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05.07.2011
 
Tribunale di Gorizia: Discriminatoria e contraria alla direttiva n. 109/2003 sui lungo soggiornanti la normativa regionale del FVG che subordina ad un requisito di anzianità di residenza in Italia l’accesso al fondo per il sostegno alle locazioni
 

Con ordinanza n. 271/2011 dd. 30 giugno 2011, il giudice del lavoro del Tribunale di Gorizia ha dichiarato cessata la materia del contendere  fra le parti in relazione ad un ricorso/azione giudiziaria anti-discriminazione presentata congiuntamente da una cittadina  della Costa d'Avorio, titolare di un permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti e residente a Gorizia, e dall'ASGI, contro il diniego opposto inizialmente dal Comune di Gorizia ad ammettere la prima alle graduatorie per l'assegnazione del contributo di sostegno alle locazioni  previsto dalla normativa regionale del FVG, attuativa della legge nazionale n. 431/98. Tale normativa regionale (art. 12 della l.r. FVG n. 6/2003, introdotta dagli artt. 4 e 5  della l.r. n. 18/2009), subordina al requisito di anzianità di residenza decennale in Italia, la possibilità di partecipare alle graduatorie per la  concessione ed erogazione del contributo volto ad agevolare l'accesso dei nuclei familiari a basso reddito al mercato delle locazioni. I bandi per la concessione del contributo, previa formazione di apposite graduatorie,  vengono indetti ogni anno dai Comuni, sulla base di fondi messi a disposizione dallo Stato e dalla Regione.

Nel ricorso, la cittadina ivoriana e l'ASGI hanno sostenuto che il diniego alla partecipazione al bando per l'assegnazione  del beneficio, basato sul mancato soddisfacimento di un requisito di anzianità di residenza, viene a violare l'art. 11 della direttiva n. 109/2003 concernente  il principio di parità di trattamento in materia di prestazioni di assistenza sociale e di accesso all'abitazione dei cittadini di Paesi terzi non membri dell'UE in possesso del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti. Questo  in quanto tali norme del diritto europeo vanno interpretate non soltanto come divieto di discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza, ma anche come vietanti qualsiasi forma di discriminazione che, applicando altri criteri distintivi apparentemente neutri, conducano di fatto allo stesso risultato. L'ASGI ha dunque sostenuto che il requisito di anzianità di residenza decennale in Italia richiesto dalla normativa della Regione FVG,  costituisce una discriminazione dissimulata nei confronti dei soggiornanti di lungo periodo protetti dal diritto europeo, in quanto tale requisito è più facile da soddisfare per i cittadini italiani, tanto più che è stata prevista una deroga specifica per i corregionali all'estero e i loro discendenti.

Il giudice di Gorizia ha condiviso le argomentazioni dell'ASGI sostenendo nell'ordinanza come sia "oggettivamente evidente che la normativa regionale in discussione  ha natura discriminatoria ed è in contrasto con la normativa comunitaria nella parte in cui prevede tra i requisiti  per le prestazioni di assistenza sociale  quello relativo all'anzianità di residenza decennale in Italia ..." . Di conseguenza il giudice di Gorizia ha accertato in linea di principio la natura discriminatoria della normativa regionale. Tuttavia, il giudice del lavoro di Gorizia ha preso atto che prima dell'udienza fissata per la discussione del ricorso, il Comune di Gorizia ha provveduto a disapplicare la disciplina regionale nella parte ritenuta discriminatoria, assegnando il beneficio sociale alla cittadina ivoriana ricorrente.

Di conseguenza, il giudice del lavoro ha dichiarato cessata la materia del contendere tra le parti e ha posto a carico del Comune di Gorizia soltanto un rimborso forfetario delle spese legali.

La normativa discriminatoria della Regione FVG sul welfare continua ad essere al centro dell'attenzione non solo nelle aule giudiziarie, ma anche nelle sedi delle istituzioni europee a Bruxelles, in quanto sono in corso due distinte procedure di infrazione del diritto dell'Unione europea promosse dalla Commissione europea.

Con una lettera inviata il 7 aprile scorso alla Rappresentanza permanente italiana presso l'Unione europea, la Commissione europea ha, infatti, messo in mora l'Italia  con riferimento tra l'altro alle normative in materia di benefici di welfare promosse dalla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia nel corso della presente legislatura. Tale Regione ha infatti intrapreso una politica di riforma del welfare regionale fondata su due criteri fondamentali: quello di "autoctonia" (cioè sulla esclusività o preferenza o priorità nell'assegnazione ed erogazione dei benefici sociali alle persone residenti da lungo tempo nel territorio nazionale e regionale) e di "consanguineità" (la preferenza nell'accesso agli istituti di welfare ai discendenti di emigranti dal territorio dell'odierno FVG che hanno inteso stabilire la loro residenza nel FVG:  solitamente trattasi di  discendenti anche di terza o quarta generazione di emigranti che hanno lasciato il Friuli tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento per recarsi in Paesi del Sud America e che hanno conservato o possono riacquistare la cittadinanza italiana in base al principio dello jus sanguinis).

