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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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18.03.2014

La Corte di Giustizia europea chiarisce le norme sul diritto di soggiorno dei cittadini di un paese terzo, familiari di un cittadino dell’Unione, nello Stato membro d’origine del cittadino

 
Sentenze della Corte di giustizia nelle cause C-456/12, C-457/12
 
 

Il Consiglio di Stato olandese ha investito la Corte di giustizia in merito a quattro cause concernenti il diniego formulato dalle autorità olandesi di concedere il diritto di soggiorno al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino olandese dell’Unione.

La causa C-456/12 riguarda il diniego del diritto di soggiorno in una situazione in cui il cittadino dell’Unione ritorna nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza dopo aver effettuato, con il familiare, cittadino di paese terzo, alcuni soggiorni di breve durata in un altro Stato membro. Il giudice del rinvio chiede alla Corte se il diritto dell’Unione  conceda ai cittadini di un paese terzo, familiari di cittadini dell’Unione, il diritto di soggiorno nello Stato membro di cui i cittadini posseggono la cittadinanza.  La Corte richiama l’articolo 21 TFUE e la direttiva 2004/38 che non prevedono nessun diritto di soggiorno autonomo ai cittadini di paesi terzi, bensì gli eventuali diritti di soggiorno conferiti loro sono diritti derivati dall’esercizio della libertà di circolazione da parte di un cittadino dell’Unione. La Corte verifica inoltre che la direttiva non conferisce nessun diritto di soggiorno derivato al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione il quale soggiorni nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza. Infatti, essa si applica solo quando un cittadino si reca o soggiorna in uno Stato membro diverso da quello di cui possiede la cittadinanza.
La Corte afferma che il rifiuto di riconoscere un diritto di soggiorno derivato a favore del cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, può ledere il diritto alla libera circolazione del cittadino dell’Unione. Infatti, un cittadino dell’Unione potrebbe essere dissuaso dall’abbandonare il proprio Stato membro di origine se non avesse la certezza di poter continuare, al suo ritorno in questo Stato membro, la vita familiare sviluppata o consolidata in un altro Stato membro. Tuttavia, un ostacolo siffatto si produce solo quando il soggiorno nello Stato membro ospitante ha carattere effettivo, ossia quando soddisfa le disposizioni della direttiva relative al diritto di soggiorno di durata superiore a tre mesi.

Riassumendo, la Corte di Giustizia ha dichiarato che, in una situazione in cui un cittadino dell’Unione abbia sviluppato o consolidato, ai sensi e nel rispetto delle disposizioni della direttiva 2004/38 relative a un diritto di soggiorno di durata superiore a tre mesi, una vita familiare con il cittadino di un paese terzo nel corso di un soggiorno effettivo in uno Stato membro diverso da quello di cui possiede la cittadinanza, le disposizioni della medesima direttiva si applicano per analogia quando detto cittadino dell’Unione ritorni, con il familiare interessato, nel proprio Stato membro di origine.

Per quanto concerne la causa C-457/12, Il Consiglio di Stato olandese  desidera sapere se il diritto dell’Unione attribuisca un diritto di soggiorno derivato al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, quando il cittadino risiede nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza ma si reca regolarmente in un altro Stato membro a causa delle sue attività professionali.

La Corte conferma che, nelle circostanze di cui alla causa C-457/12, i cittadini dell’Unione rientrano nella sfera d’applicazione della libera circolazione dei lavoratori garantita dall’articolo 45 TFUE. Questo conferisce al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro di cui tale cittadino possiede la cittadinanza, allorché egli risiede in quest’ultimo Stato, ma si reca regolarmente in un altro Stato membro in quanto lavoratore ai sensi della menzionata disposizione; infatti il diniego del diritto di soggiorno derivato comporta un effetto dissuasivo sull’esercizio effettivo dei diritti che al lavoratore derivano dall’articolo 45 TFUE. Spetta al giudice nazionale verificare questa circostanza.

Comunicato Stampa n. 32/14 della Corte di Giustizia dell'UE

 
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