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15.01.2013
 
Corte di Cassazione: Il diritto dei genitori all’educazione dei figli secondo le proprie convinzioni religiose non può giustificare una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale nell'affido dei minori
 

La Corte di Cassazione, I sez. civile, con la sentenza n. 601/2013 depositata l’11 gennaio 2013, ha respinto il ricorso proposto da un padre avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia che aveva confermato il decreto del Tribunale dei Minorenni con il quale veniva  disposto l’affidamento esclusivo del figlio naturale alla madre, con diritto di visita del padre regolato e vigilato dai servizi sociali territoriali.

Il padre aveva sostenuto che il provvedimento andava censurato perché, tra l’altro,  il nucleo familiare della madre del bambino era composto da due donne, legate tra di loro da una relazione lesbica e pertanto, non sarebbe stato adeguatamente motivato se tale fatto fosse idoneo, sotto il profilo educativo, ad assicurare l’equilibrato sviluppo del minore in relazione al suo diritto di “essere educato nell’ambito di una famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio”. Ulteriormente, il ricorrente sosteneva che l’affido del minore alla madre convivente in una relazione omosessuale sarebbe di pregiudizio al diritto fondamentale di entrambi i genitori di provvedere all’educazione  dei figli secondo le loro convinzioni religiose e culturali, non potendosi prescindere dal contesto religioso e culturale del padre, di religione musulmana.

I giudici della Cassazione hanno respinto il ricorso sostenendo che considerare dannoso di  per sé all’equilibrato sviluppo del minore il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale, a prescindere da dati di esperienza riferibili alla situazione concreta, equivarrebbe a sancire un mero pregiudizio discriminatorio, così come i principi costituzionali del diritto di entrambi i  genitori ad educare i propri figli secondo le proprie convinzioni educative e religiose non possono essere fatti valere in astratto, in maniera generica e non concludente, ma debbono essere calati nella realtà concreta dei rapporti relazionali genitori-figli, secondo il principio della valutazione del superiore interesse del minore.

Pertanto, la Cassazione ricorda che non si può avallare il pregiudizio nei confronti  delle coppie omosessuali, secondo il quale quel contesto familiare sarebbe di per sé inidoneo per lo sviluppo equilibrato di un minore, senza che nella situazione concreta venissero invece specificate quali fossero le paventate ripercussioni negative per il bambino.

A tale riguardo, la Cassazione rileva che nel caso in specie, la Corte di Appello aveva correttamente valutato negativamente il comportamento del padre, il quale aveva esercitato violenza fisica nei confronti della convivente della madre del bambino, in presenza di quest’ultimo, con conseguente disagio manifestato dal minore; fatto di cui doveva tenersi in adeguato conto nell’interesse del minore essendo la convivente della madre comunque una persona familiare al bambino, mentre la dedotta difficoltà del ricorrente ad accettare, date la sua origine e formazione culturale, il contesto familiare in cui suo figlio cresceva, non poteva essere considerata circostanza alleviante la gravità della sua condotta.

La sentenza della Cassazione è dunque importante perché sancisce il fondamentale principio del divieto di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale nell’ambito della vita privata  e familiare, ma anche perché fornisce alcune sommarie ma importanti considerazioni sul limite, anche sotto il profilo giudiziale, che può trovare il  riconoscimento della diversità culturale e religiosa nel momento in cui entrano in gioco i principi e i valori dell’autonomia e responsabilità personale e del superiore interesse del minore.

Per quanto concerne il primo punto, la sentenza della Cassazione appare pienamente conforme ed  in linea con gli orientamenti della Corte europea dei diritti dell’Uomo che si è espressa sul divieto di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale, in relazione anche a  questioni di adozione e affido dei minori. Ad esempio, nella causa E.B. c. Francia (sentenza 22 gennaio 2008 n. 43546/02), la domanda di adozione della ricorrente era stata respinta in ragione del fatto che nella sua famiglia non era presente una figura maschile. Il diritto nazionale francese permetteva le adozioni da parte di genitori single e la Corte di Strasburgo ha constatato che la decisione delle autorità era principalmente basata sul fatto che la ricorrente aveva una relazione e conviveva con una donna. Di conseguenza, la Corte di Strasburgo ha dichiarato che si trattava di una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale vietata dall’art. 14 CEDU in collegamento con l’art. 8 (protezione vita privata e familiare).

a cura di Walter Citti