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14.02.2011
 
Fuga dalla Tunisia - Dietro l’"emergenza umanitaria" ancora violazioni dello stato di diritto
 
Come si doveva prevedere, dopo le pressioni italiane sulla Tunisia, è stata respinta la proposta di Maroni che voleva inviare militari italiani anche in quel paese per impedire le partenze, una proposta respinta al mittente con la dichiarazione che la Tunisia respinge «qualunque ingerenza nei suoi affari interni». Ed oggi il ministro degli esteri Frattini sarà a Tunisi. Intanto l'esercito e la marina tunisina hanno tentano di riprendere il controllo delle coste e le conseguenze non sono mancate. Secondo una fonte araba proveniente dal web, oltre trenta morti, questa notte, per uno speronamento da parte di una motovedetta tunisina che ha cercato di bloccare un imbarcazione che stava facendo rotta verso l'Italia. Un altro speronamento,da parte di una motovedetta tunisina, camuffato da incidente, si era verificato nei giorni scorsi, con un morto ed un disperso nel golfo di Gabes. E ieri quattro cadaveri trovati su un gommone alla deriva al largo di Sfax, città vicina al confine con la Libia. Non si sa ancora nulla intanto di altri due barconi avvistati nella giornata di domenica, poco prima che facesse buio, che sono ancora alla deriva nel Canale di Sicilia, se non sono affondati. E il tempo sta peggiorando rapidamente. Se continuano le pressioni per impedire le partenze dalla Tunisia, o peggio per bloccare i barconi in alto mare, sarà strage. Occorre aprire canali umanitari per coloro che richiedono protezione internazionale e garantire il pieno rispetto delle convenzioni internazionali che salvaguardano la vita in mare. Basta con i respingimenti collettivi ed i pattugliamenti congiunti. Ma soprattutto occorre riattivare il circuito delle reti di assistenza ed accoglienza, colpevolmente abbandonate, riaprire canali di ingresso legale per lavoro e regolarizzare coloro che sono costretti da anni al lavoro nero ed allo sfruttamento servile. Bisogna sottrarre la mobilità umana al controllo delle organizzazioni criminali, per aiutare veramente i paesi di emigrazione, e garantire sicurezza e coesione sociale in Italia ed in Europa.


FUGA DALLA TUNISIA–LE RESPONSABILITA' DEL GOVERNO ITALIANO – DIETRO LO STATO DI EMERGENZA “UMANITARIA” ANCORA VIOLAZIONI DELLO STATO DI DIRITTO.

Continuano nelle isole siciliane, seppure a ritmo più lento, gli arrivi di migranti in fuga dalla Tunisia e non è facile prevedere quando questa nuova ondata di “sbarchi” avrà fine. Dopo anni di blocco di qualsiasi possibilità di partenza da quel paese, anche per la chiusura di tutti i canali di ingresso legale in Italia, migliaia di tunisini attendevano la possibilità di lasciare il loro paese, un paese che le democrazie occidentali hanno lasciato per decenni nelle mani di un regime dittatoriale e corrotto, che ha impoverito la popolazione ed ha fatto prosperare soltanto gli affari della cricca di Ben Ali e dei suoi amici, italiani e francesi in testa.

Le migliaia di migranti arrivati in questi giorni in Sicilia costituiscono la prova inconfutabile del fallimento delle politiche di esternalizzazione dei controlli di frontiera con le quali l'Italia si è proposta all'Europa come mediatrice, anche con i peggiori dittatori africani, per bloccare i migranti, e tra questi anche molti potenziali richiedenti asilo, prima che potessero raggiungere le nostre coste. Non appena sono caduti i fidati alleati che contribuivano ad arrestare ed a internare i migranti nei paesi del Maghreb, le partenze sono riprese, e non è stato più possibile nasconderle come si era tentato di fare nei mesi scorsi, quando si avvertivano già le prime avvisaglie dell'attenuazione dei controlli di frontiera. Se i tentativi di instaurare la democrazia in quei paesi falliranno, e le responsabilità potrebbero essere in gran parte europee, allora veramente ci troveremmo di fronte ad un “esodo biblico”. In Tunisia esiste ancora il reato di immigrazione clandestina e sarebbero centinaia i migranti arrestati in questi giorni prima della loro partenza verso la Sicilia. La loro sorte e quella di coloro che potrebbero essere rimpatriati dall'Italia è legata ai fragili equilibri tra governo, esercito e polizia in quel paese.

