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28.01.2013
 
CGUE: I lavoratori frontalieri non possono essere esclusi da misure sociali volte ad incentivare le assunzioni
 

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza dd. 13 dicembre 2012, Caves Krier c. Lussemburgo (causa C-379/11), ha concluso come sia in violazione dell’art. 45 del TFUE relativo alla libera circolazione e parità di trattamento dei lavoratori dell’Unione europea una normativa di uno Stato membro che subordini la concessione ai datori di lavoro di incentivi all’assunzione di lavoratori disoccupati di età superiore ai 45 anni alla condizione che il disoccupato assunto sia iscritto agli uffici di collocamento, quando requisito per siffatta iscrizione sia la residenza nel territorio nazionale, determinando così l’esclusione dei lavoratori frontalieri.

La sentenza dei giudici di Lussemburgo giunge a seguito di un’azione pregiudiziale mossa dalla Corte amministrativa di Appello lussemburghese in relazione ad una normativa del Lussemburgo che condizionava l’accesso di datori di lavoro ad incentivi all’assunzione di lavoratori ultra45enni, nelle modalità di rimborso dei contributi previdenziali, al requisito dell’iscrizione del lavoratore nelle liste di collocamento degli uffici nazionali per l’occupazione, condizione per la quale era la residenza del lavoratore  nel territorio del Lussemburgo.  La causa ha preso le mosse da una ditta lussemburghese che si era visto rifiutare l’incentivo in relazione all’assunzione di una cittadina lussemburghese che aveva svolto l’intera carriera lavorativa in Lussemburgo, ma risiedeva nei territori limitrofi della Germania.

La Corte di Giustizia ha rilevato che una siffatta normativa è suscettibile di dissuadere un datore di lavoro stabilito in Lussemburgo dall’assumere un lavoratore frontaliero rispetto ad un lavoratore risiedente in Lussemburgo, con questo determinando una obiettiva restrizione alla libertà di circolazione garantita dall’art. 45 del TFUE. Secondo una consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia,  una misura che ostacoli la libera circolazione dei lavoratori può essere ammessa solo qualora persegua uno scopo legittimo compatibile con il trattato, sia giustificata da imperativi motivi di interesse generale e obbedisca a criteri di proporzionalità e necessità.

Anche ammettendo che la misura adottata dalle autorità lussemburghesi sia volta a perseguire l’obiettivo legittimo di politica sociale  della promozione delle assunzioni, essa non appare compatibile con le libertà e i diritti fondamentali sanciti dalle disposizioni del Trattato europeo (libera circolazione e uguaglianza di trattamento).

Riferendosi, inoltre, alla giurisprudenza secondo cui l’accesso in condizioni di parità di trattamento di lavoratori frontalieri e di altri  Stati membri a misure di politiche sociali può essere legittimamente subordinato alla verifica di un nesso di integrazione con la società dello  Stato membro, la Corte di Giustizia europea ricorda che per i lavoratori migranti e quelli frontalieri l’aver avuto già accesso al mercato del lavoro in uno Stato membro costituisce soddisfazione sufficiente di detto requisito di collegamento con lo Stato membro. Questo per il fatto che i lavoratori migranti e frontalieri, con i contributi fiscali che versano nello Stato membro ospitante per l’attività retributiva che esercitano o hanno esercitato, contribuiscono al finanziamento delle politiche sociali di detto Stato (si veda in proposito anche sentenza CGUE, 14 giugno 2012, Commissione c. Paesi Bassi, C-542/09).

a cura del Servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose. Progetto ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.