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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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04.06.2009

Il Comitato ONU per i diritti economici, sociali e culturali adotta il commento interpreativo all'art. 2.2 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali in materia di non discriminazione

 
Nel testo del commento adottato dal Comitato delle Nazioni Unite si precisa, tra l'altro, che sono vietate dal diritto internazionale le differenze di trattamento nel godimento dei diritti economici, sociali e culturali a danno dei cittadini stranieri, qualora non siano giustificate da obiettivi legittimi e non rispondano a criteri di ragionevolezza e proporzionalitą . Le implicazioni per la legislazione italiana.
 
 

Nel corso della sessione tenutasi tra il 4 ed il 22 maggio 2009, il Comitato ONU sui diritti economici, sociali e culturali ha adottato il testo del commento generale n. 20 riguardante l'interpretazione dell'art. 2 comma 2 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, avente per oggetto il principio di parità di trattamento e non discriminazione nell'accesso a tali diritti (" Gli Stati parti del presente Patto si impegnano a garantire che i diritti in esso enunciati verranno esercitati senza discriminazione alcuna, sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l'opinione politica o qualsiasi altra opinione, l'origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione")

Il commento precisa che il principio di non discriminazione fonda un divieto tanto delle discriminazioni dirette, quanto di quelle indirette e che per discriminazione deve intendersi anche l'incitamento a discriminare e le molestie (paragrafo 10) .  Il Comitato ONU ribadisce, inoltre, che il principio di non discriminazione rende illegittime tutte quelle differenze di trattamento nell'accesso ai diritti sociali, economici e culturali che non siano giustificate dal perseguimento di obiettivi legittimi, e non obbediscano a principi di proporzionalità e ragionevolezza. Considerazioni legate alla limitatezza delle risorse finanziarie a disposizione non costituiscono di per sé una ragionevole e legittima giustificazione di un trattamento differenziato (paragrafo 13). Riguardo alle categorie protette dal principio di non discriminazione, il Comitato include anche i casi di discriminazione "per associazione" (ad es. i genitori di un bambino disabile ai quali non venga riconosciuto il diritto ad un equo aggiustamento degli orari e condizioni di lavoro per poter accudire ai specifici bisogni del minore, ovvero il caso di un membro di un'associazione di tutela dei diritti dei Rom cui venga negato l'accesso a prestazioni sociali in ragione della sua militanza a favore di tale gruppo etnico) o per "percezione" (ad il caso di un cittadino nazionale con caratteristiche somatiche di colore cui venga negato l'accesso alla locazione di un'abitazione da parte di un proprietario che non intende locare a cittadini stranieri).

E' importante notare che il Comitato sottolinea espressamente che uno degli ambiti protetti dalla discriminazione è quello legato alle origini nazionali, e che con tale espressione deve intendersi il divieto di discriminazione su basi di cittadinanza.  Pertanto, il Comitato specifica che  "l'ambito della cittadinanza non dovrebbe costituire un ostacolo all'acceso ai diritti previsti dal Patto" e pertanto, i diritti previsti dal Patto internazionale devono trovare applicazione anche nei confronti degli stranieri, quali ad esempio i rifugiati, i richiedenti asilo, gli apolidi, i lavoratori migranti, le vittime della tratta, a prescindere anche dal loro status legale e dalle autorizzazioni di soggiorno, quando si tratti di diritti fondamentali (paragrafo 30).

Il commento del Comitato ONU, pertanto, si rivela di grande attualità per il nostro paese ove permangono nella legislazione nazionale numerose disposizioni che fondano discriminazioni su base di nazionalità nell'accesso ai diritti sociali, anche fondamentali. Si pensi ad esempio all'art. 80 c. 19 della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001) che vincola l'accesso alle prestazioni assistenziali che costituiscono diritti soggettivi ai sensi della legislazione al possesso da parte dello straniero della carta di soggiorno ( o permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti);  disposizione dichiarata parzialmente incostituzionale dalla Consulta con riguardo al requisito reddituale richiesto ai fini del rilascio del titolo di soggiorno ed in relazione a quelle prestazioni inerenti al diritto fondamentale alla salute (indennità di accompagnamento di cui alla legge n. 18/1980) [sentenze n. 306/2008 e 11/2009], oppure alle norme in materia di contributi per l'affitto di cui alla L. n. 431/1998, come modificata dalla L. 133/2008, che prevede per i soli cittadini extracomunitari il requisito dell'anzianità di residenza in Italia (decennale sul territorio nazionale ovvero quinquennale sul territorio regionale) al fine di accedere a tali provvidenze legate al diritto sociale all'abitazione. Per quanto concerne l'Italia, il patto internazionale ONU è stato oggetto di autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione  con legge n. 881 del 25 ottobre 1977 (Gazzetta Ufficiale n. 333 S.O. del 7 dicembre 1977) ed è entrato  in vigore il  15 dicembre 1978.

Il Comitato ONU riconosce inoltre che la natura delle discriminazioni varia a seconda dei contesti e si evolve nel tempo, richiedendo agli Stati di riconoscere la protezione offerta dal Patto internazionale a nuove categorie sociali, e di contrastare ad esempio le discriminazioni per ragioni di orientamento sessuale, per età, per status familiare, per ragioni di salute (paragrafi 32-35).

Il Comitato ONU conclude affermando che  gli Stati, per poter corrispondere agli obblighi e alle responsabilità previste con l'adesione al Patto internazionale, debbono eliminare ogni forma di discriminazione nella loro legislazione, nonché contrastare ogni forma di discriminazione da parte di soggetti pubblici e privati, mediante apposite politiche e strategie nazionali, con particolare riferimento alla rimozione delle forme di discriminazione "sistemica" (ad es. nei confronti di minoranze etniche quali i Rom), nonché prevedere strumenti volti ad offrire rimedio, anche giudiziario, alle discriminazioni, e mettere in atto meccanismi di monitoraggio e rilevamento delle discriminazioni presenti nella società.

Il testo in lingua inglese del Commento n. 20 del Comitato ONU

 
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