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16.08.2010
 
Tribunale di Padova: La scuola che non attiva l’insegnamento alternativo all’ora di religione cattolica commette una discriminazione religiosa
 

Il Tribunale di Padova, in composizione collegiale, ha accolto il ricorso presentato dai genitori di un'alunna di Istituto  scolastico di Padova che lamentavano la discriminazione subita dalla figlia a causa della mancata attivazione di attività didattiche  formative  alternative all'insegnamento della religione cattolica. Ne era conseguito il fatto che per alcuni mesi la figlia era stata trattenuta nell'aula della propria classe durante lo svolgimento dell'ora di religione cattolica, pur avendo i suoi genitori dichiarato la facoltà di non avvalersene,  mentre  successivamente era stata destinata  in classi parallele ove si tenevano gli insegnamenti curriculari previsti per le stesse. La dirigenza scolastica aveva giustificato la mancata attivazione degli insegnamenti alternativi con la mancanza di mezzi economici.

In prima istanza, il Tribunale di Padova, in composizione monocratica, aveva respinto il ricorso degli interessati, sostenendo che la normativa in vigore  non imporrebbe un obbligo per la P.A. di attivare gli insegnamenti alternativi, né potrebbe qualificarsi come discriminatorio il comportamento dell'istituto scolastico.

Il collegio giudicante del Tribunale di Padova, ha invece ritenuto la sussistenza di  un obbligo delle autorità scolastiche ad attivare insegnamenti alternativi  rivolti a chi non intenda avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica. Questo in virtù del principio affermato  nell'Accordo tra Santa Sede e Repubblica Italiana del 18.02.1984 (Concordato Lateranense), secondo cui la scelta se avvalersi o meno dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali non può dar luogo ad alcuna forma di discriminazione. A tale riguardo, il Consiglio di Stato  con la sentenza n. 2749/2010 ha affermato che l'istituzione di insegnamenti alternativi deve considerarsi obbligatoria per la scuola perché altrimenti la scelta di seguire l'ora di religione potrebbe essere pesantemente condizionata dall'assenza di alternative formative. Ugualmente, se il Consiglio di Stato ha deciso che  l'insegnamento religioso, così come quello alternativo, diviene obbligatorio una volta scelto e dunque capace di incidere sui crediti scolastici,  la mancata attivazione degli insegnamenti alternativi potrebbe influire sulla libertà di scelta dell'alunno e/o dei suoi genitori,  in quanto potrebbe essere condizionata dalla consapevolezza che l' inesistenza dei medesimi inciderebbe negativamente sui crediti formativi.

Stante l'obbligo e non la discrezionalità per gli istituti scolastici di attivare gli insegnamenti alternativi a quello della religione cattolica, il mancato adempimento determina a danno degli interessati una discriminazione indiretta fondata sul credo religioso,  in violazione dell'art. 43 del d.lgs. n. 286/98 (divieto di discriminazioni) -norma che sebbene collocato entro il T.U. immigrazione, si applica anche quando la parte lesa sia un cittadino italiano o dell'Unione europea (art 43 comma 3) -  nonché dei d.lgs n. 215 e 216/2003 relativi al recepimento delle direttive europee contro le discriminazioni fondate rispettivamente sull'appartenenza etnico-razziale e, tra l'altro , sul credo religioso.

Interessanti, inoltre, le conclusioni del Tribunale di Padova con riferimento al risarcimento del danno non patrimoniale in quanto si tratta di una delle rare ordinanze nelle quali dall'accertamento della discriminazione deriva anche una statuizione riguardante l'esercizio dei poteri risarcitori nei confronti della vittima della discriminazione medesima.

Secondo il Tribunale di Padova, nella categoria contemplata dall'art. 2059 c.c. debbono essere ricompresi tutti i danni di natura non patrimoniale derivanti da lesioni di valori inerenti alla persona: e dunque sia il danno morale soggettivo,  inteso come transeunte turbamento dello stato d'animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto inteso come lesione dell'interesse costituzionalmente garantito all'integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico;  sia infine il danno derivante dalla lesione di altri interessi di rango costituzionale inerenti alla persona ( quello che in dottrina viene spesso definito danno esistenziale). Rifacendosi alla più recente giurisprudenza costituzionale e di cassazione (n. 4712/08), in sostanza, "il danno non patrimoniale [richiamato all'art. 2059 c.c.],  si identifica con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica" per cui "la lesione del valore costituzionale della persona rende applicabile la presunzione di un danno che si riverbera sulla persona offesa". Nel caso in specie, due sono stati i valori costituzionali della persona offesi dal comportamento discriminatorio dell'istituto scolastico che non ha garantito l'attivazione dell'insegnamento alternativo a quello della religione cattolica: la libertà religiosa e la libertà d'istruzione.

Infine, secondo il Tribunale di Padova non è di ostacolo al risarcimento del danno non patrimoniale la mancanza di un elemento soggettivo attribuibile alla P.A. in quanto secondo la giurisprudenza di Cassazione  "la colpa della P.A. non deve essere intesa come colpa soggettiva del singolo funzionario agente, ma come colpa di apparato della P.A., configurabile ove l'attività amministrativa sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l'esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi e che si pongono come limiti esterni alla discrezionalità".  

Il Tribunale di Padova ha dunque accertato il comportamento discriminatorio dell'Istituto scolastico di Padova e ha condannato il medesimo al pagamento della somma di 1,500 euro in favore dei genitori dell'alunna discriminata a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale sofferto.