Documento a cura dell' A.S.G.I.
Web: http://www.asgi.it

segreteria@asgi.it
info@asgi.it
 
 
24.08.2010
 
Rom espulsi, Asgi: “La direttiva europea esclude provvedimenti collettivi”
 
Intervista a Gianfranco Schiavone (consigliere ASGI) sulle vicende di rimpatrio dei cittadini Rom da parte del Governo francese - Affari italiani

“Chi fa queste prove sta tentando qualcosa di molto pericoloso e contrario al principio fondante dell’Unione europea”. Non usa mezzi termini Gianfranco Schiavone dell’Associazione italiana studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) per commentare gli allontanamenti dei rom avvenuti in Francia dei giorni scorsi. Per Schiavone la direttiva europea in materia è chiara e quel che sta accadendo sono solo “tentativi di non applicare la direttiva”, che nello specifico si tratta della n. 38 del 29 aprile 2004, in Italia ratificata con decreto legislativo 30 del 2007 e poi con una modifica con il decreto legislativo 32 del 2008. “La direttiva è chiarissima sul punto – spiega Schiavone -. Non ci può essere nessuna limitazione di circolazione e di soggiorno e non ci può essere un allontanamento forzato se non in casi molto particolari”. Come quelli di grave ordine pubblico, ma soprattutto personali e non collettivi. “All’articolo 27 la direttiva dice che sono motivi gravi di ordine pubblico e sicurezza adottati in relazione al comportamento personale - spiega -, quindi i provvedimenti collettivi sono esclusi. I comportamenti personali devono rappresentare una minaccia reale e grave, dal pregiudicare un interesse fondamentale della società”. Neanche l’esistenza di condanne penali, aggiunge, può portare a un allontanamento. “La sola esistenza di condanne penali automaticamente non giustifica l’adozione del provvedimento. La direttiva esclude la possibilità di prendere misure di carattere generale, anche di prevenzione perché il secondo comma dell’articolo 27 dice che giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione”.

Uno dei nodi chiave della vicenda francese e che interessa anche il panorama italiano riguarda, poi, il reddito minimo e la sistemazione abitativa dignitosa. Nell’intervista rilasciata dal ministro dell’Interno Maroni al Corriere della sera lo scorso 21 agosto, il ministro ha affermato di voler portare avanti “espulsioni come per i clandestini, non rimpatri assistiti e volontari. Naturalmente solo per chi viola la direttiva che fissa i requisiti per chi vive in un altro Stato membro: reddito minimo, dimora adeguata e non essere a carico del sistema sociale del Paese che lo ospita”. Ma di reddito minimo e dimora adeguata, spiega Schiavone, la direttiva non fa cenno. “La direttiva non fa alcun riferimento alle condizioni di carattere economico – spiega Schiavone -. Nel testo c'è scritto solo che il diritto di soggiorno non può andare a configurarsi come un onere eccessivo sull’assistenza sociale del paese coinvolto, ma non scatta l’allontanamento per i cittadini comunitari che sono entrati in uno Stato membro per cercare un posto di lavoro e che hanno una possibilità di trovarlo, anche se non ce l’hanno, o se non possono dimostrare il reddito nel momento in cui c’è un controllo. Non esiste l’ipotesi dell’allontanamento per motivi di tipo economici, anzi l’articolo 27 esclude che la misura possa essere presa per questo motivo”.

La direttiva, inoltre, non parla neanche di ‘rimpatrio volontario’ che Schiavone definisce “una misura senza senso”. “Il rimpatrio volontario – spiega Schiavone - riguarda lo straniero non comunitario ed è una misura obbligatoria, che gli Stati devono recepire e che l’Italia non lo ha ancora fatto. Precede sempre, come possibilità concreta, l’allontanamento coattivo. Non esiste il termine di rimpatrio volontario per comunitari nella direttiva perché il principio è l’opposto: il diritto di circolazione e soggiorno, con possibilità di allontanamento in casi veramente estremi e individuali, particolarmente documentati”. Per Schiavone, quindi, la vicenda francese non può che celare altri intenti. “La vicenda francese è stata mascherata col cosiddetto rientro volontario – conclude -. Le autorità francesi erano consapevoli che non si può al punto da aver trovato delle finzioni. Se è un rientro volontario, gli interessati possono tornare anche il giorno dopo. Mi sembra un’azione puramente propagandistica nell’assoluta consapevolezza che dal punto di vista giuridico non è legale”.

Fonte: Affari Italiani