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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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22.04.2010

Tribunale di Lamezia Terme: Il minore con doppia cittadinanza ha diritto al doppio cognome

 
Il cognome materno può essere aggiunto a quello paterno se lo prevede anche l’ordinamento giuridico dell'altro genitore. La trasmissione del solo cognome paterno è in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento italiano e comunitario (Tribunale di Lamezia Terme, decreto 25.01.2010).
 
Tribunale di Lamezia Terme, decreto dd.25.01.2010 (40.38 KB)
 

Il tribunale di Lamezia Terme ha pronunciato  un significativo decreto in relazione al caso di una bambina nata dall'unione di un cittadino italiano  ed una cittadina brasiliana, ove entrambi i genitori volevano attribuire al nascituro anche il cognome materno accanto a quello paterno, secondo le regole vigenti nell'ordinamento brasiliano. L'ufficiale di stato civile  non aveva corrisposto ai voleri della coppia, registrando l'atto di nascita con la sola attribuzione del cognome paterno, secondo quanto disposto dagli artt. 237, 262, 299 c.c. e gli art. 33 e  34 del D.P.R. n. 396/2000.

A seguito del ricorso depositato entro il trentesimo giorno dalla notifica del provvedimento ai sensi dell'art. 98 comma 3 del D.P.R. n. 396/2000, il tribunale di Lamezia Terme ha dato ragione ai genitori  e ha ordinato all'ufficiale di stato civile di disporre la registrazione dell'atto di nascita della bambina con il doppio cognome, quello materno venendo anteposto a quello paterno. Secondo il tribunale di Lamezia Terme, in casi come quello venuto in giudizio, il diritto del minore al doppio cognome può ricavarsi dai principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale italiano e comunitario.

Riguardo ai primi, il collegio giudicante di Lamezia Terme ricorda che la stessa Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 61 del 16.02.2006,  ebbe a sostenere che l'attribuzione al minore del solo cognome paterno sarebbe "il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna".  Sebbene il giudice delle leggi abbia dichiarato alla fine inammissibile  la questione di legittimità costituzionale perché in caso contrario la Corte avrebbe indebitamente invaso le prerogative del legislatore, il tribunale di Lamezia Terme ricorda che i medesimi principi sottolineati dalla Corte Costituzionale e radicati nell'eguaglianza tra i coniugi e nella salvaguardia del diritto all'identità e alla personalità del minore, vengono pure affermati nell'ordinamento giuridico europeo e nel sistema internazionale dei diritti dell'Uomo.  Per quanto riguarda l'ordinamento europeo, il decreto del tribunale di Lamezia Terme ricorda  la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea che afferma che i principi della cittadinanza europea  e della libera circolazione di cui agli art. 20 e 21  del TFUE, vietano di imporre in materia di attribuzione del cognome, contro la volontà dell'interessato, avente la cittadinanza di due diversi Paesi dell'Unione,  una normativa interna a rettifica dell'altra normativa nazionale perché altrimenti si determinerebbe una discriminazione su basi di nazionalità (Causa C. 148/02, Garcia Avello). Ugualmente la giurisprudenza comunitaria  "non permette alle autorità di uno Stato membro, in applicazione del diritto nazionale, di negare ad un proprio cittadino (nato e/o residente altrove) il diritto di riconoscere il cognome di un figlio così come  è stato determinato e registrato in un altro Stato membro, in cui tale figlio è nato e risiede sin dalla nascita" (Corte di Giustizia, sentenza dd. 14.10.2008). Sebbene la giurisprudenza comunitaria non sia immediatamente applicabile con riferimento alle situazioni puramente interne e  non protette dal diritto comunitario, i medesimi principi ed argomentazioni possono  essere adottati mutatis mutandis nell'interpretazione dei principi costituzionali di uguaglianza e di non discriminazione.

Per quanto riguarda il sistema internazionale dei diritti umani, il collegio giudicante di Lamezia Terme fa riferimento alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'Uomo che in alcune pronunce ha affermato il principio della piena uguaglianza tra genitori e della conseguente eliminazione di ogni discriminazione basata sul sesso nell'attribuzione del cognome dei figli (sentenze 16.02.2005 Unal Teseli c. Turchia; 24.10.1994, Stjerna c. Finlandia; 24.01.1994, Burghartz c. Svizzera). Ugualmente, la Convenzione di New York sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, ratificata con L. 132/1985, impegna  gli Stati contraenti ad adottare tutte le misure per eliminare le discriminazioni nei confronti della donna  in tutte le questioni derivanti dal matrimonio e nei rapporti familiari e, in particolare, ad assicurare "gli stessi diritti personali al marito ed alla moglie, compresa la scelta del cognome".

