nell’applicazione del dispositivo.

Dopo aver compiuto un sommario monitoraggio delle prassi in uso in diversi Atenei italiani, il servizio antidiscriminazioni dell’ASGI aveva rilevato infatti una situazione diversificata, riassumibile come segue:

a) atenei che continuano ad applicare integralmente la clausola di cittadinanza italiana ai fini dell’accesso a tali borse di studio, escludendo dunque non solo i cittadini di Paesi terzi non membri dell’Unione europea, ma anche gli stessi cittadini di Paesi membri dell’UE e i loro familiari

b) atenei che disapplicano la clausola di cittadinanza italiana nei confronti dei soli cittadini di altri Paesi membri dell’UE, ammettendo quest’ultimi a parità di condizioni con i cittadini italiani e senza restrizioni aggiuntive;

c) atenei che disapplicano la clausola di cittadinanza italiana nei confronti dei soli cittadini di altri Paesi membri dell’UE, ammettendo quest’ultimi al beneficio tuttavia a condizioni aggiuntive e più restrittive rispetto  a quelle previste per i cittadini italiani.

Nella sua denuncia, l’ASGI  aveva sottolineato come la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea abbia chiarito da lungo tempo ormai come  non sia compatibile con le norme di diritto comunitario sulla libera circolazione dei lavoratori di Paesi membri e dei loro familiari, indipendentemente dalla cittadinanza di questi ultimi, e sul corrispondente principio di parità di trattamento nell’accesso ai benefici e alle prestazioni sociali e, specificamente a quelli relativi all’istruzione, una normativa nazionale che limiti tale parità di trattamento ai soli sussidi all’istruzione impartita nel Paese ospitante, escludendo invece i sussidi per la partecipazione a corsi di istruzione e perfezionamento in Paesi esteri, ivi compresa la situazione in cui il cittadino comunitario residente nel Paese ospitante o il suo familiare richiedano un sussidio per la partecipazione a corsi di istruzione nel Paese di cui possiedano la cittadinanza. Si veda in proposito  la sentenza della Corte di Giustizia europea nel caso Carmina di Leo, cittadina italiana residente in Germania, contro il Land di Berlino,  dd. 13.11.1990, nella causa C-308/89.

Nella memoria, il servizio anti-discriminazioni dell’ASGI aveva inoltre rilevato che la clausola di cittadinanza italiana per l’accesso al beneficio doveva essere disapplicata anche per i cittadini di Paesi terzi non membri dell’UE titolari del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti in virtù del principio di parità di trattamento  contenuto nella direttiva europea n. 109/2003/CE.

Infine, il servizio anti-discriminazione dell’ASGI aveva rilevato come non  vi fossero fondati motivi di ragionevolezza tali da giustificare l’esclusione  dal beneficio dei cittadini di Paesi terzi in generale, se regolarmente soggiornanti in Italia e che pertanto detta esclusione  configurava una discriminazione contraria all’art. 43 del T.U. immigrazione.

A seguito dell’esposto dell’ASGI, anche l’UNAR (Ufficio Nazionale Anti-Discriminazioni Razziali), con un successivo parere emanato il 14 maggio 2012 ed inviato all’Università “La Sapienza” di Roma, aveva indicato i profili di contrasto della normativa e delle prassi degli atenei italiani con i principi di parità di trattamento contenuti nella normativa e giurisprudenza europea così come nella normativa italiana sull’immigrazione.