Il servizio anti-discriminazioni dell’ASGI ha esaminato la delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Accademia di Belle Arti di Roma del 4 dicembre 2012 relativamente alle tasse e contributi per l’anno accademico 2013/2014 che prevede importi differenziati a seconda della cittadinanza degli studenti, con un trattamento sfavorevole, a parità di altre condizioni, nei confronti dei cittadini di Paesi terzi non appartenenti all’Unione europea rispetto ai cittadini nazionali e di Stati membri dell’Unione europea (la regolamentazione in materia di tasse e contributi per l’anno accademico 2013/2014 è accessibile al pubblico alla pagina web dell'Accademia.
Ne è risultato che effettivamente l’Accademia viene ad applicare un trattamento differenziato e sfavorevole per gli studenti appartenenti a Paesi terzi non membri dell’Unione europea, in ragione soltanto della loro nazionalità e a parità di altre condizioni.
Infatti, per i soli studenti di nazionalità extracomunitaria, e dunque sulla base esclusivamente della loro appartenenza ad un Paese terzo non membro UE, viene previsto un contributo universitario fisso pari a 1,000 euro, suddiviso di due rate di 500 euro ciascuna, aggiuntivo ed ulteriore rispetto al contributo accademico ordinario, previsto per tutti, e suddiviso in tre rate, la prima fissa pari a 200 euro e la seconda e la terza variabile a seconda degli importi dell’attestazione/autocertificazione reddittuale ISEE/ISEEU .
Il servizio antidiscriminazioni dell’ASGI ritiene che tale condotta dell’Accademia di Belle Arti di Roma sia illegittima e venga in contrasto con norme di legge nazionali ed europee.
L’art. 39 c. 1 del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (d.lgs. n. 286/98), intitolato “Accesso ai corsi delle università” così prevede: “In materia di accesso all’istruzione universitaria e di relativi interventi per il diritto allo studio è assicurata la parità di trattamento tra lo straniero e il cittadino italiano, nei limiti e con le modalità di cui al presente articolo”.
Il successivo comma 3 lettera d) rimanda al regolamento attuativo della disciplina sull’immigrazione per la definizione dei “criteri per la valutazione della condizione economica dello straniero ai fini dell’uniformità di trattamento richiesta ai fini di accesso all’istruzione universitaria e relativi strumenti per il diritto allo studio”. Tali criteri valutativi sono stati definiti con l’art. 46 c. 5 del d.P.R. n. 394/99 e successive modifiche, per cui il legislatore ha definito puntualmente le modalità con le quali gli atenei e gli istituti di istruzione superiore debbano valutare la condizione patrimoniale ed economica degli studenti stranieri direttamente provenienti dai Paesi di origine al fine di implementare il principio di parità di trattamento richiesto, in ossequio a criteri di equità e ragionevolezza .
Il principio di parità di trattamento nell’accesso agli studi universitari è ulteriormente ribadito al successivo comma 5 dell’art. 39 del d.lgs. n. 286/98, con particolare riferimento a quei cittadini stranieri già regolarmente soggiornanti in Italia con un permesso di soggiorno non temporaneo, ovvero per i quali l’accesso all’università non costituisce il motivo per richiedere un primo ingresso in Italia: “E’ comunque consentito l’accesso ai corsi universitari e alle scuole di specializzazione delle università, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia, nonché agli stranieri , ovunque residenti, che sono titolari dei diplomi finali delle scuole italiane all’estero o delle scuole straniere o internazionali, funzionanti in Italia o all’estero, oggetto di intese bilaterali o di normative speciali per il riconoscimento dei titoli di studio e soddisfino le condizioni generali richieste per l’ingresso per studio”
Non si vede, pertanto, alcun motivo ragionevole per distinguere gli studenti di Paesi terzi non membri dell’Unione europea da quelli nazionali e comunitari e stabilire una preferenza per i secondi rispetto ai primi nell’accesso agli studi universitari, assoggettando i primi ad un’imposizione contributiva maggiore rispetto ai secondi e dettata unicamente dalla loro nazionalità.
Nel caso di studenti stranieri provenienti direttamente dai loro Paesi di origine e giunti in Italia per motivi di studio universitario, la legislazione italiana già prevede i meccanismi e le modalità attraverso le quali valutare la loro condizione economica e patrimoniale nei Paesi di origine, effettuando le conseguenti comparazioni e bilanciamenti mediante l’utilizzo delle apposite tabelle ministeriali, mentre nei casi di studenti universitari stranieri appartenenti alle seconde generazioni di immigrati, nati o giunti in Italia durante la minore età per motivi di riunificazione familiare, i cui nuclei familiari di appartenenza, residendo in Italia, sono assoggettati all’assolvimento dei medesimi doveri fiscali previsti per i cittadini italiani, l’assoggettamento alla contribuzione accademica dovrebbe sottostare alle medesime condizioni previste per gli altri studenti italiani e comunitari, modulata sulla base del requisito reddittuale previsto dalla dichiarazione ISEE/ISEEU.
