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18.03.2010

CEDU: la condanna penale dell'uso in pubblico di simboli e indumenti religiosamente connotati č un'indebita restrizione della libertā religiosa se non adeguatamente sorretta da obiettive ragioni di tutela dell'ordine pubblico

 
Secondo la Corte di Strasburgo la Turchia ha violato la libertā religiosa di un gruppo di persone appartenenti ad un ordine Sufi. Il Commissiario CoE Hammarberg riapre la discussione sulle proposte di interdizione del velo integrale.
 
CEDU, sentenza dd. 23.02.2010 (procedimento n. 41135/98, Ahmet Arslan c. Turchia) (125.27 KB)
 

La Corte europea dei diritti dell'Uomo ha ritenuto che la Turchia ha violato l'art. 9 della Convenzione europea sui diritti dell'Uomo e le libertà fondamentali in materia di libertà religiosa nel condannare penalmente i membri di un ordine religioso sufi per avere indossato sulla pubblica via degli indumenti religiosi tra cui il copricapo (Turban), in violazione di norme di legge interne.

Secondo la Corte di Strasburgo la condanna penale inflitti ai membri del gruppo religioso ha costituito un'illecita interferenza sul loro diritto fondamentale a manifestare la propria fede religiosa in quanto  il governo turco non ha fornito evidenze convincenti che potessero far ritenere che  l'abbigliamento religiosamente connotato poteva costituire una minaccia all'ordine pubblico. Secondo la Corte di Strasburgo, inoltre, le  restrizioni da parte degli Stati all'uso dei simboli religiosi e di abiti religiosamente connotati da parte delle persone negli uffici e istituzioni pubbliche possono trovare maggiore ampiezza rispetto a quelle consentite relativamente all'uso dei medesimi simboli ed abiti sulla pubblica via in quanto nel primo caso il principio della neutralità religiosa delle istituzioni pubbliche  può avere una precedenza sul diritto di ciascuno a manifestare liberamente la propria fede religiosa.


La sentenza della Corte di Strasburgo è suscettibile di stimolare ulteriormente il dibattito sulle recenti proposte  di una commissione parlamentare di studio francese volte a condannare l'uso in pubblico del velo integrale islamico (nelle forme del burqa e del niqab) anche mediante una legge che assicuri la protezione delle donne che venissero costrette ad indossarlo. La stessa commissione tuttavia non ha raggiunto l'unanimità sulla proposta di un'interdizione completa del velo integrale negli spazi pubblici. In Italia risultano finora depositate in Parlamento quattro proposte di legge volte a regolare l'uso in pubblico del velo o di altri indumenti religiosi atti a coprire integralmente il volto della persona. Tre di queste proposte mirano ad un'interdizione completa dell'uso del velo integrale in pubblico (Lega, PdL, UDC). La proposta del PD mira invece a conciliare la questione della sicurezza pubblica con le motivazioni religiose e culturali.

Anche a seguito della sentenza della Corte di Strasburgo, il Commissario del Consiglio d'Europa per i diritti umani, Hammarberg,  ha sottolineato che eventuali normative volte a proibire completamente l'uso del velo integrale negli spazi pubblici potrebbero risultare controproducenti per le stesse donne islamiche, rischiando di indurle ad un ulteriore isolamento sociale, così come potrebbero costituire un'indebita interferenza nella loro privacy e avrebbero una dubbia compatibilità con l'art. 9 della Convenzione europea dei diritti umani.


La presa di posizione del Commissario del Consiglio d'Europea per i diritti umani, Hammarberg


ASSEMBLÉE NATIONALE de FRANCE
Mission d'information sur la pratique du port du voile intégral sur le territoire national, Rapport d'information fait au nom de la mission d'information sur la pratique du port du voile intégral sur le territoire national n° 2262 déposé le 26 janvier 2010

 
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