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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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12.04.2012

Contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno

 
Circolare del Ministero dell’Interno - Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere del 2 aprile 2012 prot. 2665
 
La circolare (130.77 KB)
 
Il Ministero dell’Interno "chiarisce" i dubbi sul “Contributo per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno”, entrato in vigore il 30/01/2012 con il Decreto 6 ottobre 2011.Con circolare del 2 aprile 2012 n. 2665, informa che:
- il duplicato del permesso di soggiorno non è esentato dal nuovo contributo. I cittadini stranieri sono tenuti al pagamento del contributo nei casi di richiesta di “duplicato”. L’importo da corrispondere è in relazione al periodo di validità del nuovo permesso di soggiorno rilasciato;
- il permesso di soggiorno rilasciato ai familiari maggiorenni degli stranieri a cui è stato riconosciuto il diritto di asilo ovvero la protezione sussidiaria non sono esentati dal versamento del nuovo contributo. Di conseguenza per i familiari degli asilanti non vi sono i presupposti giuridici per riconoscere l’esenzione del contributo;
- il contributo è dovuto anche neri casi di diniego del permesso di soggiorno in relazione all’attività istruttoria espletata. Pertanto al cittadino straniero non spetta alcun rimborso delle somme versate a titolo di contributo. Viceversa è possibile il diritto al rimborso del costo del permesso di soggiorno elettronico (euro 27,50), essendo quest’ultimo rapportato all’onere sostenuto dall’Amministrazione per la produzione del titolo.

"La disposizione che impone il contributo è illegittima per violazione dei principi costituzionali in materia di fiscalità" ricorda l'avv. Marco Paggi ", vista la natura “mista” dello stesso, che configura formalmente ed espressamente (vedi imputazione del ricavato) un tributo quale corrispettivo del “servizio”amministrativo (peraltro già precedentemente addebitato con la procedura postale) ma anche una specifica tassa per far contribuire i soli immigrati alla spesa pubblica per la sicurezza di tutta la collettività".
La cosidetta "tassa di soggiorno" è, infatti, già oggetto del ricorso al Tar del Lazio presentato il 22 febbraio da Inca e Cgil. Nel testo del ricorso si legge “Il contributo è stato fissato sulla base della durata dei permessi di soggiorno. E’ pertanto del tutto sganciato dalla capacità contributiva dei richiedenti, ed essendo di “indole tributaria”, viola il principio dell’art. 53 della Costituzione, che stabilisce che tutti debbono concorrere alla spesa pubblica in ragione della loro capacità contributiva. Appare evidente che essendo il contributo imposto sulla base della richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno, questo di per se non definisce alcun sintomo di ricchezza, né il contributo pagato per la destinazione che ha, offre alcun vantaggio futuro allo straniero che è costretto a versarlo. Inoltre il contributo è un prelievo tributario particolarmente odioso, illegittimo e discriminatorio, in quanto colpisce esclusivamente gli stranieri regolarmente soggiornanti, imputando loro i costi di attività che sono a vantaggio dell’intera collettività. Infatti il gettito derivante da questo contributo confluisce per il 50% nel “Fondo rimpatri” (come stabilito dall’art. 14-bis del Testo Unico). Ma questo Fondo non giova sicuramente allo straniero che chiede il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, in quanto potrebbe restare in Italia a tempo indeterminato. Inoltre in questo modo gli stranieri regolari contribuiscono in misura differente dagli altri cittadini alle spese di rimpatrio, spese sostenute non nell’interesse degli stranieri, ma dell’intera collettività e quindi a carico della fiscalità generale. I costi dell’immigrazione irregolare pertanto vengono addebitati in misura significativa proprio a coloro che si impegnano e si sforzano per rimanere nella regolarità. Inoltre la convenzione OIL n. 143/75 ha stabilito che in caso di rimpatrio il lavoratore e la sua famiglia non devono sostenere i costi del rimpatrio. Se perciò non è consentito accollare questi costi agli stranieri irregolari appare ancora più irragionevole accollarli ad uno straniero regolare, il quale – oltretutto – è oggetto alla stipula del contratto di soggiorno, che prevede un impegno da parte del datore di lavoro a sostenere le spese di rientro nel paese di provenienza, secondo quanto stabilito dall’art. 5 bis del Testo Unico. Ancora più irragionevole ed illegittimo è che i costi del contrasto all’immigrazione irregolare non sono addossati in forma di una tantum, ma sono dovuti ad ogni rinnovo del permesso di soggiorno. Pertanto più tempo permane lo straniero nel nostro Paese, più dovrà versare. In merito all’ulteriore impiego del 50% del gettito, che l’art. 14-bis del Testo Unico destina a sostenere gli oneri connessi alle attività istruttorie per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno, occorre evidenziare che il Decreto ha dettato previsioni in parte difformi, destinando il 70% di questa quota ad attività che nulla hanno a che fare con le attività per i rilasci e i permessi di soggiorno, e soltanto una parte assolutamente residua al fine stabilito, violando quanto stabilito dal Testo Unico. Ma anche qualora il decreto avesse rispettato quanto stabilito dal Testo Unico, occorre evidenziare che gli stranieri già sostengono i costi relativi all’espletamento delle procedure, con l’importo di 30 euro, che viene incassato attraverso Poste Italiane. Illegittimo pertanto appare la “duplicazione” del contributo, oltretutto variabile sulla base della durata del permesso di soggiorno (laddove le attività istruttorie sono uguali per tutti), quando il Testo Unico si era limitato a fissare una misura minima e massima. La scelta di graduare l’ammontare in base alla durata è senz’altro irragionevole e discriminatoria in quanto colpisce maggiormente i lavoratori precari che versano in situazioni economiche più difficili. Questo perché lo straniero che si trova a dover rinnovare il permesso di soggiorno più volte nell’arco dell’anno, avendo per contratti di lavoro di tipo stagionale o interinale, pagherà cifre di gran lunga più elevate di colui che avrà un permesso annuale o biennale”.

Per approfondire : commento sui contenuti della circolare a cura del progetto Melting Pot


 
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