La disparità di trattamento tra italiani e stranieri, pertanto, costituisce, ad avviso del servizio antidiscriminazioni dell’ASGI, una violazione della legislazione nazionale in materia di immigrazione e status del cittadino straniero, nonchè dei principi costituzionali di eguaglianza e ragionevolezza richiamati anche dalla giurisprudenza costituzionale (sent. Corte Cost. n. 432/2005).
L’ASGI ritiene, pertanto, che il trattamento differenziato previsto per gli studenti di Paesi terzi non membri dell’Unione europea nell’accesso agli studi universitari presso l’Accademia di Belle Arti di Roma con l’assoggettamento al pagamento di tasse e contributi di importo superiore e aggiuntivo a quello previsto per gli studenti nazionali e comunitari, costituisca una discriminazione vietata dall’art. 43 del d.lgs. n. 286/98.
Tali considerazioni sono state opportunamente richiamate anche in un caso di giurisprudenza, attinente ad una fattispecie analoga a quella qui in esame, ovvero l’ordinanza dd 23.12.2006 con la quale il Tribunale di Bologna ha dichiarato quale discriminatorio e illegittimo il comportamento dell’Università privata Bocconi di Milano che applicava tariffe più svantaggiose per i cittadini extracomunitari per quanto concerne i contributi di immatricolazione collocandoli, per il solo fatto della loro nazionalità, nella fascia più elevata, a prescindere dal reddito familiare dello studente e della sua famiglia di appartenenza.
La questione dei profili discriminatori contrari al diritto dell’Unione europea della condotta dell’Accademia di Belle Arti consistente nel prevedere un trattamento sfavorevole agli studenti di nazionalità extracomunitaria nella fissazione dei livelli delle tasse e dei contributi universitari rileva anche riguardo a talune categorie di cittadini di Paesi terzi non membri dell’Unione europea tutelati dal diritto UE.
La condizione di piena e perfetta parità di trattamento rispetto ai cittadini italiani e comunitari nell’accesso agli studi universitari deve essere assicurata ai familiari extracomunitari di cittadini italiani o comunitari, anche per effetto delle norme del diritto europeo sulla libertà di circolazione e soggiorno dei cittadini di Stati membri dell’Unione europea e dei loro familiari, indipendentemente dalla cittadinanza di questi ultimi.
L’art. 24 della direttiva n. 2004/38/CE sulla libera circolazione e soggiorno dei cittadini di Stati membri dell’Unione europea infatti sancisce che “ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base alla presente direttiva, nel territorio dello Stato membro ospitante gode di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del trattato. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente”.
Ulteriormente, l’art. 12 del regolamento comunitario n. 1612/68 (ora Regolamento UE n. 492/2011 dd. 05.04.2011) dispone che i figli di un lavoratore comunitario, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta, hanno accesso, alle stesse condizioni dei cittadini del Paese ospitante, ai corsi di istruzione, qualora risiedano nel territorio dello stesso Stato e tale condizione di parità di trattamento deve estendersi a tutti i provvedimenti miranti a facilitare la frequenza dei corsi di insegnamento, ivi compresi gli aiuti, i sussidi e le borse di studio (vedi sentenze CGE 15.03.1989, causa Echternach e Moritz, cause 389/87 e 390/87 e CGE, sentenza dd. 13.11.1990, causa C-308/89, caso Di Leo contro Germania ).
Oltre ai familiari extracomunitari di cittadini di Paesi membri UE, ha rilievo pure la normativa europea in materia di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo.
L’art 11 (rubricato appunto “parità di trattamento”) comma 1 lettera b) della direttiva 2003/109/CE , relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (d’ora in poi, per brevità, “lungo soggiornanti”) e recepita in Italia con il d.lgs. n. 3/2007, prevede quanto segue:
“"Il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento del cittadino nazionale per quanto riguarda…l’istruzione e la formazione professionale, compresi gli assegni scolastici e le borse di studio secondo il diritto nazionale”.
L’art. 11 c. 3 lett. b) della direttiva medesima ha previsto quali uniche limitazioni consentite agli Stati membri riguardo al principio di parità di trattamento dei lungo soggiornanti rispetto ai cittadini nazionali nell’accesso all’istruzione, quelle della prova del possesso delle adeguate conoscenze linguistiche e di specifiche condizioni riguardanti la formazione scolastica.
Alla luce di quanto sopra, il servizio anti-discriminazioni dell’ASGI ha chiesto agli organi direttivi dell’Accademia di Belle Arti di Roma di far cessare il comportamento discriminatorio messo in atto nei confronti degli studenti appartenenti a Paesi terzi non membri dell’Unione europea e di rimuovere gli effetti della discriminazione, cancellando il contributo accademico aggiuntivo fisso e restituendo agli studenti extracomunitari le somme che essi avessero già eventualmente versato in occasione del pagamento della prima rata, la cui scadenza è prevista per il giorno 10 ottobre prossimo.
La segnalazione è stata trasmessa pure all’UNAR (Ufficio Nazionale Anti-Discriminazioni), presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità e alla Commissione europea.
Per ulteriori informazioni si veda anche l'articolo comparso sulla rivista on-line: "PIU'CULTURE - Migrazioni ed incontri a Roma"a cura del Servizio antidiscriminazioni dell'ASGI. Progetto con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS