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20.12.2012
 
Corte di Cassazione: Commette il reato di propaganda di odio razziale il consigliere comunale che esprime nell’ aula consiliare pesanti pregiudizi razziali nei confronti dei Rom e Sinti
 

Con la sentenza depositata il 11.12.2012 n. 47894, la prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione  ha accolto il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Trento avverso  la sentenza della Corte di Appello di Trento che aveva assolto un  consigliere comunale di Trento dal reato di propaganda o istigazione  di idee fondate sull’odio o sulla discriminazione razziale (Legge n. 654/1975, art. 3 comma 1 e L. 85/2006, art. 13).  La vicenda trae origine da un intervento pubblico del suddetto consigliere comunale, effettuato durante una seduta del Consiglio comunale di Trento,  ove l’imputato aveva utilizzato epiteti fortemente negativi ed offensivi nei confronti degli ‘zingari’ in quanto tali, utilizzando termini quali assassini, pigri, vanitosi, aguzzini, sostenendo che l’unica maniera per risolvere i problemi relativi alla loro presenza sul territorio fosse l’allontanamento dei bambini dalle loro famiglie, operando un vero e proprio ‘sequestro di stato’, per spezzare la catena generazionale che darebbe continuità ad una ‘sedicente cultura’ caratterizzata da condotte e profili criminosi.

Il consigliere comunale era stato assolto in primo grado dal Tribunale di Trento, con sentenza dd. 24.09.2009, in quanto il giudice penale non aveva ravvisato nelle affermazioni dell’imputato espressione di odio razziale e propaganda di idee fondate sull’inferiorità razziale degli ‘zingari’, ma tutt’al più di generica avversione che poteva integrare semmai  un reato di diffamazione.

La Corte di Appello di Trento aveva confermato l’assoluzione in quanto, pur riconoscendo che le affermazioni dell’imputato non potevano ritenersi espressione di un sentimento di avversione superficiale nei confronti della popolazione ‘zingara’, bensì tradivano un evidente pregiudizio d’inferiorità razziale’, non poteva comunque configurarsi l’elemento della ‘propaganda’, in quanto l’imputato aveva operato  nell’ambito del suo mandato di consigliere comunale, e non era stato provato che la seduta consiliare fosse aperta al pubblico e che alla medesima fosse stata data ampia diffusione con mezzi televisivi o di comunicazione, così come che l’imputato avesse in più e diverse altre occasioni espresso pubblicamente simili o analoghe affermazioni.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore generale, annullando la sentenza della Corte di Appello di Trento perché viziata da mancata aderenza alla realtà di fatto, manifesta illogicità ed erronea interpretazione della norma penale.

I giudici di legittimità  innanzitutto evidenziano la manifesta illogicità del ragionamento della Corte di Appello di Trento che nega la sussistenza dell’elemento di divulgazione al pubblico insito nel reato di “propaganda di idee fondate sull’odio o sulla superiorità razziale” ignorando il fatto notorio che ogni seduta dei lavori dei consigli comunali sono di norma aperti al pubblico e, trattando aspetti delle vita e delle esigenze della comunità, sono di norma oggetto di diffusione ad opera dei mezzi informativi locali. Pertanto, la condotta dell’imputato era di per sé suscettibile, anche solo potenzialmente,  di diffondere idee fondate sul pregiudizio di inferiorità razziale degli ‘zingari’, con questo realizzando gli elementi costitutivi del reato.

La Corte di Cassazione, inoltre, non condivide il ragionamento dei giudici di Appello di Trento, secondo cui ai consiglieri comunali e più in generale ai titolari di un mandato elettorale di rappresentanza dei cittadini sarebbe consentito un margine di esercizio della libertà di espressione più ampio rispetto all’ordinario, e quindi un diverso  bilanciamento rispetto ai limiti derivanti dal divieto alla diffusione  di idee fondate sull’odio etnico-razziale (il c.d. “hate speech”). Al contrario, secondo la Corte di Cassazione, proprio l’esercizio di una pubblica funzione di rappresentanza dovrebbe indurre ad una maggiore prudenza nell’esercizio della libertà di espressione e ad un maggiore rispetto dei diritti fondamentali alla dignità dei gruppi sociali minoritari,  facendo invece scattare, in caso di lesione dei medesimi, una circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p. n. 9.

Inoltre, la Corte di Cassazione afferma che affinché si concretizzi la fattispecie della propaganda di idee fondate sull’odio o sulla superiorità razziale non occorre che affermazioni pubbliche  inspirate a pregiudizi razzisti  e ad un’avversione verso un gruppo etnico in quanto tale e non invece a singoli soggetti ben individuati, vengano reiterate in più occasioni, ma è sufficiente anche un’isolata manifestazione a connotazione razzista, essendo sostanziale equiparabile la nozione di ‘propaganda’ a quella di ‘diffusione’, così come già indicato nella precedente giurisprudenza (Cass., III sez. pen., sentenza 7.5.2008, n. 37581).

La sentenza della Corte di Cassazione n.  47894/2012  contribuisce dunque a chiarire importanti aspetti interpretativi della legislazione penale italiana in materia di “hate speech” su due questioni fondamentali. Innanzitutto, se è vero che la discriminazione punibile deve fondarsi sulla qualità del soggetto e non sui suoi comportamenti, come indicato dalla famosa sentenza della Cassazione n. 13234/2008, tale  è il comportamento di chi esprime pubblicamente sentimenti di avversione ed  odio non superficiali,  argomentati sulla ritenuta diversità ed inferiorità ‘intrinseche’ ad un gruppo etnico-razziale o religioso in quanto tale, riferendosi dunque alla generalità del gruppo e non verso persone e soggetti ben individuati . In secondo luogo, la propaganda di idee fondate sull’odio o la superiorità razziale non presuppone un’organizzazione di mezzi ed una molteplicità di interventi ovvero la reiterazione di espressioni ‘razziste’, ma è sufficiente anche una sola e singola manifestazione  a connotazione razzista, purchè essa sia rivolta all’esterno o ‘pubblica’, ovvero almeno potenzialmente idonea a far percepire all’esterno l’odio etnico razziale o religioso.

 

A cura di Walter Citti, servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose. Progetto ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie  Charlemagne ONLUS.