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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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19.05.2009

Venezia : Prima applicazione giurisprudenziale in Italia della sentenza della Corte di Giustizia dd. 25 luglio 2008 (C-127-08)

 
La Corte di appello di Venezia riconosce ad un cittadino albanese coniuge di una cittadina rumena residente in Italia il diritto al rilascio della carta di soggiorno per famigliari di cittadini comunitari, anche se l’interessato ha fatto ingresso in Italia privo di visto di ingresso e non era legalmente soggiornante in Italia al momento della celebrazione del matrimonio.
 
Sentenza Corte di Appello di Venezia dd. 22 aprile 2009 (35.15 KB)
 

Prima applicazione giurisprudenziale in Italia della sentenza della Corte di Giustizia dd. 25 luglio 2008 (C-127-08) che ha sancito l'incompatibilità con il diritto europeo di ogni normativa nazionale che subordini l'accesso alla carta di soggiorno per il famigliare di un cittadino comunitario alla regolarità del suo ingresso o del suo soggiorno al momento della celebrazione del matrimonio nello Stato membro ospitante.

Sebbene la sentenza della CGE sia nota ormai da diversi mesi, le autorità italiane non hanno  sinora adottato alcuna misura per modificare le norme interne, legislative e amministrative, ad  essa incompatibili. 

La normativa italiana di recepimento della direttiva europea nn. 2004/38, infatti, al pari di quanto avvenuto in altri Stati membri, ha inteso applicare in senso restrittivo il principio della libera circolazione e soggiorno dei cittadini di paesi terzi famigliari di cittadini comunitari. La normativa italiana, infatti,  subordina il rilascio della carta di soggiorno alla presenza del "visto di ingresso, quando richiesto" ( art. 10 c. 3 lett. a d.lgs. 6.2.2007, n. 30, come ribadito successivamente dalla circolare M.I. n. 19 dd. 6 aprile 2007, pag.  8). In tal modo si è affermata una prassi diffusa delle questure di non accordare il rilascio della carta di soggiorno  al cittadino di un paese terzo che abbia contratto matrimonio in Italia con un cittadino comunitario o un cittadino italiano dopo aver fatto ingresso illegale in Italia o quando, al momento di contrarre matrimonio, si trovava in condizione di irregolarità.

Nell'inerzia dell'amministrazione, non resta pertanto che il ricorso all'iniziativa giudiziaria, ora confortato da questo importante precedente giurisprudenziale.

Walter Citti

Segnalazione dell'avv. Antonio Maggiotto


 
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