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10.04.2011
 
Corte di Cassazione: Spetta al giudice ordinario la competenza in relazione alle denunce di atti discriminatori proibiti dal diritto discriminatorio italiano ed europeo, anche se compiuti nell’ambito di concorsi pubblici
 

La Corte di Cassazione, sez. unite civili, con la sentenza n. 7186/11 dd. 18.01.2011 (depositata il 30 marzo 2011), ha respinto il ricorso inoltrato dall'Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano volto a far dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore di quello amministrativo e contestualmente a far revocare l'ordinanza cautelare emanata dal collegio del Tribunale di Milano il 31.07.2008, che aveva accertato il carattere discriminatorio del provvedimento con il quale l'Azienda Ospedaliera aveva escluso i cittadini di Paesi terzi non membri dell'Unione europea dalla procedura di stabilizzazione del personale infermieristico sino ad allora impiegato a tempo determinato. Tale esclusione era stata impugnata dalle organizzazioni sindacali CGIL e CISL Funzione Pubblica di Milano che avevano promosso l'azione giudiziaria anti-discriminazione per tutelare le posizioni soggettive e gli interessi degli infermieri extracomunitari regolarmente residenti in Italia con permesso di soggiorno ex art-. 27 del d.lgs. n. 286/98.

Secondo la Corte di Cassazione, la chiarezza del dettato normativo di cui agli art. 44 d.lgs. n. 286/98 e art. 4 del d.lgs. n. 215/2003, come modificato dalla L. 101/08 di conversione del D.L. n. 59/08, non consente dubbi nell'attribuire al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla tutela contro gli atti e i comportamenti ritenuti lesivi del principio di parità, negli ambiti e campi di applicazione riferiti dalle normative medesime, anche con riferimento ad atti e comportamenti messi in atto dalla Pubblica Amministrazione, incluse le procedure concorsuali. La Corte di Cassazione rammenta, peraltro, che l'attribuzione della competenza giurisdizionale al giudice ordinario  è imposta dalla natura delle situazioni soggettive tutelate correlate al diritto fondamentale all'uguaglianza, avente fondamento costituzionale (art. 3 Cost.) e nel sistema internazionale dei diritti umani.

In altri termini, l'azione giudiziaria anti-discriminazione di cui all'art. 44 del d.lgs. n. 286/98 è stata individuata dal legislatore  come modello processuale tipico e sovrano per le discriminazioni, rimedio speciale in tutti i casi in cui venga impugnato l'atto in quanto comportamento discriminatorio, senza che abbia rilevanza alcuna se l'asserita discriminazione sia stata compiuta da privati o dalla P.A. ovvero incida su posizioni giuridiche qualificabili come diritto soggettivi o interessi legittimi. L'azione giudiziaria anti-discriminazione dinanzi al giudice ordinario trova applicazione anche quando il comportamento asseritamente discriminatorio abbia riguardato un procedura di tipo concorsuale. L'attribuzione della competenza al giudice amministrativo ai sensi dell'art. 64 c. 4 del d.lgs. n. 215/2003 nel caso di controversie relative a  procedure concorsuali può valere dunque a livello generale, ma non può estendersi nei casi in cui il ricorrente ritenga che nella procedura concorsuale sia stato leso il  proprio diritto alla parità di trattamento e alla non-discriminazione. L'unica eccezione a detta ripartizione della giurisdizione è la  situazione prevista dallo stesso legislatore all'art.  4 c. 8 del d.lgs. n. 216/2003 che ha fatto salva la giurisdizione del giudice amministrativo per il personale di cui all'art. 3 comma 1 del d.lgs. n. 165/2001 ( i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia) anche in relazione ad asserite violazioni del divieto di discriminazioni in materia di occupazione e di condizioni di lavoro per uno dei motivi previsti dalla direttiva europea n. 2000/78.

Il giudice di legittimità conferma e consolida dunque il proprio orientamento giurisprudenziale, già delineato recentemente con la sentenza n. 3670/11 dd. 15.02.2011, con la quale aveva respinto il regolamento di giurisdizione proposto dal Comune di Brescia nel noto procedimento giudiziario relativo al bonus bebè. Viene confermata anche la giurisprudenza della Suprema Corte (n. 6172/2008 e n. 27187/07) circa la natura cautelare  del procedimento di cui all'azione giudiziaria anti-discriminazione prevista dall'art. 44 del T.U. imm., con conseguente possibilità per le parti - una volta che il procedimento cautelare sia venuto ad esaurimento con la decisione relativa al reclamo avverso alla decisione del giudice di prime cure- di avviare il giudizio di merito. Quest'ultimo, tuttavia, non potrà che spettare nuovamente al giudice ordinario, facendo il medesimo sempre riferimento alla tematica dell'asserita discriminazione quale diritto fondamentale della persona. La Corte di Cassazione, infatti,  sottolinea come  costituirebbe "una palese anomalia sistematica ammettere la possibile attribuzione al giudice amministrativo del giudizio di merito, con l'interruzione del nesso tra giudizio cautelare, finalizzato ad assicurare interinaimente o ad anticipare gli effetti del giudizio di merito, e quest'ultimo".


Si ringrazia per la segnalazione l'Avv. Alberto Guariso del Foro di Milano.

A cura del servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose. Progetto ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.