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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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25.05.2012

Le sbarre pił alte - Rapporto sul CIE di Ponte Galeria a Roma

 
Indagine nel CIE pił grande d'Italia di Medici per i diritti umani (MEDU).
 
 
Medici per i diritti umani (MEDU), organizzazione indipendente, ha svolto una serie di indagini e visite nel centro di identificazione e di espulsione per migranti irregolari più grande di Italia, il CIE di Ponte Galeria. Le sue conclusioni sono state pubblicate nel rapporto “Le sbarre più alte”.

Il rapporto analizza innanzitutto i servizi medico-sanitari garantiti all’interno del centro. Nonostante l’assistenza sanitaria sia fornita 24 ore su 24 da un’equipe di medici e infermieri e nonostante la dichiarazione di essere “un’isola felice” da parte del direttore sanitario del Cie, Medu denuncia che “il diritto alla salute per i trattenuti appare ancora meno garantito che in passato in ragione del fatto che l’ente gestore del Cie romano è in grado di assicurare solo un’assistenza sanitaria di primo livello, che il personale sanitario della asl non ha accesso al centro e che il periodo massimo di trattenimento è stato prolungato a 18 mesi”. Viene denunciata scarsa attenzione da parte dei sanitari rispetto ai malesseri e i sintomi manifestati dai trattenuti, difficoltà ad accedere a visite specialistiche ed esami diagnostici in strutture esterne al centro, difficoltà a ricevere visite da parte di conviventi, amici e a volte anche di familiari”. Tali ostacoli risultano essere strettamente correlati alle caratteristiche di struttura chiusa al mondo esterno del Cie. Il personale della ASL non ha infatti, in nessun modo accesso al centro e per l’invio di un paziente presso centri esterni è sempre necessaria la disponibilità di una scorta per l’accompagnamento.
Questo fa del Cie, al di là dell’impegno dell’ente gestore, la cooperativa Auxilium, subentrata nel 2010 alla Croce Rossa, una struttura che ‘congenitamente’ non rispetta i diritti inviolabili dell’uomo. “Un sistema che sembra essere deputato non tanto ad identificare ed espellere quanto piuttosto a sorvegliare e punire”, si legge nel rapporto.
Il responsabile sanitario del centro riferisce una forte richiesta di sedativi da parte dei trattenuti per placare stati d’ansia. In media, circa il 50% dei trattenuti assumerebbe ansiolitici e sebbene il responsabile sanitario affermi che la somministrazione di psicofarmaci ansiolitici sia stata razionalizzata secondo le linee guida riconosciute, il centro continua a non disporre di competenze specialistiche per la gestione di un alto numero di pazienti in un contesto così complesso e problematico.

La situazione è esplosiva se si considera che il numero di espulsioni è diminuito, mentre la durata della detenzione è triplicata. Nel 2011 le persone internate nel Cie di Ponte Galeria sono state 2.049 e quelle rimpatriate 802 (il 39% del totale dei trattenuti). Nei due anni precedenti il rapporto tra rimpatriati/transitati è stato di 1.031 su 2.172 (47%) per il 2010 e di 1.548 su 3.206 (48%) per il 2009. Al contempo il periodo massimo di trattenimento è stato prolungato, prima da 60 giorni a 6 mesi (agosto 2009), e poi da 180 giorni a 18 mesi (agosto 2011).

Il rapporto si sofferma anche sulle nazionalità più presenti nel CIE, e a sorpresa emerge che dopo Tunisia e Nigeria l’anno passato sono i romeni la nazionalità più presente nel centro. Sorprende in quanto i Cie dovrebbero servire a rimpatriare gli immigrati irregolari provenienti da paesi non comunitari, le persone che arrivano da paesi dell’Unione europea (come i romeni) possono essere internati solo per particolari motivi di ‘pericolosità sociale’. Si configura dunque un uso molto esteso di questa misura eccezionale.

Fonte: Redattore Sociale.it

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