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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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19.09.2012

Corte di Appello di Milano: L’esclusione dei cittadini di Paesi terzi non membri UE dal beneficio dell’assegno INPS per i nuclei familiari numerosi è contraria alla CEDU

 
Respinto l’appello proposto da INPS contro l'ordinanza di primo grado.
 
Corte di Appello di Milano, sez. lavoro, sentenza dd. 24.08.2012 n. 7106/12 (182.41 KB)
 

La Corte di Appello di Milano, sez. lavoro, con sentenza dd. 24 agosto 2012 n. 7106/12, ha respinto l’appello proposto dall’INPS contro l’ordinanza  di primo grado emanata dal Tribunale di Milano  che aveva riconosciuto ad una cittadina senegalese regolarmente soggiornante in Italia con permesso di soggiorno ordinario il diritto all’erogazione dell’assegno familiare per i nuclei familiari numerosi con almeno tre figli minori, previsto dall'art. 65 della L. n. 448/1998 a favore dei soli cittadini italiani e di altri Stati membri UE. In virtù del requisito di cittadinanza, l’INPS ed il Comune di Trezzano Rosa avevano negato alla cittadina senegalese l’accesso al beneficio.

Si ricorda, infatti, che  con circolare n . 9 dd. 22/01/2010, l'INPS ha riconosciuto ai cittadini di Paesi terzi titolari dello status di rifugiato politico o della protezione sussidiaria il diritto di accedere al suddetto assegno poiché l'art. 27 del Decreto legislativo 251/07, di recepimento della direttiva CE 2004 /83 (relativa all'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa della protezione internazionale)  ha riconosciuto il diritto per tali soggetti di godere del medesimo trattamento riconosciuto al cittadino italiano in materia di assistenza sociale e sanitaria. Fino a questo momento, tuttavia, le disposizioni amministrative non hanno mai esteso tale beneficio nemmeno ai nuclei familiari ove il richiedente sia un cittadino di paese terzo titolare di un permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti di cui all'art. 9 del T.U. immigrazione, nonostante la clausola di parità di trattamento contenuta nella direttiva n. 109/2003. Tale esclusione ha determinato una serie di contenziosi finora risoltisi a favore dell’accesso degli stranieri lungo soggiornanti al beneficio sociale (Tribunale di Gorizia, ordinanza n. 351/2010 dd.  01.10.2010, poi confermata in sede di reclamo con ordinanza    dd. 07.12.2010 n. 506/2010  e successivamente  in sede di primo giudizio di merito con sentenza n. 63/2012 dd. 3 maggio 2012; Tribunale di Padova, ordinanza  dd. 5.12.2011; Tribunale di Milano, ordinanza  dd. 16.07.2012;  in proposito si veda: http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=2308&l=it ).
La sentenza della Corte di Appello di Milano è la prima tuttavia che afferma il diritto al beneficio sociale in oggetto anche agli stranieri di Paesi terzi regolarmente soggiornanti non titolari dello status di lungo soggiornanti. Nella motivazione della sentenza, a dire il vero assai sommaria, i giudici di Milano sembrano ancorare tale diritto alle norme europee in materia di diritti umani ed in particolare all’art. 14 della CEDU relativo al principio di non discriminazione.

Secondo, infatti, la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, una disparità di trattamento fondata (direttamente o indirettamente) sulla nazionalità che escluda i cittadini stranieri dall’accesso a prestazioni di welfare può essere giustificata solo da “ragioni molto forti” e tra esse non possono ricomprendersi le ragioni di bilancio o contenimento della spesa pubblica; in mancanza di dette ragioni molto forti si è in presenza di una discriminazione vietata dall’art 14 CEDU in relazione all’art. 1 del Protocollo n. 1 addizionale alla CEDU. Così non sono state ritenute giustificabili dalla necessità di equilibrare le spese di welfare con le risorse finanziarie disponibili, le argomentazioni avanzate dal governo francese nel caso Koua, in cui si limitava la cerchia dei beneficiari in ragione della cittadinanza, né quelle proposte dal governo austriaco nel caso Gaygusuz in cui si giustificavano le restrizioni imposte in ragione di un’asserita “speciale responsabilità” che lo Stato avrebbe nel tutelare con priorità i bisogni dei propri cittadini rispetto a quelli di coloro che tali non sono (Corte europea dei diritti dell’Uomo, sentenza Koua Poirrez c. Francia, 30 settembre 2003 in particolare paragrafo 43; sentenza Gaygusuz c. Austria, 16 settembre 1996, in particolare paragrafo 45). Tali considerazioni sono state  riprese più recentemente dalla sentenza della Corte Costituzionale italiana n. 187 dd. 26-28.05.2010.

Sulla base di tali  considerazioni, peraltro non chiaramente espresse nella motivazione, ma evidentemente sottese, i giudici di Milano hanno ritenuto possibile attuare un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma di cui alla legge 448/1998 piuttosto che rinviarla al giudizio di legittimità costituzionale.

 

A cura del servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni . Progetto ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.

 
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