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16.02.2013
 
Corte di Appello di Brescia: In caso di attribuzione discriminatoria di un beneficio assistenziale ai soli italiani il Giudice, al fine di ripristinare la parità, deve attribuire agli stranieri il medesimo importo già assegnato agli italiani
 

La Corte di Appello di Brescia, con sentenza n. 51/2013 dd. 31.01.2013,  ha accolto il ricorso in appello presentato da un cittadino straniero avverso la sentenza n. 119/2012 dd. 10 febbraio 2012, con la quale il Tribunale di Brescia, pur riconoscendo il carattere discriminatorio del Regolamento del Comune di Adro (Brescia) nella parte in cui escludeva dal contributo integrativo per l’affitto i cittadini non comunitari, aveva condannato il Comune a pagare al ricorrente una somma inferiore a quella che era stata riconosciuta e già  erogata ai cittadini italiani. Questo in quanto le ordinanze cautelari del Tribunale di Brescia  (22 luglio 2010  e 15 ottobre 2010) e avevano imposto al Comune di riaprire i termini del bando, con l’eliminazione della clausola discriminatoria, con la conseguente raccolta  di nuove 44 domande avanzate da cittadini stranieri, ma il Comune aveva nel contempo deciso di non rifinanziare il fondo affitti, per cui, una volta convenuto nuovamente in giudizio,  si era difeso asserendo che avrebbe pagato i nuovi richiedenti solo allorché avrebbe recuperato dai richiedenti italiani (ai quali nel frattempo il bonus era stato già pagato) la quota necessaria per ridistribuire l’importo su una platea più vasta. Con la sentenza del 10 febbraio 2012, il  Tribunale di Brescia aveva disatteso la posizione del Comune, ma nel contempo aveva affermato che non poteva essere sindacata la decisione del  Comune di non rifinanziare il fondo affitti, oggetto di giurisdizione semmai del giudice amministrativo, per cui al ricorrente poteva essere riconosciuta per il momento una somma inferiore a quella già pagata agli italiani. Il Tribunale di Brescia, in prima istanza, aveva giustificato il riconoscimento della minor somma affermando che all’esito del recupero delle somme pagate in eccedenza sarebbe stata comunque salvaguardata l’assoluta parità fra tutti gli aventi diritto, unico bene che le ordinanze cautelari volevano garantire. Nel frattempo,  i cittadini italiani che avevano già ottenuto l’erogazione del ‘bonus affitti’ hanno adito il TAR Lombardia, impugnando la procedura di recupero e ottenendone la sospensione. Accogliendo l’istanza cautelare, il TAR di Brescia, con ordinanza n. 94/2012,  aveva infatti dato ragione ai ricorrenti. Secondo i giudici amministrativi di Brescia, infatti, la posizione dei percettori in buona fede dei contributi  nella quantificazione originaria risultante dalla prima  graduatoria merita la stessa tutela riservata dall’art. 21-nonies della legge 7 agosto n. 241/90 ai controinteressati in caso di annullamento in autotutela di un provvedimento (“Il provvedimento amministrativo illegittimo…può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge”).  In altri termini, qualora le situazioni dei beneficiari originari si siano già consolidate e possano essere definite quali acquisite, anche in relazione al mancato avvertimento del carattere precario del contributo, al decorso di un significativo intervallo di tempo, alla consumazione del contributo per esigenze fondamentali della vita e al rischio di grave disagio economico nel caso di restituzione, gli interessi di tali privati cittadini dovranno ritenersi  prevalenti su quelli dell’amministrazione pubblica. Quest’ultima dovrà dunque reperire ulteriori ed aggiuntive risorse per far fronte ai nuovi richiedenti, nella misura stabilita dalla seconda graduatoria, nelle modalità previste dall’art. 194 c. 1 a del d.lgs. n. 267/2000 (T.U.O.E.L.) (“Con deliberazione consiliare di cui all’art. 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive”).

La Corte di Appello di Brescia, con la sentenza ora emanata, non condivide le conclusioni del giudice civile di primo grado. Traendo evidentemente spunto, anche solo implicitamente, dalla provvisorie conclusioni dei giudici amministrativi, i giudici di appello del Tribunale di Brescia affermano che sarebbe stato  legittimo ritenere non sindacabile la decisione del Comune di non rifinanziare il fondo e di riparametrare il contributo alla luce del più alto numero degli aventi diritto solo se l’erogazione non avesse avuto già luogo agli originari aventi diritto. La Corte di Appello sottolinea che, a prescindere dalla soluzione che sarà data alla questione circa la ripetibilità o meno ovvero alla procedura di recupero delle somme già erogate agli originari aventi diritto,  ora al vaglio  del tribunale amministrativo, detta soluzione richiederà tempi lunghi ed esiti incerti, per cui non potrebbe realizzare l’effettiva rimozione del comportamento discriminatorio, la soluzione prospettata dal giudice di primo grado di obbligare i soggetti colpiti dalla discriminazione vietata ad attendere l’esito, incerto, della procedura di recupero. Inoltre, secondo i giudici di appello,  la sentenza del Tribunale di primo grado  appare incompatibile con il divieto di ritorsioni previsto dalla direttiva 2000/43, per cui nessun può subire un danno dalla promozione di un’azione a tutela della parità di trattamento (art. 4 d.lgs. b. 215/2003). Ne consegue che la  Corte di Appello di Brescia,  a parziale riforma della sentenza n. 119/12 del Tribunale di Brescia, ha condannato il Comune di Adro a pagare all’appellante, in aggiunta a quanto già liquidato dal Tribunale di primo grado, l’ulteriore somma volta a pareggiare il contributo con quello già erogato e percepito dai cittadini italiani.

Il Comune di Adro è stato pure condannato al pagamento delle spese legali.

 

A cura del Servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose. Progetto ASGI con il sostegno della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.