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22.01.2013
 
Il Tribunale di Firenze conferma l'equiparazione della kafala islamica all'affidamento familiare nazionale
 
La I Sezione Civile del Tribunale di Firenze ha accolto il ricorso di una cittadina italiana contro la decisione del Consolato italiano in Marocco di respingere la richiesta di visto di ingresso nel paese per motivi familiari nei confronti del nipote, cittadino marocchino. Nonostante il nipote, minorenne, fosse stato affidato alla ricorrente dai genitori tramite atto di kafala, il Consolato ha respinto la richiesta di visto di ingresso adducendo al fatto che il minore risulta figlio non abbandonato con genitori ancora vivi. 

Il Tribunale ha accolto l'argomentazione della ricorrente secondo cui il Consolato italiano ha errato nella valutazione dello stato del minore sovrapponendo due istituti diversi quali la Kafala giudiziale e la Kafala negoziale, la prima che presuppone lo stato di abbandono, la seconda che si sostanzia in un affidamento vero e proprio. 

Nella sua decisione, il Tribunale si è rifatto alla Corte Suprema, che "con sentenza n.7472/2002, ha definito la Kafalah islamica l’unico strumento di tutela e protezione dell’infanzia, negli ordinamenti musulmani mediante il quale il minore, può essere accolto da due coniugi od anche da un singolo affidatario che si impegnano a mantenerlo, educarlo ed istruirlo come se fosse figlio proprio. (...) E’ evidente, pertanto, che il rifiuto del visto d’ingresso basato solo sul presupposto del mancato stato di abbandono, da parte del minore, è del tutto illegittimo, atteso che la kafalah non presuppone lo stato di abbandono del minore, ma si sostanzia in un atto di custodia, riconosciuto e disciplinato dalla legge vigente in Marocco ed equiparato dalla Suprema Corte, all’affidamento familiare nazionale."

Infine la decisione del Consolato italiano è in violazione della D.Lgs 6.2.2007 n. 30, nella parte in cui (art.5) dispone la libera circolazione, all'ingresso soggiorno temporaneo e/o permanente, nel territorio italiano, da parte dei familiari non aventi cittadinanza di uno stato membro, ma in possesso di un passaporto valido e (art. 3 ll comma) nella parte in cui prevede che lo Stato membro agevoli l’ingresso del familiare a carico e/o convivente con il cittadino dell’unione, titolare del diritto di soggiorno. 

Segnalazione di Luigi Tessitore, socio ASGI