Nel corso del procedimento, l’Università di Firenze ha applicato la normativa nel frattempo entrata in vigore, ovvero la legge n. 97/2013, estendendo l’accesso ai rapporti di pubblico impiego
anche a familiari di cittadini UE, lungosoggiornanti, rifugiati e titolari della protezione sussidiaria. Secondo il giudice del lavoro di Firenze, tuttavia, la legge n. 97/2013 non ha esaurito le categorie di cittadini stranieri di Paesi terzi aventi diritto alla parità di trattamento nell’accesso all’attività lavorativa in condizioni di parità di trattamento con i cittadini italiani, con l’eccezione di quelle attività che implichino l’esercizio di pubblici poteri. La legge n. 97/2013 ha omesso, infatti, secondo il giudice di Firenze, di prevedere tale diritto anche a favore dei familiari del rifugiato e ai titolari di carta blu UE. Pur facendo espressamente riferimento solo queste due categorie circoscritte, tutelate da fonti del diritto UE, nelle motivazioni il giudice del lavoro cita pure l’art. 2 c. 3 del d.lgs. n. 286/98, che costituisce attuazione della Convenzione OIL n. 143/1975 e che farebbe propendere per la tesi secondo cui gli obblighi internazionali vincolanti per l’Italia consentirebbero l’accesso alla funzione pubblica a tutti i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia con permesso di soggiorno valido per l’esercizio di attività lavorativa, anche se non lungo soggiornanti.