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19.12.2012
 
Tribunale di Reggio Emilia: Illegittimo il cambio di cognome nel procedimento di conferimento della cittadinanza italiana
 

Il giudice del  Tribunale di Reggio Emilia, con decreto dd. 29 agosto 2012, ha accolto l’istanza per la rettificazione del cognome avanzata da una ricorrente che si era visto mutato il proprio cognome originario ad opera del Ministero dell’Interno  mediante il decreto con il quale le era stata conferita la cittadinanza italiana. Il decreto del giudice emiliano sottolinea come la decisione ministeriale di modifica del cognome in sede di conferimento della cittadinanza italiana appare illegittima perché in contrasto con i principi costituzionali dell’ordinamento interno, nonché con quelli fondamentali del diritto UE a salvaguardia del diritto all’identità personale.

La questione sorge poiché  il Ministero dell'Interno -  Dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione -, competente per le procedure di cittadinanza, ai fini della stesura del decreto di conferimento della cittadinanza italiana, utilizza i criteri della legge italiana per la formazione del cognome, imponendo quello paterno, mentre  in diversi ordinamenti stranieri il cognome registrato alla nascita non coincide con quello paterno: dai paesi latinoamericani che prevedono l'attribuzione al minore sia del primo cognome paterno sia del primo cognome materno, ai paesi di tradizione islamica (come nel caso dell' Egitto) ove la parte costituente il cognome è formata dal nome del padre, del nonno o del bisnonno; alla Macedonia e Bulgaria che attribuiscono alla persona di sesso femminile il cognome paterno, ma declinato. Ugualmente, in alcuni Paesi dell’Est europeo, come la Polonia, a seguito del matrimonio, le donne abbandonano o aggiungono al cognome originario quello del coniuge.

Diverse sono dunque le situazioni in cui, al momento del conferimento della cittadinanza italiana, l’interessata si ritrova attribuito un cognome diverso da quello originario o posseduto sino a quel momento, con grave lesione del proprio diritto al mantenimento dell’identità personale. Risulta infatti che le circolari del Ministero dell’Interno – Dipartimento Libertà Civili e dell’immigrazione,  abbiano disposto  solo per i cittadini spagnoli e portoghesi la conservazione nel decreto di cittadinanza del cognome di cui all'atto di nascita, mentre per tutti gli altri neo cittadini e cittadine italiane il decreto presidenziale o ministeriale adottato riporta il cognome secondo le regole vigenti in Italia (cognome paterno), così modificando eventualmente il cognome dell'interessato/a, di nascita o eventualmente acquisito successivamente. Appare inoltre paradossale che questo sembra avvenire anche con riferimento alle cittadine bulgare, nonostante  la decisione amministrativa presa nei confronti dei cittadini spagnoli e portoghesi sia stata determinata dal recepimento di una sentenza della Corte di Giustizia europea ( Garcia Avello, C- 148/02) e come tale applicabile perlomeno a tutti i cittadini di Paesi membri dell'EU e non solo ad alcuni.

La  giurisprudenza italiana, tanto civile quanto amministrativa, ha più volte sanzionato come illegittima la prassi del Ministero dell'Interno - Dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione, anche con riferimento ai cittadini non comunitari, in quanto in contrasto con una corretta interpretazione della Convenzione di Monaco del 1980:  "il cambiamento di nazionalità cui fa riferimento il 2° comma dell'art. 1 della Convenzione" deve essere inteso solo per il futuro ovvero solo per quelle vicende che possono incidere sul cognome verificatesi dopo l'acquisizione della corrispondente cittadinanza, mentre non può autorizzare a modificare arbitrariamente  e retroattivamente il nome del nuovo cittadino"  poiché "una diversa interpretazione sarebbe contraria allo spirito della citata Convenzione che favorisce l'unificazione del diritto relativo ai nomi e cognomi, ma pur sempre nel rispetto dei diritti fondamentali di ogni cittadino, tra i quali non può non annoverarsi il diritto a mantenere il cognome acquisito quale autonomo segno distintivo della propria personalità e parte essenziale della persona umana" (Tribunale di Reggio Emilia, decreto 28 maggio 2007, ma anche  Tribunale di Cagliari 18 maggio 2005; Tribunale di Torino 10 marzo 2000, Corte di Appello di Torino 3 giugno 1998, per la giustizia amministrativa: TAR Veneto, sentenza n. 13/2008).

Come sembra sottolineare anche il giudice di Reggio Emilia, appare inoltre quanto meno paradossale ed incoerente che tale prassi degli uffici amministrativi del Ministero dell’Interno competenti in materia di procedimenti di cittadinanza continui ad essere attuata, quando altri uffici collocati nel medesimo Ministero ne affermino - sostanzialmente, ufficialmente  ed espressamente - l’illegittimità.  E’ il caso della circolare n. 14/2012 dd. 21.05.2012 del Ministero dell’Interno- Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, che reca disposizioni attuative al d. P.R. n. 54 dd. 13.03.2012, con il quale è stata mutata la normativa e le relative procedure relative alle istanza di cambiamento del cognome, in un‘ottica di snellimento amministrativo, per cui ora l’attribuzione del potere decisionale spetta direttamente in capo al Prefetto, mentre al Ministero dell’Interno viene assicurato il compito di emanare le opportune direttive nella materia al fine di assicurare la necessaria coerenza normativa e l’applicazione omogenea della medesima sul territorio. Detta circolare, infatti, richiama la giurisprudenza costituzionale, per cui il cognome della persona ha “funzione di strumento identificativo della persona e, in quanto tale, costituisce parte essenziale ed irrinunciabile della personalità” (sentenza 24.01.1994, n. 13) e, dunque, deve esserne assicurata la tendenziale stabilità ed immutabilità, escludendo quindi che una variazione possa avvenire per atto d’Autorità. La circolare ministeriale, pertanto, dà disposizione ai Prefetti di accogliere, in linea di massima senza preclusioni di sorta, le istanze di ripristino del cognome di origine, proposte da neo cittadini/e italiani/e che si sono visti modificarlo in sede di concessione della cittadinanza italiana, “anche alla luce degli orientamenti costituzionali in materia e ai principi rinvenibili nella decisione della Corte di Giustizia europea (C-353/2008), che ha riaffermato il principio generale dell’intangibilità del cognome originario, con riguardo alla precedente decisione  C-148/02), in quanto identificativo della persona…”. Tuttavia, perché obbligare gli interessati a sottoporsi ad un nuovo procedimento amministrativo di ripristino del cognome originario –e per di più a proprie spese e con ulteriori adempimenti e perdite di tempo-  piuttosto che far cessare una prassi palesemente illegittima ed in contrasto con diritti fondamentali della persona?.

Si ricorda che sulla vicenda l’ASGI aveva inviato già nel febbraio 2009 una lettera al Ministero dell’Interno chiedendo una revisione della prassi ritenuta illegittima degli uffici competenti in materia di procedimento di cittadinanza. Alcune amministrazioni comunali, come quella di Bologna, avevano pure espresso la propria contrarietà alla prassi ministeriale.

a cura di Walter Citti, servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose. Progetto ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.