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05.07.2010
 
Adozioni internazionali - In contrasto con i principi fondamentali nazionali e sovranazionali la richiesta da parte delle coppie se presenta indicazioni in base all'etnia dell'adottando
 
Il decreto di idoneità all'adozione del tribunale per i minorenni non può essere emesso sulla base di riferimenti all'etnia dei minori adottandi, nè può contenere indicazioni relative ad essa. La Suprema Corte e' stata chiamata in causa dal Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione su istanza depositata in data 28 luglio 2009 dal Presidente di Ai.Bi. Associazione amici dei bambini, ente autorizzato, ai sensi dell’art. 39-ter della legge 4 maggio 1983, n. 189 e succ. modif., a curare la procedura di adozione internazionale.
L’enunciazionee'stata chiesta, a norma dell’art. 363 cod.proc.civ., nell’interesse della legge, del principio di diritto secondo il quale il decreto di idoneità all’adozione pronunciato dal Tribunale per i minorenni ai sensi dell’art. 30 della legge n. 184 del 1983 e succ. modif., non può essere emesso sulla base di una struttura argomentativa che contenga il riferimento alla etnia dei minori adottandi, né può contenere indicazioni relative a tale etnia.
La richiesta muoveva dall’esame di un decreto di idoneità all’adozione di un minore straniero nella cui motivazione si fa, tra l’altro, riferimento alla dichiarazione degli istanti di non essere disponibili ad accogliere “bambini di pelle scura o diversa da quella tipica europea”, e nel cui dispositivo si tiene conto di tale dichiarazione, là dove si dichiarano i coniugi “idonei all’adozione sino a due minori di nazionalità straniera che presenti le caratteristiche risultanti dalla motivazione”.

La Corte afferma dunque che :"L'atteggiamento discriminatorio che è riconoscibile nel rifiuto da parte della coppia richiedente della accoglienza di un minore di una certa etnia non può, ovviamente, acquisire alcun rilievo ove rimanga racchiuso nella sfera volitiva interna dei richiedenti(...).Ma, ove la eventuale selezione del minore da accogliere venga manifestata attraverso una espressa opzione innanzi agli organi pubblici, con ciò chiedendosi di elevare a limite alla procedura di adozione la appartenenza del minore ad una determinata etnia, al giudice è inibito di avallare una scelta che si pone in stridente ed insanabile contrasto con i sopra richiamati principi fondamentali nazionali e sovranazionali."
Inoltre la Corte di Cassazione ritiene che :" una tale condotta dei richiedenti va apprezzata dal giudice del merito nel quadro della valutazione della idoneità all’adozione, evidentemente compromessa da una disponibilità condizionata al possesso da parte del minore da accogliere di determinate caratteristiche genetiche. Al riguardo, non può non sottolinearsi come una opzione siffatta evidenzi carenze nella capacità di accoglienza ed inadeguatezza rispetto alle peculiarità del percorso di integrazione del minore straniero: percorso che, proprio perché si tratta di soggetto proveniente da comunità diverse per lingua, cultura, tradizioni, etnia, presenta particolari difficoltà connesse al radicale mutamento del contesto socio-culturale che gli è proprio. Non senza considerare che la disponibilità all’accoglienza richiede, oltre alla consapevolezza di tali difficoltà, peculiari doti di sensibilità da parte di chi decide di assumere la relativa responsabilità, avuto anche riguardo al particolare degrado, almeno nelle ipotesi di più frequente verificazione, del contesto di provenienza del minore ed al suo vissuto già profondamente tormentato di abbandono e di disagio.
Ne consegue che il giudice, oltre ad escludere la legittimità delle limitazioni poste dai richiedenti alla disponibilità all’adozione in funzione della etnia del minore, dovrà porsi il problema della compatibilità della relativa indicazione con la configurabilità di una generale idoneità all’adozione
."