ASGI

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
Indietro
 
 
27.02.2013

Tribunale di Reggio Emilia: Ha diritto al permesso di soggiorno per motivi familiari il transessuale straniero coniugato con cittadina italiana, quando il matrimonio è ancora legalmente valido per mancanza di rettifica anagrafica del sesso e vi è effettiva convivenza

 
Non si può escludere il legame affettivo tra i coniugi solo perché l’interessato ha in atto o compiuto un percorso di mutamento di sesso verso il genere dell’altro coniuge.
 
Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 09 febbraio 2013 (proc. n. 8354/2012 r.g.) (320.19 KB)
 

Il Tribunale di Reggio Emilia,  con ordinanza dd. 9 febbraio 2013 (procedimento n. 8354/2012 r.g.), ha accolto il ricorso di un cittadino brasiliano transessuale, che assume sembianze femminili, ma risulta ancora anagraficamente registrato come appartenente al genere maschile, coniugato con cittadina italiana, avverso il diniego al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari pronunciato dalla Questura di Reggio Emilia e fondato sull’asserita incompatibilità tra identità di genere del marito ed il requisito della convivenza more uxorio intesa come effettiva comunità di vita materiale e spirituale tra i coniugi, sulla base dell’art. 30 comma 1-bis del d.lgs. n. 286/98.

Il giudice del Tribunale di Reggio Emilia innanzitutto rileva che  il ricorrente risulta legalmente coniugato con la cittadina italiana e che i coniugi sono tuttora di diverso sesso anagrafico, posto che il ricorrente, pure assumendo di fatto le sembianze dell’altro genere, non ha mai richiesto la rettificazione anagrafica del sesso a norma della legge n. 164 dd. 14.04.1982. Il giudice ricorda che soltanto la rettificazione anagrafica di attribuzione di sesso, disposta con sentenza passata in giudicato, può essere causa di divorzio ex lettera “g” dell’art. 3, II comma  L. 1 dicembre 1979. Risultano ancora controverse le questioni se la rettificazione anagrafica  del sesso a seguito di intervento chirurgico necessiti di domanda delle parti, così come   l’ipotesi di divorzio d’”ufficio” potrebbe presentare profili di incompatibilità con i principi costituzionali per eccessiva e sproporzionata intrusione nella sfera della vita familiare.

La questione fondamentale che viene in risalto nel caso in questione- rileva il giudice- è però l’infondatezza dell’assunto operato dalla Questura di Reggio Emilia dell’incompatibilità in radice tra l’identità di genere del marito e il requisito della convivenza more uxorio come comunità di vita anche spirituale ed affettiva, per cui necessariamente, -secondo la questura - anche in presenza di un  matrimonio tra i due coniugi legalmente valido, esso dovrebbe essere assimilato ad un ‘matrimonio di comodo’, volto allo scopo esclusivo di permettere al cittadino straniero di soggiornare nel territorio dello Stato. In sostanza, il ragionamento della Questura è che il ricorrente transessuale, assumendo un ‘identità di genere femminile, necessariamente dovesse avere un orientamento sessuale diretto nei confronti delle persone appartenente al genere opposto e non al genere col quale si identifica e dunque il suo matrimonio con la cittadina italiana, anche se legalmente valido, sarebbe fittizio e ‘di comodo’.

