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21.12.2010
 
Nuovo rapporto di Amnesty International e appello alla Commissione europea e all'Italia
 

"È meglio morire in mare che tornare in Libia"
(Farah Anam, una donna somala arrivata a Malta nel luglio 2010 attraverso la Libia)
 
I migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo in fuga dalla persecuzione e dai conflitti armati vanno incontro alla tortura e al carcere a tempo indeterminato nel loro tentativo di arrivare in Europa attraverso la Libia. È quanto ha dichiarato  Amnesty International lo scorso 14 dicembre 2010 pubblicando un nuovo rapporto dal titolo "Cercare salvezza, trovare paura: rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Libia e a Malta".
 
Il rapporto mette in luce la sofferenza di quanti cercano di raggiungere l'Unione europea, molti in cerca di asilo e protezione, e le violazioni dei diritti umani che subiscono in Libia e a Malta.
 
Secondo le autorità di Tripoli, vi sono oltre tre milioni di "migranti irregolari" in Libia. Molti provengono da altre parti dell'Africa eppure le autorità locali continuano a dire che nessuno di essi sia un rifugiato.
 
Decine di migliaia di persone lasciano la Somalia ogni anno per iniziare un lungo e pericoloso viaggio attraverso nazioni quali la Libia per fuggire al conflitto che sta devastando il loro paese dal 1991. Molte spendono tutti i loro risparmi per intraprendere una pericolosa traversata del Mediterraneo.
 
I rifugiati e i richiedenti asilo in Libia vivono in un limbo legale che non tiene conto del loro bisogno di protezione. La Libia non ha firmato la Convenzione Onu sullo status di rifugiato del 1951 e non ha un sistema d'asilo in vigore. Quest'anno a novembre il governo ha pubblicamente respinto la raccomandazione di ratificare la Convenzione e sottoscrivere un memorandum d'intesa con l'agenzia dell'Onu per i rifugiati, l'Unhcr, per consentire a quest'ultima di assistere i rifugiati e i richiedenti asilo in Libia.
 
Torture e altre violazioni ai danni di rifugiati, richiedenti asilo e migranti sono un fatto sistematico in Libia. I guardiani delle carceri prendono spesso a pugni i detenuti o li colpiscono con tubi di metallo o bastoni. Chi osa protestare per le condizioni di detenzione o chiede assistenza medica rischia di subire ulteriori aggressioni o punizioni.
 
Ciò nonostante, a ottobre, la Commissione europea ha sottoscritto con le autorità libiche una "agenda per la cooperazione" sulla "gestione dei flussi migratori" e sul "controllo alle frontiere", valida fino al 2013 e in base alla quale l'Unione europea metterà a disposizione della Libia 50 milioni di euro.
 
Nel frattempo, Unione europea e Libia stanno negoziando un più ampio "Accordo quadro" che consentirebbe, tra l'altro, la "riammissione" in Libia di cittadini provenienti da "paesi terzi" entrati in Europa dopo aver transitato in Libia.


Tra il 2002 e il 2009 si stima che 13.000 persone siano arrivate a Malta dalla Libia. Malta, tuttavia, non si è rivelata il rifugio sicuro che speravano di raggiungere. Sulla base delle leggi maltese, ogni persona che arriva per la prima volta sul territorio, compresi i richiedenti asilo, viene considerata "migrante proibito" e rischia la detenzione obbligatoria a tempo indeterminato, in pratica fino a 18 mesi.
 
I rimedi legali esistenti per opporsi alla detenzione sono stati giudicati "inefficaci" dalla Corte europea dei diritti umani. 
  
Amnesty International lancia un appello alla Commissione europea e all'Italia chiedendo che i diritti umani e le garanzie per i rifugiati, richiedenti asilo e migranti siano al centro della cooperazione con la Libia.


Firma l'appello "Mettere i diritti umani al centro della cooperazione con la Libia!"


Scarica il documento in italiano "Diritti di rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Libia"

Scarica il rapporto in inglese "Cercare salvezza, trovare paura"

Fonte: Amnesty International