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08.02.2011
 
Il Comune di Tradate (Varese) ottempera alle ordinanze anti-discriminazioni del Tribunale di Milano e paga il bonus bebč agli stranieri che ne erano rimasti esclusi
 

Come riportato dalla stampa locale (vedi articolo sul periodico "La settimana" dd. 04/02/2011), il Comune di Tradate (Varese) ha dato seguito all'ordinanza del Tribunale di Milano del 29 settembre 2010, con la quale era stato confermato il carattere discriminatorio del comportamento dell'ente locale che aveva assegnato un contributo economico di natalità pari a 500 euro per ogni nuovo nato iscritto all'anagrafe, riservandolo tuttavia ai soli genitori entrambi di nazionalità italiana. Il Tribunale di Milano, accogliendo il ricorso promosso da alcune associazioni, tra cui l'ASGI, aveva dunque ordinato al Comune di Tradate di rimuovere la discriminazione collettiva a danno dei cittadini stranieri,  provvedendo al pagamento del bonus bebè in relazione a tutti i  neonati iscritti all'anagrafe dal 2007 in poi senza discriminazioni fondate sulla nazionalità.

Con delibera n. 55 del 28.09.2007, il Comune di Tradate aveva infatti introdotto un beneficio sociale di natalità pari a 500 euro a favore di ciascun neonato iscritto all'anagrafe del comune  purchè entrambi i genitori abbiano la cittadinanza italiana e almeno uno dei genitori sia residente nel Comune di Tradate da almeno cinque anni. Il Comune di Tradate aveva addirittura istituito una "festa del bambino"  per celebrare, anche simbolicamente,  tale iniziativa discriminatoria.

Contro l'ordinanza del Comune di Tradate, ASGI, Associazione Farsi Prossimo ONLUS e Avvocati per Niente ONLUS avevano presentato un'azione anti-discriminazione ex art. 44 del T.U. immigrazione. In primo grado,  il giudice del lavoro di Milano aveva accolto parzialmente l'istanza, disponendo la rimozione della parte della delibera  che condiziona l'erogazione del bonus bebè alla cittadinanza italiana di entrambi i genitori e l'affissione dell'ordinanza nei locali comunali. Tuttavia,  le associazioni promotrici avevano ugualmente presentato reclamo sostenendo che il giudice di primo grado non aveva pienamente utilizzato le prerogative previste dall'art. 44 del TU imm. volte a consentirgli di rimuovere completamente gli effetti della discriminazione, poiché la rimozione completa avrebbe dovuto prevedere l'erogazione del bonus a tutti i neonati iscritti all'anagrafe dal 2007 in poi, con effetti dunque anche retroattivi.

Il Comune di Tradate  aveva invece presentato reclamo contro l'ordinanza di primo grado, sostenendo che l'iniziativa dell'amministrazione comunale doveva ritenersi legittima perché non incidente in un diritto fondamentale e perché rispondente - secondo la memoria  di reclamo- ad un interesse di politica demografica volto a contrastare "la morte dei popoli europei" e conseguentemente delle rispettive "culture europee". Considerazioni dunque palesemente razziste per cui una politica demografica di sostegno alle nascite e alla genitorialità non dovrebbe rivolgersi all'intera popolazione residente ma solo alla popolazione etnicamente di maggioranza e autoctona.  Il Comune di Tradate aveva inoltre sostenuto l'illegittimità ad agire delle associazioni promotrici del ricorso.

Il collegio giudicante del Tribunale di  Milano aveva respinto tutte le argomentazioni del Comune di Tradate.

Con l'ordinanza del 29 settembre 2010, il collegio del tribunale di Milano ha innanzitutto affermato la piena legittimità ad agire delle associazioni promotrici, trattandosi di un caso di discriminazione collettiva ove le vittime non sono immediatamente individuabili ed essendo le associazioni iscritte negli appositi elenchi previsti dalla normativa vigente. Il collegio giudicante di Milano ha inoltre sostenuto la piena applicabilità tanto delle norme anti-discriminazione contenute nel T.U. immigrazione, quanto di quelle della normativa di recepimento della direttiva europea "razza" (n. 2000/43), ovverosia il d.lgs. n. 215/2003, sebbene  quest'ultima si riferisca esclusivamente alle discriminazioni su base etnica o razziale, e non su base di cittadinanza.  Questo sulla base del principio di non-regresso previsto dalla stessa direttiva comunitaria, per cui l'attuazione della normativa comunitaria in materia non può essere motivo di regresso rispetto alla situazione preesistente in uno Stato membro (considerando n. 25 alla direttiva). Tale  principio è stato recepito  dal d.lgs. n. 215/2003 (art. 2 c. 2: "E' fatta salvo il disposto dell'art. 43 commi 1 e 2 del T.U. immigrazione", che contempla il divieto di discriminazioni illegittime su base di nazionalità e quindi a danno degli stranieri).

Infine il collegio giudicante di Milano ha ritenuto che la discriminazione operata dal Comune di Tradate non rispondesse ad alcun criterio di ragionevolezza, ma arbitrariamente mirava ad escludere dal beneficio gli stranieri in quanto tali, con ciò violando il principio di eguaglianza costituzionale, secondo i criteri interpretativi proposti dalla Carta costituzionale con la nota sentenza n. 432/2005.

Il collegio giudicante ha accolto il reclamo incidentale proposto dall'ASGI e dalle  altre associazioni, ritenendo che le prerogative offerte all'autorità giudiziaria dall'art. 44 del T.U. immigrazione di rimuovere completamente gli effetti della discriminazione, richiedevano di ordinare al Comune di Tradate di erogare l'assegno di natalità a favore di tutti i neonati, neo iscritti all'anagrafe dal 2007 in poi,  e dunque anche retroattivamente, a prescindere dal requisito discriminatorio di cittadinanza dei genitori, in quanto il Comune di Tradate non aveva previsto la necessità della presentazione di una  domanda ai fini dell'erogazione, ma questa avveniva automaticamente, dopo un'istruttoria effettuata ex ufficio dal Comune medesimo.

Il Comune  di Tradate era stato inoltre condannato al pagamento delle spese del procedimento giudiziario.

A cura del Servizio  di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose. Progetto ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.