Dopo i primi tentativi di negare l'evidenza, gli sbarchi erano ripresi già nel mese di gennaio, Maroni ha prontamente evocato l'emergenza terrorismo, senza avere neppure lo straccio di una prova in mano, ma al chiaro fine di allarmare l'opinione pubblica per giustificare misure ancora più drastiche, come quelle già annunciate, la proliferazione dei centri di detenzione amministrativa. Il ministro ha annunciato anche un decreto legge per neutralizzare quei giudici che applicano ancora la Costituzione, e rispettano le normative comunitarie, come la Direttiva sui rimpatri, che dovrebbero garantire quei diritti fondamentali che la legge Bossi-Fini e le prassi delle autorità di polizia negano ogni giorno di più. Adesso è stato costretto a parlare di “emergenza umanitaria”, ma la sostanza non cambia, quando gli si offre un palcoscenico ed un giornalista ossequioso, conviene fare pratica di buonismo, anche al ministro della paura. Intanto le vittime di questa emergenza umanitaria stanno finendo tutti nei centri di detenzione amministrativa, in condizioni disumane, persino in tende montate all'ultimo momento. Ancora una volta l'accoglienza dietro le sbarre ma all'aperto, in pieno inverno. In queste condizioni i CIE italiani che già da mesi sono caratterizzati da tentativi di fuga ed atti di autolesionismo, rischiano di diventare una polveriera. I più “fortunati”, vengono rimessi in libertà alla chetichella, nei CIE italiani non c'entra più nessuno, e proseguono il loro viaggio verso l'Europa, condannati alla clandestinità, verso la Francia in particolare, dove molti hanno parenti ed amici.

L'Italia, che reclama oggi gli aiuti comunitari, è stata alla guida dei paesi europei che hanno spinto maggiormente per politiche di sbarramento nei confronti dei migranti e per la riduzione sostanziale delle possibilità di ingresso per i richiedenti asilo. Nulla è stato fatto dal governo italiano, come dal resto dell'Unione Europea, per aprire canali di ingresso legale, favorire la mobilità delle persone ed aiutare la transizione verso la democrazia nei paesi maghrebini. Tutti hanno guardato soltanto ai propri interessi di bottega. Adesso non ci si deve stupire che nessuno in Europa, come in Italia, conosca più il termine solidarietà e che la “suddivisione degli oneri” derivanti dagli ultimi arrivi di massa, e dai tanti che richiedono protezione internazionale, ottenga soltanto risposte burocratiche come quelle che Maroni ha ricevuto dalla Commissaria agli affari interni dell'UE Cecilia Malmstrom.

Si è giunti al punto che l'Italia sta ancora proponendo, anche con la Tunisia, la politica dei respingimenti collettivi che è stata attuata nelle acque del Canale di Sicilia dopo gli accordi del 2007 e del 2008 con la Libia. Lunedì 14 febbraio Frattini è in missione a Tunisi anche per questo. Maroni addirittura vorrebbe voluto attribuire a Frontex, l'Agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne, il pattugliamento delle coste tunisine per respingere i migranti che cercano di raggiungere la Sicilia, proprio mentre Malta intanto ha fatto sapere che non intende partecipare più alle operazioni congiunte delle pattuglie miste europee né fornire ai mezzi militari dell'Unione Europea le sue basi navali, come in passato. ''L'Italia – secondo una nota del minstro - chiede il dispiego immediato di una missione Frontex per le attivita'di pattugliamento e intercettazione nell'area al largo delle coste della Tunisia per il controllo dei flussi”. Maroni dovrebbe sapere, e far sapere all'opinione pubblica che il Parlamento Europeo e la Commissione Europea, proprio dopo lo scandalo dei respingimenti collettivi effettuati nel 2009 dall'Italia verso la Libia, hanno stabilito nuove regole di ingaggio per i pattugliamenti di Frontex che, anche in acque internazionali, devono garantire il rispetto dei diritti fondamentali della persona umana, regole che escludono i respingimenti collettivi in mare soprattutto nel caso di potenziali richiedenti asilo, o soggetti vulnerabili come donne e bambini.