Al riguardo, il giudice  rileva come la questione dell’identità di genere deve essere distinta dalla questione dell’orientamento sessuale per cui  anche la letteratura evidenzia la non infrequente ipotesi di soggetti che pur identificandosi nel genere opposto mantengono orientamento sessuale nei confronti dello stesso genere opposto (quindi ad es. il transessuale “da maschio a femmina” che  ha un orientamento sessuale diretto nei confronti del genere femminile). Del resto accanto alla letteratura scientifica, il giudice evidenzia una crescente casistica giurisprudenziale a livello europeo, internazionale e anche interno. Viene citata la recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo dd. 12 novembre 2012 sul caso H c. Finlandia, ove veniva sottoposta al vaglio della Corte la normativa finlandese che impone la trasformazione del matrimonio in una civil partnership quale effetto ex lege della rettificazione anagrafica del sesso, essendo il matrimonio istituto riservato dalla legislazione finlandese a coniugi di sesso diverso. La causa aveva trovato origine dall’opposizione dei ricorrenti allo scioglimento del matrimonio. Sebbene la Corte di Strasburgo alla fine abbia ritenuto che la scelta del legislatore  finlandese rientri nel margine di apprezzamento del Paese membro, e che dunque non vi era violazione degli artt. 8 e 14 della CEDU, anche perché la civil partnership finlandese assicura diritti pressoché identici a quelli del matrimonio e i diritti dei figli non vengono intaccati, la Corte ha comunque ribadito il proprio orientamento ormai consolidato per cui le relazioni  tra persone dello stesso sesso conviventi rientrano nella nozione di “vita familiare” protetta dall’art. 8 CEDU. Ugualmente, della materia si è occupata la Corte Costituzionale tedesca, con la sentenza 27 maggio 2008, che ha affermato l’illegittimità della normativa che imponeva lo scioglimento del matrimonio prima della rettificazione di sesso. Nel corso di quel procedimento, era intervenuta dinanzi alla Corte la Società tedesca di ricerca sulla sessualità, rilevando come “vi è un ampio ventaglio di orientamenti sessuali tra gli assai eterogenei gruppi di transessuali da Uomo a Donna” ed in certi casi il conflitto interiore tra salute psichica e benessere della famiglia che sorge in queste persone già unite in rapporti matrimoniali talvolta finisce per “approfondire ancora di più il legame tra i coniugi” . Ugualmente, la Corte costituzionale austriaca ha dichiarato l’incostituzionalità della norma che imponeva lo scioglimento del matrimonio  a seguito del mutamento di sesso di uno dei due coniugi (Corte Cost. austriaca, 8 giugno 2006). Casi analoghi si sono posti nella giurisprudenza svedese e francese e di recente anche in quella italiana. Su un caso analogo a quello di Reggio Emilia, è intervenuto di recente il Tribunale di Rimini, con ordinanza 13 aprile 2012, nella  quale è stato ritenuto  illegittimo il diniego della questura di rilasciare la carta di soggiorno ad un  cittadino brasiliano regolarmente coniugato con una cittadina italiana, nonostante il percorso di mutamento del sesso avviato dal primo, non risultando alcuna rettificazione anagrafica di sesso. Per un caso di giurisprudenza giunto in Cassazione, il giudice cita anche Cassazione, 1 sez. civile, sentenza 14 aprile 12005- 18 giugno 2005.

Avendo in considerazione che già nel corso di due precedenti procedimenti giudiziari avviati a fronte di ricorsi avverso un precedente diniego al rilascio del permesso di soggiorno, e all’espulsione commutata dalla questura, era emersa la sussistenza del requisito dell’effettiva convivenza tra i due coniugi, conducendo i medesimi vita in comune ed avendo un rapporto affettivo evidente ed intenso e non certamente simulato, il giudice di Reggio Emilia ha dunque ritenuto che ogni ulteriore accertamento in proposito costituirebbe un’indebita e sproporzionata intrusione nella sfera personale e familiare dei coniugi e che il diniego al permesso di soggiorno notificato dalla questura appare dunque illegittimo in quanto fondato su un’assunzione infondata di incompatibilità tra identità di genere e convenienza more uxorio che non tiene conto della pluralità di scelte di orientamento sessuale anche all’interno della popolazione transessuale.

Il giudice di Reggio Emilia ha dunque ordinato alla questura il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari a favore del ricorrente.

a cura di Walter Citti, servizio Anti-discriminazioni ASGI. Progetto con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.

 
» Torna alla lista