Infine, la legittimità della richiesta volta  all'attribuzione ai figli del doppio cognome in nuclei familiari misti troverebbe fondamento nella tutela del diritto all'identità e alla personalità, almeno in quelle situazioni ove, secondo l'ordinamento dell'altro paese di cittadinanza, come il Brasile e, più in generale i paesi latino americani,  il minore  avrebbe diritto al mantenimento del cognome materno accanto a quello paterno, per cui, se così non fosse,  il minore potrebbe utilizzare il doppio cognome nello Stato estero, mentre sarebbe costretto ad ometterlo nello Stato italiano.  A tale riguardo, l'omogeneizzazione del cognome del minore in entrambi gli ordinamenti giuridici di appartenenza  risulterebbe più rispondente agli interessi del minore medesimo in quanto maggiormente funzionale allo sviluppo equilibrato della sua personalità sociale, come riconosciuto anche da recente  giurisprudenza (Trib. Di Napoli, decreto 18.03.2008).

La stessa Corte di Cassazione ha infatti recentemente affermato, con riferimento alle situazioni di riconoscimento paterno della filiazione successivo a quello materno, che la decisione spettante al giudice riguardo al cognome del figlio, ai sensi dell'art. 262 c. 3 c.c., deve essere adottata in funzione dell'esclusivo interesse del minore medesimo ad un equilibrato sviluppo della sua personalità sociale, evitandosi ogni automatica sostituzione del cognome materno con quello paterno, ma prevedendosi pure la possibilità della sua aggiunta (Cassazione, sez. I, sentenza 29 maggio  2009, n. 12670) .


Per un approfondimento sull'argomento si segnalano i commenti di Sabrina Peron, avvocato civilista di Milano, sulla pagine web: http://www.personaedanno.it/CMS/Data/articoli/017820.aspx


Sulla questione del rapporto tra diritto alla personalità e all'identità e normativa interna in materia di attribuzione del cognome, si ricorda inoltre che l'ASGI  ha preso  posizione contro la prassi del Ministero dell'Interno di correggere il cognome originario in base alla regole vigenti in Italia (attribuzione del cognome paterno) nei provvedimenti di acquisto della cittadinanza italiana. L'ASGI ha  inviato una lettera al Dipartimento per le Libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno dopo le segnalazioni giunte da diversi neo cittadini italiani. La casistica segnalata è rilevante in quanto diversi ordinamenti stranieri differiscono rispetto a quello italiano riguardo alle modalità di attribuzione del cognome al momento della nascita ovvero per matrimonio. Si pensi ai paesi latinoamericani di tradizionale coloniale spagnola o portoghese che prevedono l'attribuzione al minore sia del primo cognome paterno sia del primo cognome materno, ovvero ai paesi di tradizione islamica, come nel caso dell'Egitto, ove la parte costituente il cognome è formata dal nome del padre, del nonno e del bisnonno, con l'eliminazione dell'ultimo nome a seguito di progressione della discendenza, ovvero all'ordinamento della Bulgaria o della  ex Repubblica Yugoslava di Macedonia che attribuiscono alla figlia il cognome paterno, ma declinato. Secondo l'ASGI, la prassi del Ministero dell'Interno di rettificare d'ufficio il cognome originario degli interessati, anche qualora essi mantengano la cittadinanza di origine e a prescindere dalla loro volontà, non appare conforme ai principi costituzionali relativi al diritto al nome e alla personalità, così come alle norme di diritto internazionale (Convenzione di Monaco del 1980) e comunitario, come riconosciuto più volte dalla giurisprudenza di merito. La stessa Raccomandazione generale  n. 30 dd.  1 ottobre 2004 del Comitato ONU per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale raccomanda agli Stati contraenti la Convenzione ONU di "prendere i necessari provvedimenti per prevenire le pratiche che negano ai non cittadini l'identità culturale, quali ad esempio le previsioni di diritto o di fatto che richiedano ai non cittadini di cambiare il proprio nome per  ottenere la cittadinanza" (paragrafo n. 37).


Il testo della lettera dell'ASGI sull'argomento è reperibile alla pagina web:

http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=86&l=it


A cura di Walter Citti

 
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