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30.04.2012
 
L’importo dei contributi richiesti per rilascio dei permessi di soggiorno ai cittadini di paesi terzi e familiari non deve costituire un ostacolo all’accesso allo status di lungo soggiornante
 
La direttiva 2003/109  dispone che gli Stati membri conferiscono lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato legalmente e ininterrottamente per cinque anni nel loro territorio immediatamente prima della presentazione della pertinente domanda e che soddisfano determinate condizioni. Ai beneficiari di tale status viene rilasciato un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo. La direttiva 2003/109 prevede altresì che gli Stati membri concedano permessi di soggiorno ai cittadini di paesi terzi che hanno già ottenuto tale status in un altro Stato membro nonché ai loro familiari.
Nei Paesi Bassi, i cittadini di paesi terzi, ad eccezione dei cittadini turchi, che richiedono permessi e titoli di soggiorno ai sensi della direttiva 2003/109, sono tenuti al pagamento di contributi, il cui importo varia da EUR 188 a EUR 830. Per il rilascio del permesso di soggiorno per lungo soggiornanti le autorità olandesi richiedono un contributo pari a 201 euro.
Orbene, la Commissione europea ritiene che tali contributi siano sproporzionati, poiché, ai sensi della direttiva, essi devono essere di importo ragionevole ed equo e non devono scoraggiare i cittadini di paesi terzi dall’esercitare il loro diritto di soggiorno. Pertanto, la Commissione ha proposto un ricorso per inadempimento nei confronti dei Paesi Bassi.
La Corte di Giustizia europea ricorda che nessuna disposizione della direttiva fissa l’importo dei contributi che gli Stati membri possono esigere per il rilascio di permessi e titoli di soggiorno. Tuttavia, pur essendo pacifico che gli Stati membri godono, in tale contesto, di un margine discrezionale, quest’ultimo non è illimitato.
Così, anche se gli Stati membri sono legittimati a subordinare il rilascio dei permessi di soggiorno a titolo della direttiva 2003/109 alla riscossione di contributi, il livello di detti contributi non deve avere né per scopo né per effetto di creare un ostacolo al conseguimento dei diritti conferiti dalla direttiva, venendo altrimenti arrecato pregiudizio tanto all’obiettivo di integrazione perseguito dalla stessa quanto al suo spirito.
In tale contesto, la Corte rileva che gli importi dei contributi richiesti dai Paesi Bassi variano all’interno di una forbice il cui valore più basso è all’incirca sette volte superiore all’importo dovuto per ottenere una carta nazionale d’identità. Anche se i cittadini olandesi ed i cittadini di paesi terzi nonché i loro familiari non si trovano in una situazione identica, un simile divario dimostra la natura sproporzionata dei contributi richiesti.
La Corte dichiara che tali contributi, eccessivi e sproporzionati, sono idonei a creare un ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti dalla direttiva. Di conseguenza, applicandoli ai cittadini di paesi terzi che presentano domanda intesa al conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo nei Paesi Bassi e ai cittadini di paesi terzi che, avendo già acquisito detto status in un altro Stato membro, chiedono di potervi soggiornare, nonché ai loro familiari, i Paesi Bassi sono venuti meno agli obblighi ad essi incombenti in forza della direttiva.
E' del tutto evidente che la sentenza della Corte di Giustizia europea, sebbene pronunciata con riferimento alla normativa in vigore nei Paesi Bassi, è suscettibile di dispiegare i suoi effetti anche in relazione alla normativa in vigore in Italia, di cui viene resa palese pure l'illegittimità. Con il decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze, preso di concerto con il Ministero dell'Interno, del 6 ottobre 2011 (G.U. n-. 304 dd. 31.12.2011),  è stata data attuazione al disposto dell'art. 5 comma 2 ter del d.lgs. n. 286/98 e successive modifiche, concernente il contributo economico che gli stranieri  devono versare per il rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno (si veda in proposito anche la circolare del Ministero dell'Interno -Dipartimento Pubblica Sicurezza- Dir. centr. imm. dd. 27 gennaio 2012 n. 5). Tale decreto  ha stabilito gli importi dovuti dallo straniero, la cui entità varia in relazione alla durata dell'autorizzazione al soggiorno: 80 euro per i permessi di soggiorno di durata inferiore o pari ad un anno; 100 euro per i permessi di soggiorno di durata superiore ad un anno e inferiori o pari a due anni e 200 euro per il rilascio del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti.
Tenuto presente che l'importo richiesto per il rilascio del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti è quasi otto volte superiore all'importo dovuto per ottenere la carta di identità nazionale elettronica e ben quasi 40 volte superiore a quello dovuto per il rilascio della carta di identità cartacea, le considerazioni svolte dalla Corte di Giustizia europea evidenziano l'illegittimità anche della normativa italiana, per violazione della direttiva europea n. 109/2003/CE.

La Corte Costituzionale italiana ha, infatti, riconosciuto l’immediata applicabilità delle disposizioni comunitarie anche in relazione alle “statuizioni risultanti (…) dalle sentenze interpretative della Corte di Giustizia” (C.Cost. 23.04.1985, n. 113), chiarendo che il giudice nazionale non deve applicare le norme interne allorchè queste siano incompatibili (oltre che con regolamenti) anche con le norme comunitarie produttive di effetti diretti, quali le disposizioni contenute nei trattati dell’Unione (C.Cost. n. 389/1989) e quelle contenute nelle direttive comunitarie (C.Cost.  2.02.1990 n. 64 e C.Cost. 18.04.1991, n. 168).  Inoltre, ha ulteriormente specificato che “l’applicazione della normativa comunitaria direttamente efficace all’interno dell’ordinamento italiano non dà luogo ad ipotesi di abrogazione o di deroga, né a forme di caducazione o di annullamento per invalidità della norma interna incompatibili, ma produce un effetto di disapplicazione di quest’ultima, seppure nei limiti di tempo e nell’ambito materiale entro cui le competenze comunitarie sono legittimate a svolgersi” (C.Cost. 11.07.1989, n. 389) e che tale obbligo investe anche gli organi amministrativi e non soltanto quelli giurisdizionali.
Il Ministero dell'Interno, pertanto, è tenuto ora a rispettare i vincoli derivanti dal diritto dell'Unione europea così come interpretato dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea e a rivedere di conseguenza l'importo fissato dal decreto ministeriale dd. 6 ottobre scorso ai fini del rilascio del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti.