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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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22.05.2013

Prestazioni di vecchiaia e residenza abituale in due Stati membri distinti

 
Corte di Giustizia dell'Unione europea, sentenza del 16 maggio 2013, n. C-589/10
 
 

La sentenza


L’articolo 10 del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996, come modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 592/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, deve essere interpretato nel senso che, ai fini dell’applicazione di tale regolamento, una persona non può disporre, contemporaneamente, di due luoghi di residenza abituale nel territorio di due Stati membri distinti.
In forza delle disposizioni di tale regolamento n. 1408/71, e in particolare dei suoi articoli 12, paragrafo 2, e 46 bis, un ente competente di uno Stato membro, in circostanze come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, non può legittimamente sopprimere in modo retroattivo il diritto alla pensione di vecchiaia del beneficiario e richiedere il rimborso delle indennità pensionistiche che si asserisce siano state indebitamente versate per il fatto che quest’ultimo percepisce una pensione per i superstiti in un altro Stato membro nel cui territorio tale soggetto ha del pari avuto una residenza. Tuttavia, l’importo di detta pensione di vecchiaia percepita nel primo Stato membro può subire una riduzione nel limite dell’importo delle prestazioni corrisposte nell’altro Stato membro in forza dell’applicazione di un’eventuale norma anticumulo nazionale.
L’articolo 45 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta, in circostanze come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, a una decisione che disponga la riduzione dell’importo della pensione di vecchiaia percepita nel primo Stato membro nel limite dell’importo delle prestazioni corrisposte nell’altro Stato membro in forza dell’applicazione di un’eventuale norma anticumulo, purché tale decisione non determini, in capo al beneficiario di tali prestazioni, una situazione sfavorevole rispetto a quella in cui si trova una persona la cui situazione non presenta alcun elemento transnazionale e purché, nel caso in cui l’esistenza di un tale svantaggio fosse accertata, essa sia giustificata da considerazioni oggettive e sia proporzionata rispetto all’obiettivo legittimamente perseguito dal diritto nazionale, aspetto che incombe al giudice del rinvio verificare.
 
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