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28.01.2011
 
Approdati alla Corte di Cassazione i ricorsi per regolamento di giurisdizione nelle cause giudiziarie anti-discriminazione
 

Sono approdati dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione i ricorsi  per regolamento di giurisdizione proposti nell'ambito di due procedimenti giudiziari anti-discriminazione. Il primo ricorso è proposto dall'Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano, nella causa anti-discriminazione avviata dalla CGIL di Milano contro la decisione dell'Azienda ospedaliera di escludere le infermiere extracomunitarie  dalle procedure di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato, in ragione della nota clausola di cittadinanza per l'accesso al pubblico impiego. Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 30 maggio 2008 aveva accolto il ricorso, affermando la propria giurisdizione ed ordinando all'Azienda ospedaliera di ammettere a dette procedure i dipendenti a tempo determinato di cittadinanza non comunitaria. Il Tribunale di Milano, investito del reclamo dell'Azienda, confermava l'ordinanza del giudice del lavoro con provvedimento del 31 luglio 2008. Con ricorso ex art. 414 c.p.c., l'Azienda promuoveva il giudizio di merito al fine di evitare il consolidamento del provvedimento cautelare e, in quella sede, eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e l'illegittimità delle ordinanze. Da qui la proposizione del regolamento di giurisdizione, col quale l'Azienda  ritiene che debba sussistere la giurisdizione del giudice amministrativo essendo la controversia relativa ad una procedura concorsuale con la conseguente applicabilità alla fattispecie dell'art. 63 comma 4 del d.lgs. n. 165/2001.

Il secondo ricorso è proposto dal Comune di Brescia, nella causa anti-discriminazione  avviata da tre cittadini stranieri e dall'ASGI contro la delibera del Comune di istituire un contributo economico (bonus bebè) in favore dei figli di cittadini italiani, escludendolo per i figli di cittadini extracomunitari. L'azione anti-discriminazione ha avuto esito favorevole, trovando accoglimento tanto in sede di primo grado dal giudice del lavoro del Tribunale di Brescia, quanto dal collegio giudicante del Tribunale di Brescia in sede di reclamo. A seguito dell'esaurimento del procedimento cautelare, il Comune di Brescia ha promosso il giudizio di merito, eccependo  il difetto di giurisdizione del Tribunale civile a favore di quello amministrativo.

In entrambi i casi, gli atti sono stati trasmessi alla Procura generale presso la Suprema Corte di Cassazione, affinché fornisca le proprie osservazioni in proposito, ai sensi dell'art. 375 c.p.c..

Rispettivamente in data 18 e 22 ottobre 2010, la Procura generale della Suprema Corte di Cassazione ha redatto tali osservazioni, proponendo il respingimento dei ricorsi affinché sia confermata la giurisdizione del giudice ordinario nelle azioni giudiziarie anti-discriminazione.

Secondo la Procura generale della Cassazione, i giudici che hanno deciso nei procedimenti cautelari in oggetto hanno correttamente inteso  che, a fronte  della precisa scelta del legislatore di introdurre nel nostro ordinamento la specifica forma di tutela contro i comportamenti  discriminatori per motivi etnici, razziali, religiosi, di orientamento sessuale, disabilità, per età, ecc. attraverso la disciplina degli art. 43 e 44 del d.lgs. n. 286/98 e dei successivi d.lgs. n. 215 e 216/2003, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario ogni qualvolta venga attivata un'azione giudiziaria mirante a garantire il rispetto del diritto alla non discriminazione, quale diritto soggettivo pieno ed assoluto.

In altri termini, l'azione giudiziaria anti-discriminazione di cui all'art. 44 del d.lgs. n. 286/98 è stata individuata dal legislatore  come modello processuale tipico e sovrano per le discriminazioni, rimedio speciale in tutti i casi in cui venga impugnato l'atto in quanto comportamento discriminatorio, senza che abbia rilevanza alcuna se l'asserita discriminazione incida su posizioni giuridiche qualificabili come diritto soggettivi o interessi legittimi, con l'unica eccezione della situazione prevista dallo stesso legislatore all'art.  4 c. 8 del d.lgs. n. 216/2003 che ha fatto salva la giurisdizione del giudice amministrativo per il personale di cui all'art. 3 comma 1 del d.lgs. n. 165/2001 anche in relazione ad asserite violazioni del divieto di discriminazioni in materia di occupazione e di condizioni di lavoro per uno dei motivi previsti dalla direttiva europea n. 2000/78.


Su tale approccio hanno convenuto dottrina e giurisprudenza.  In relazione a quest'ultima si possono contare decine di decisioni che hanno affrontato l'argomento nella direzione sopraindicata,  a partire da: Tribunale di Milano, ordinanza 21.03.2002 (la prima ordinanza che si è espressa in proposito e che contiene una esauriente disamina della questione) e fino a: Tribunale di Varese, ordinanza  2 dicembre 2010 (sulla ripartizione di competenze tra giustizia sportiva e azione anti-discriminatoria riguardo al diniego di tesseramento di un calciatore straniero).


Ai fini della discussione dei ricorsi di giurisdizione presentati dinanzi alla Corte di Cassazione, si è tenuta udienza in camera di consiglio in data 18 gennaio 2011. La decisione della Cassazione è attesa per le prossime settimane.


Si ringrazia per la segnalazione l'avv. Alberto Guariso del Foro di Milano.




A cura del Servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose. Progetto ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.