Secondo la Corte di Cassazione, infatti, il reato di propaganda ed istigazione alla discriminazione e all’odio razziale di cui alla legge n. 205/1993 (“legge Mancino”) costituisce reato di mera condotta, che si perfeziona indipendentemente dalla circostanza che la propaganda o la istigazione siano raccolte dai destinatari del messaggio (Cass., sez. III pen., n. 37581 dd. 07/05/2008, dep. 3/10/2008). Ugualmente la norma configura un delitto con dolo generico, integrato dalla mera coscienza e volontà di propagandare idee razziste o di istigare alla discriminazione razzista. La Corte di Cassazione, con la presente sentenza, precisa che i social network e lo strumento di internet sono certamente idonei a diffondere messaggi volti ad influenzare le idee e i comportamenti dell’opinione pubblica e, pertanto, la propaganda attraverso questi mezzi di idee fondate sull’odio razziale e la discriminazione razziale configura certamente le ipotesi di reato previste dalla normativa.
Ugualmente, la Corte di Cassazione ribadisce un proprio orientamento già formatosi, secondo cui la “comunità virtuale in internet” è idonea strutturalmente a configurare una fattispecie associativa (Cass., sez. III penale,. N. 8296 dd. 3/3/2005) , ove possano essere riscontrati requisiti di stabilità e di organizzazione nella regolamentazione delle comunicazioni sul web, dettata da un responsabile, e l’elemento soggettivo della partecipazione all’associazione, quando gli aderenti al gruppo vengono edotti e condividono le finalità del gruppo medesimo. In sostanza il minimum organizzatorio necessario ad integrare l’associazione a delinquere si modula in maniera specifica per le realtà associative c.d. ‘in rete’ (chat,. Blog, virtual communities), non potendosi per tali strutture ricercare quella fisicità di contatti tra i partecipi tipica dell’associazione a delinquere di tipo ‘classico’.
Infine, secondo la Cassazione, non ha rilievo il fatto che il sito internet-madre sia stato costituito all’estero, ed operi su un server estero perchè trova applicazione l’art. 6 c.p. che sintetizza l’interesse dello Stato a punire coloro che , in qualche modo, abbiano posto in essere un’attività illecita che abbia violato le norme penali, quando almeno una frazione di tali attività del sodalizio criminoso si siano svolte nel territorio dello Stato, incluse quelle di programmazione, ideazione e direzione delle medesime. Viene richiamata pure una giurisprudenza di cassazione che richiama la punibilità della diffamazione compiuta via internet anche nel caso in cui il sito web sia stato registrato all’estero, purchè l’offesa sia stata percepita da fruitori che si trovino in Italia (Cass., sez. V, n. 4741 dd. 17.11.2000, dep. 27.12.2000).
a cura del servizio anti-discriminazioni dell'ASGI, progetto finanziato dalla Fondazione italiana a finalità umanitaria Charlemagne ONLUS.