L'ultima proposta, quella più oscena che è venuta alla mente del ministro della paura, consiste nell'invio di militari italiani in Tunisia per impedire le partenze dei migranti dalle spiagge di quel paese. Un idea che dà la misura della pericolosità di un ministro che pensa soltanto al ventre grasso della sua base elettorale e che ha già dimostrato in innumerevoli occasioni di avere uno sprezzo totale per la dignità e la vita dei migranti. «Chiederò al ministro degli Esteri tunisino l'autorizzazione per i nostri contingenti a intervenire in Tunisia per bloccare i flussi: il sistema tunisino è al collasso», ha sostenuto Maroni. Peccato per Maroni che il ministro degli Esteri tunisino Ahmed Ounaies, uno dei più fidati compari di Ben Alì abbia rassegnato le dimissioni. Ounaies era assente dal ministero dallo scorso 7 febbraio, quando alcuni funzionari avevano manifestato davanti alle sede del ministero chiedendo le sue dimissioni dopo la sua visita in Francia su un aereo presidenziale, proprio nel periodo nel quale le proteste si stavano avvicinando alla capitale. E non è mancata la risposta tranciante di un rappresentante del governo tunisino che ha respinto «qualunque ingerenza negli affari interni del suo paese». Domenica, sul canale satellitare Al-Arabiya, Taïeb Baccouche, portavoce del governo tunisino ha giudicato "inacceptable" l'idea di Maroni di impegnare in Tunisia militari italiani per bloccare le partenze dei migranti . "Le peuple tunisien refuse le déploiement de soldats étrangers sur son territoire", ha replicato Baccouche, aggiungendo che il controllo delle coste tunisine "relève de la compétence des autorités tunisiennes". Non solo, ma il rappresentante tunisino ha deplorato le proposte di Maroni, aggiungendo che non sono certo inattese, proveniendo da un ministro che appartiene a "l'extrême droite raciste".

Maroni ha riaperto anche il fronte interno della guerra ai migranti. «Quanto alle decisioni di alcune procure, che stanno applicando una direttiva Ue che rende di fatto inefficaci i fermi dei clandestini da parte delle forze dell'ordine - osserva il ministro - ne penso tutto il male possibile. Per questo sto preparando un provvedimento urgente per dare interpretazione corretta a questa direttiva che - sottolinea Maroni - non è quella che stanno dando alcune procure». Evviva la indipendenza della magistratura e la separazione dei poteri, principi cardine di uno stato di diritto. Evidentemente il ministro vuole sfruttare la nuova emergenza - che le scelte di sbarramento ed i ritardi del suo governo hanno contribuito a produrre- per intervenire con decreti d'urgenza contro i numerosi provvedimenti dei magistrati che, dopo la scadenza del termine di attuazione della Direttiva sui rimpatri e le ultime sentenze della Corte Costituzionale, stanno disapplicando il reato di immigrazione clandestina. In questo modo sta per essere fortemente ridimensionato l'apparato processual-penalistico di stampo apertamente discriminatorio che a partire dalla Bossi-Fini, malgrado ripetuti interventi della corte costituzionale, era stato ritenuto – come i fatti dimostrano a torto- un utile deterrente contro l'immigrazione “clandestina”. Ma si sa, per il ministro, come per Berlusconi, anche i giudici della Corte costituzionale sono dei pericolosi sovversivi. Ormai il governo italiano ha ampiamente dimostrato in tutti i campi di non tenere alcun conto della Costituzione e delle Direttive Comunitarie, quando queste riconoscono i diritti fondamentali delle persone e non forniscono comodi alibi per sdoganare le peggiori pratiche di allontanamento forzato e di detenzione amministrativa.

L'Italia di Berlusconi ha appoggiato fino all'ultimo la dittatura di Ben Alì ed il suo sistema di potere e di corruzione, che non è stato ancora smantellato del tutto, e dal quale probabilmente fuggono coloro che per anni ne sono stati vittima. Sino a pochi giorni fa autorevoli rappresentanti del governo italiano hanno auspicato la prosecuzione del regime tunisino e di quello egiziano, anche se per “favorire la transizione”. Con quali interlocutori si pensa oggi di stabilire nuove relazioni internazionali? E adesso si vorrebbero mandare i militari italiani a ristabilire l'ordine sulle coste tunisine. Con quali poteri, con quale armamento? L'ennesima proposta demagogica di un governo che non sa più cosa inventare per respingere i migranti, ma sa benissimo come sollecitare i peggiori istinti della popolazione per salvaguardare il consenso elettorale. E quanto sia valutata l'Italia di Berlusconi, Frattini e Maroni in ambito europeo sul piano del rispetto dei diritti fondamentali dei migranti lo confermano numerose sentenze di condanna subite dalla Corte Europea dei diritti dell'Uomo, ed altre condanne potrebbero arrivare, per i respingimenti collettivi del 2008 verso la Libia e per i respingimenti altrettanto collettivi di migranti alle frontiere portuali dell'Adriatico verso la Grecia, respingimenti che continuano ancora oggi.

