Con questa sentenza, la Corte ha dichiarato che il divieto di discriminazione a motivo della nazionalità, enunciato in quanto principio dall'articolo 6 del trattato CE, osta a che uno Stato membro possa esigere il versamento di una cautio judicatum solvi da una persona giuridica stabilita in un altro Stato membro che abbia promosso, dinnanzi ad una giurisdizione di quest'ultimo, un'azione contro propri cittadini o contro una società ivi stabilita, quando la stessa cauzione non è richiesta a cittadini dello Stato in parola, in una situazione in cui l'azione è connessa all'esercizio delle libertà fondamentali garantite dal diritto comunitario.
Nella fattispecie, la legge svedese obbliga qualsiasi straniero non residente in Svezia o qualsiasi persona giuridica straniera che voglia intentare un'azione dinnanzi ad una giurisdizione svedese contro cittadini svedesi o contro persone giuridiche svedesi a depositare una cauzione a garanzia del pagamento delle eventuali spese processuali.
La Corte sottolinea che tale regola di procedura potrebbe avere incidenze negative sull'attività economica degli operatori di altri Stati membri che sono attivi sul mercato dello Stato in causa, in quanto gli operatori stranieri si troverebbero in una situazione meno vantaggiosa rispetto a quella dei propri cittadini con riguardo all'accesso alle autorità giudiziarie svedesi. La Corte statuisce che la facoltà di adire le giurisdizioni di uno Stato membro perché dirimano le controversie cui possono dar luogo le loro attività economiche costituisce il corollario dell'esercizio della libera circolazione delle merci e dei servizi. Sennonché, una norma nazionale che esiga la costituzione della garanzia rientra nel campo di applicazione del trattato a motivo degli effetti che avrà sugli scambi intracomunitari di beni e servizi e, di conseguenza, è soggetta al principio generale di non discriminazione enunciato dall'articolo 6, paragrafo 1, senza che sia necessario ricollegarla ad un'altra disposizione più specifica del trattato.