A tale riguardo, la Commissione europea sottolinea nella lettera di messa in mora che «tali disposizioni regionali in forza delle quali l'accesso agli alloggi di edilizia pubblica e a diverse misure di politica familiare sono subordinati ad un determinato numero di anni di presenza sul territorio nazionale e/o regionale costituiscono una discriminazione nei confronti dei soggiornanti di lungo periodo che risiedono abitualmente nel territorio italiano, in violazione dell'articolo 11 paragrafo 1, lettere d) e f)». Infatti, secondo la Commissione, «tale requisito è più facile da soddisfare per i cittadini italiani, tanto più che è stata prevista una deroga specifica per i corregionali all'estero e i loro discendenti che abbiano ristabilito la loro residenza in regione» per cui «tale norma equivale ad imporre ai soggiornanti di lungo periodo un ulteriore requisito correlato alla durata del soggiorno in Italia per beneficiare dei diritti di cui all'art. 11 della direttiva, nonostante tali diritti derivino direttamente dal permesso di soggiorno di lungo periodo e vadano direttamente concessi al titolare del permesso di soggiorno».

Nel corso del mese di marzo 2011, la Regione F.V.G. ha ricevuto dal Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie presso la  Presidenza del  Consiglio dei Ministri un'ulteriore richiesta di informazioni dalla Commissione europea dd. 25 febbraio 2011, volta a verificare la compatibilità delle normative regionali in materia di welfare (inclusa quella sull'assegno di natalità) con la direttiva n. 2004/38/CE in materia di libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea. In tale missiva della Commissione europea, inviata nell'ambito del sistema di comunicazione EU-Pilot,  viene precisato che, secondo la giurisprudenza costante della Corte di Giustizia europea, le norme relative alla parità di trattamento previste dal diritto UE "vietano non solo le discriminazioni palesi, in base alla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che fondandosi su altri criteri di distinzione, pervenga in effetti al medesimo risultato". La Commissione europea, dunque puntualizza, che i requisiti di residenza previsti dalle leggi regionali in materia di welfare risultano contrarie alle disposizioni contenute nell'art. 24 della direttiva n. 2004/38/CE, in quanto appaiono più facili da soddisfare per i cittadini italiani rispetto ai cittadini migranti dell'UE (in proposito si veda Commissione europea, direzione generale giustizia, Direzione C: diritti fondamentali e cittadinanza dell'Unione, Richiesta di informazioni EU-Pilot su presunte violazioni della direttiva 2004/38/CE da parte dell'Italia, lettera a firma di Aurel Ciobanu- Dordea dd. 25 febbraio 2011).

Nella seduta  svoltasi il 17 giugno scorso, la giunta regionale del FVG, su proposta dell'Assessore regionale con delega per le politiche familiari, Roberto Molinaro (UDC), ha approvato un disegno di legge di modifica della normativa regionale in materia di accesso alle prestazioni sociali (allegato alla generalità n. 1160), che, se approvata dal  consiglio regionale, sostituirebbe gli attuali e disparati requisiti di anzianità di residenza in Italia e nel FVG previsti dalla legislazione vigente, con un requisito unico di anzianità di residenza biennale nel territorio regionale del FVG per i cittadini italiani, quelli di altri Paesi membri dell'UE, i titolari di permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti e i rifugiati politici o titolari della protezione sussidiaria, ed, in aggiunta a questo, un requisito di anzianità di residenza quinquennale in Italia per i cittadini di Paesi terzi non membri dell'UE titolari di permesso di soggiorno ordinario.

L'ASGI ritiene che tale disegno di legge non sia in grado di superare i rilievi di contrasto con il diritto dell'Unione europea e presenti evidenti  profili di incostituzionalità. La previsione di un requisito di anzianità di residenza biennale nel territorio regionale, pur ampliando in maniera inaccettabile la proporzione di cittadini nazionali provenienti da altre regioni italiane cui verrebbe pure  negato l'accesso alle prestazioni di welfare,  continuerebbe a colpire in misura proporzionalmente maggiore i cittadini provenienti da altri  Stati membri dell'UE che esercitano il diritto alla libera circolazione, con ciò continuando a determinare una discriminazione indiretta o dissimulata nei loro confronti. Ugualmente,  il requisito di residenza biennale in Regione verrebbe di fatto ad introdurre, nei confronti dei cittadini dell'Unione europea che esercitano la libera circolazione insediandosi nel FVG, una limitazione nell'accesso alle prestazioni di assistenza sociale,  ben oltre il limite temporale  di tre mesi consentito dalla direttiva n. 2004/38/CE (art.  24 c. 2).

L'ASGI sottolinea, inoltre, come ridurre la durata del termine di anzianità di residenza richiesto ai fini dell'accesso a prestazioni di assistenza sociale, non è sufficiente per  rendere compatibili tali misure con il diritto UE.  Si ricorda infatti, a solo titolo di esempio, che nella causa Commissione c. Lussemburgo, ( C-111/91, sentenza 10.03.1993), la Corte di Giustizia europea ha ritenuto contraria al diritto UE una disposizione normativa del Principato del Lussemburgo,  dove si prevedeva, ai fini dell'erogazione di un assegno di natalità, il requisito di anzianità di residenza di un solo anno antecedente alla nascita.  La Corte di Giustizia ha concluso che tale requisito, potendo essere più facilmente soddisfatto da una cittadina lussemburghese piuttosto che da una cittadina di altro Stato membro, costituiva una disparità di trattamento indirettamente discriminatoria, non giustificata da scopi legittimi e pertanto contraria al principio di libertà di circolazione e di non discriminazione nella fruizione di vantaggi sociali di cui all'art. 7 c. 2 del Regolamento n. 1612/68 e all'art. 52 del TCE.

