ASGI

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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01.03.2010

Libertą religiosa e discriminazioni nella libertą di culto

 
Commento sull'ordinanza del Tribunale di Brescia dd. 29.01.2010 n. 71 (49.58 KB)
 
Un commento all'ordinanza del Tribunale di Brescia n. 71 dd. 29.01.2010 a cura del Prof. Nicola Fiorita (Università della Calabria) e della dott.ssa Lisa Iovene (università di Firenze).


Il giudice civile di Brescia,  pronunciandosi sull'azione giudiziaria anti-discriminazione presentata da ASGI, Fondazione Piccini per i diritti dell'Uomo ONLUS e dai rappresentanti degli immigrati della  CGIL della provincia di Brescia, ha emesso un'ordinanza (n. 71/2010 depositata il 29 gennaio 2010), con la quale ha dichiarato il carattere  discriminatorio   dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Trenzano (Bs)  che imponeva l'uso obbligatorio della lingua italiana nel corso di riunioni pubbliche.

L'ordinanza del Sindaco di Trenzano era stata già annullata dalla sentenza del TAR Brescia, emanata il 15 gennaio scorso (sentenza n. 19/2010).
Il giudice di Brescia non ha invece accolto  il secondo motivo  del ricorso presentato dalle associazioni promotrici relativo  a quella parte dell'ordinanza comunale  che impone a colui che promuove o dirige funzioni, cerimonie o pratiche religiose aperte al pubblico fuori ai luoghi destinati al culto di darne preavviso almeno trenta giorni prima della data fissata per lo svolgimento all'autorità locale di Pubblica Sicurezza.  Le associazioni ricorrenti infatti avevano sostenuto che sebbene tale disposizione sia applicabile formalmente a tutti i rappresentanti di confessioni religiose, e dunque abbia un carattere apparentemente neutro, essa introduce nei fatti e nei risultati una discriminazione a danno delle confessioni religiose non cattoliche, essendo la Chiesa cattolica l'unica confessione religiosa avente a disposizione sul territorio del Comune di Trenzano un luogo di culto. Di conseguenza le associazioni ricorrenti hanno sostenuto che tale parte della delibera configurava una discriminazione religiosa  di natura indiretta proibita dall'art. 43 del T.U. immigrazione.
 In maniera un po' sbrigativa il giudice di Brescia non ha sembrato cogliere il ragionamento avanzato dalle associazioni ricorrenti, sostenendo che "la circostanza che tale obbligo di preavviso si sovrapponga a quello previsto dal TULPS (pur dilatando considerevolmente il termine di preavviso con decisione della cui necessità o opportunità non può valutare questo Giudice) e si rivolga a tutte le pratiche religiose (di qualsiasi confessione) tenute fuori dai luoghi di culto, ad avviso dello scrivente esclude un effetto discriminatorio".