In Germania altri giudici, sui quali Maroni ed Alfano non potranno certo intervenire, hanno recentemente dichiarato che l'Italia non è un paese sicuro per i richiedenti asilo ed hanno sospeso i trasferimenti verso il nostro paese, in base alla Convenzione di Dublino, di quei migranti che erano già transitati sul nostro territorio, prima di fuggire verso altri paesi più ospitali. Esattamente come si propongono di fare molti dei tunisini giunti in questi giorni sulle nostre coste. Se l'Italia e l'Europa proseguiranno con la loro politica di sostegno di tutti le dittature che nel mondo si impegnano a sbarrare la strada ai migranti in fuga, come hanno fatto così bene con Gheddafi e con Moubarak, potranno certo conseguire successi immediati, come si è verificato con il blocco degli arrivi dalla Libia, ma nel medio periodo potranno andare incontro ad una serie di “esodi biblici” che faranno dimenticare persino gli ultimi arrivi di questi giorni a Lampedusa.

La politica dell'egoismo e della chiusura non produce convivenza, legalità, rispetto reciproco, il proibizionismo delle migrazioni arricchisce le organizzazioni criminali che lucrano sulla pelle dei migranti. Anche se Maroni lo ha negato per opportunismo politico, le organizzazioni criminali hanno già fiutato il business dei viaggi della speranza dalla Tunisia verso l'Italia. Le reti criminali ancora assai ramificate e riescono ad inserirsi anche nei meccanismi, sempre più complicati, delle regolarizzazioni e dei decreti flussi.

Dopo la “quasi accoglienza” all'addiaccio, sulla banchina di un molo o all'interno di un campo di calcio, a Lampedusa in questi giorni, una volta completate le procedure di identificazione nei CIE e nelle tante strutture temporanee utilizzate dopo la dichiarazione dello stato di emergenza, potrebbe succedere di tutto. La situazione nel CIE di Lampedusa, perchè di questo si tratta, appena riaperto è al limite della sommossa. E' ancora forte il rischio di respingimenti collettivi, di espulsioni in contrasto con la direttiva comunitaria sui rimpatri, e soprattutto di detenzione amministrativa senza difesa legale ed in condizioni disumane o degradanti. Su tutte queste vicende occorrerà dispiegare la massima capacità di intervento, con l'accelerazione dei trasferimenti dei tunisini appena arrivati in veri centri di accoglienza, a partire dalla richiesta che tutti coloro che arrivano oggi in Italia siano destinatari di procedure individuali, e che tutti possano fare valere le loro ragioni. Se i giovani che oggi arrivano dalla Tunisia, dopo avere sperimentato i primi spiragli della democrazia, fossero rinchiusi nei CIE e trattati come i loro connazionali che nel dicembre del 2008 arrivavano da quel paese dopo la repressione della rivolta di Redeyef, tutti o quasi respinti nei mani dei loro torturatori, allora la situazione nei centri di detenzione amministrativa italiani, come il centro di Torino in via Brunelleschi, dove sono stati già trasferiti i primi 50 tunisini provenienti da Lampedusa, potrebbe diventare davvero incontrollabile. Nessuno di loro avrebbe fatto richiesta di asilo politico.

Lo scorso anno abbiamo visto a Rosarno come il governo ha rapidamente mutato atteggiamento, trasformando le vittime della pulizia etnica in clandestini e sottoponendoli a pratiche di espulsione collettiva, e poi a lunghi mesi di detenzione amministrativa, che fortunatamente i giudici di Bari hanno saputo bloccare. Oggi bisogna impedire che l'emergenza “umanitaria” proclamata dal governo, in poche settimane, possa trasformarsi in una gigantesca espulsione di massa. Anche se appare evidente che gli accordi di riammissione andranno tutti rinegoziati. Le rimesse degli emigrati costituiranno ancora per lungo tempo un importante fonte di integrazione dei bilanci delle famiglie tunisine ed egiziane. E saranno in tanti che, una volta assaporato il gusto della libertà, vorranno provare a venire in Europa, magari per un breve periodo, per rientrare poi in patria. Anche se non in modo massiccio come in questi giorni, i movimenti di migranti attraverso il Mediterraneo non potranno che aumentare. Non si può continuare ad affrontare questa nuova situazione limitandosi a misure meramente repressive o a pratiche di respingimento collettivo.

La criminalizzazione “a tempo” degli immigrati, imposta dalle nostre leggi e da prassi amministrative orientate sempre in senso restrittivo, al limite di negare la dignità delle persone, malgrado gli interventi della giurisprudenza, avranno effetti devastanti sull'intero tessuto sociale. Ogni giorno che passa con questi uomini al governo in Italia, con questi ministri della paura, si tradurrà in anni di conflitto che non sarà facile sradicare dalle nostre società. Di questo dovremmo avere tutti veramente paura anche se oggi, in televisione, Maroni ha fatto sfoggio di buonismo.

Si ringrazia il dott. Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo