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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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16.11.2009

L’Accordo di Associazione tra CEE e Turchia impedisce di imporre diritti di natura amministrativa per il rilascio od il rinnovo del permesso di soggiorno che siano sproporzionati rispetto a quelli richiesti ai cittadini comunitari.

 
Lo stabilisce una sentenza della Corte di giustizia europea. Illegittimo un contributo di 169 euro imposto dai Paesi Bassi per il rinnovo di un permesso di soggiorno di un cittadino turco. Le implicazioni riguardo alla legge n. 94/2009
 
 

Una sentenza della Corte di Giustizia europea afferma che  i Paesi Bassi, introducendo nella propria legislazione sugli stranieri  il pagamento di un contributo pari a euro 169 per la valutazione dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, hanno violato la clausola di  "standstill" di cui all'art. 13 della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione CEE-Turchia, che prevede che gli Stati membri e la Turchia non possono introdurre, successivamente al  1 dicembre 1980, data di sua entrata in vigore, nuove restrizioni sulle condizioni di accesso all'occupazione dei lavoratori e dei loro familiari che si trovino sui loro rispettivi territori in situazione regolare. Secondo la Corte di Giustizia europea, l'importo del contributo richiesto da un paese membro ai fini del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno di un cittadino turco, se è sproporzionato rispetto a quello richiesto, in circostanze analoghe, ad un cittadino comunitario, costituisce un'indebita  restrizione alle condizioni di accesso all'occupazione del lavoratore migrante  turco medesimo.

Sono ovvie le implicazioni di detta sentenza della Corte europea rispetto alla normativa introdotta dall'art.1 c. 22  lett. b) della legge n. 94/2009 che, introducendo l'art. 5 comma 2 ter del d.lgs. n. 286/98, ha  stabilito l'obbligo a carico dello straniero extracomunitario che intenda richiedere il rilascio od il rinnovo del permesso di soggiorno del pagamento di un contributo, di un importo variabile da  un minimo di 80 ed un massimo di 200 euro, secondo quanto verrà stabilito da un apposito decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero dell'Interno ( a tale contributo  non vengono assoggettati i permessi di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria e per motivi umanitari). E' ovvio che il Ministero dell'Economia e delle Finanze dovrà, in sede di decreto attuativo,  tenere conto della sentenza della Corte di Giustizia europea, prevedendo perlomeno  condizioni più favorevoli per i cittadini di nazionalità turca.

Più in generale, è opportuno rimarcare come i giudici della corte europea sottolineino il carattere irragionevole dell'imposizione di contributi amministrativi sproporzionatamente maggiori per il rilascio od il rinnovo dei permessi di soggiorno dei cittadini turchi rispetto a quanto previsto per i cittadini comunitari, proprio in quanto i periodi di validità dei titoli di soggiorno dei primi sono di norma più brevi di quelli previsti per i secondi e dunque i cittadini di paesi terzi sono costretti a sollecitarne il rinnovo più spesso dei cittadini comunitari, senza che la valutazione dei requisiti per il rinnovo dei titoli di soggiorno dei primi sia così eccessivamente più onerosa della valutazione dei secondi. Considerazioni di ragionevolezza ed equità che ben potrebbero estendersi alla generalità dei lavoratori di paesi terzi non membri dell'Unione Europea.

Ulteriormente, la sentenza della Corte di Giustizia ricorda che in virtù della sua consolidata giurisprudenza, l'art. 13 della decisione n. 1/80 è norma di immediata applicazione negli ordinamenti interni degli Stati membri e deve dunque comportare l'automatica disapplicazione di qualsiasi normativa interna successiva al 1 dicembre 1980 che imponga nuove restrizioni sulle condizioni di accesso all'occupazione dei lavoratori turchi  in situazione regolare. Pertanto, alla luce di questo, si dovrebbe concludere che le nuove restrizioni introdotte dalla legge "Bossi-Fini" all'accesso al lavoro  degli stranieri extracomunitari regolari, tra cui l'istituto del "contratto di soggiorno" e il conseguente  requisito dell'idoneità abitativa, siano illegittime se applicate nei confronti dei lavoratori di nazionalità turca, in quanto in contrasto con la normativa comunitaria  collegata agli Accordi di Associazione CEE-Turchia.


Corte di Giustizia europea, sez. I, sentenza 17 settembre 2009, Caso C-242/06.

 
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