Ugualmente, se il DDL della giunta regionale del FVG approvato il 17 giugno scorso venisse approvato in aula,  anche ai rifugiati e ai titolari della protezione sussidiaria residenti nella Regione FVG verrebbe impedito per i primi due anni di permanenza in Regione l'accesso a prestazioni di welfare importanti per la loro inclusione sociale, con ciò determinando una evidente discriminazione  indiretta nei loro confronti incompatibile con le finalità del principio  di parità di trattamento sancito  dal considerando n. 33 della direttiva n. 2004/83, dove si afferma che: "Per scongiurare soprattutto il disagio sociale, è opportuno offrire ai beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria, senza discriminazioni nel quadro dei servizi sociali, assistenza sociale e mezzi di sostentamento adeguati".

L'ASGI ritiene, pertanto, che una siffatta riforma della normativa regionale  sul welfare, non sarà in grado di convincere  la Commissione europea ad archiviare le procedure di infrazione del diritto UE .

Al di là dei profili di contrasto con il diritto UE, l'ASGI ritiene che il disegno di legge approvato dalla Giunta regionale del FVG, estendendo la possibilità  che  cittadini italiani o stranieri, sebbene residenti nel FVG,  possano soffrire dell'esclusione da benefici di welfare in base al criterio di anzianità di residenza biennale in Regione,  sia  del tutto incompatibile con i principi costituzionali di eguaglianza e ragionevolezza.

Già con la sentenza n. 40/2011,   la Corte costituzionale italiana  ha rilevato che la normativa del F.V.G., che aveva previsto l'esclusione di intere categorie di persone dal sistema integrato dei servizi sociali, per il  difetto del possesso della cittadinanza europea, ovvero per la  la mancanza di una residenza temporalmente protratta in Regione  per almeno trentasei mesi, non risultava rispettosa del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, in quanto introduceva, in violazione del limite di ragionevolezza, elementi di distinzione arbitrari per la fruibilità di provvidenze che, per loro natura, non tollerano distinzioni basate né sulla cittadinanza, né su particolari tipologie di residenza, in quanto destinate a finalità di inclusione sociale ovvero alla tutela di valori universalistici quali ad esempio il sostegno ai minori, alla famiglia e  alla funzione genitoriale.  Secondo la Corte Costituzionale, l'irragionevolezza della previsione consisteva nel fatto che  essa era volta ad escludere proprio coloro che risultavano i soggetti più esposti alle condizioni di bisogno e di disagio che il  sistema integrato di prestazioni e dei  servizi si proponeva di superare perseguendo una finalità eminentemente sociale.

E' evidente che quanto affermato  dalla Corte Costituzionale, sebbene riferito alle norme allora approvate dal legislatore regionale, ha una valenza generale ed immanente, e suscettibile di trovare nuova applicazione  nel caso in cui il legislatore regionale del FVG volesse persistere in una produzione normativa discriminatoria.

Ugualmente, presenta evidenti profili di contrasto con la giurisprudenza costituzionale la previsione di un trattamento differenziato tra cittadini italiani, UE e lungo soggiornanti da un lato e cittadini extracomunitari titolari di permesso di soggiorno ordinario dall'altro, con una disparità di trattamento sfavorevole per i secondi, per i quali verrebbe richiesto il requisito addizionale dell'anzianità di residenza quinquennale in Italia.  La Corte Costituzionale,  in numerose pronunce, ha chiarito come non possano ritenersi conformi ai principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza distinzioni di trattamento tra italiani e stranieri regolarmente residenti nell'accesso a   benefici sociali incidenti su diritti sociali fondamentali quali quello all'abitazione ovvero al sostegno alla famiglia e ai minori, o ai soggetti disabili,  e questo in relazione anche ad evidenti profili  di contrasto con norme di diritto internazionale inerenti al sistema dei diritti umani, quali quelle contenute nella Convenzione europea dei diritti dell'Uomo e nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (si ricordano in proposito le pronunce della Corte Costituzionali  n. 306/2008, n. 11/2009, n. 285/2009, n. 187/2010, n. 61/2011).

Il disegno di legge approvato dalla Giunta regionale del FVG nella seduta del 17 giugno 2011 è pertanto chiaramente incompatibile con la Costituzione italiana, tanto che nella relazione introduttiva al medesimo si legge come lo stesso  Segretario generale della Regione indichi possibili profili di incostituzionalità nel trattamento differenziato e sfavorevole previsto per i cittadini di Paesi terzi non membri dell'UE muniti di permesso di soggiorno ordinario.



a cura del servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose.  Progetto ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.