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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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14.02.2012

L’ente locale obbligato dal giudice a riaprire i termini di un bando per l’erogazione di prestazioni sociali, consentendo anche agli stranieri di parteciparvi, non può chiedere la restituzione dei contributi a coloro che li avevano già percepiti

 
Ordinanza cautelare del TAR Brescia sospende delibera del Comune di Adro.
 
TAR Lombardia, sez. distaccata Brescia, ordinanza cautelare n. 94 dd. 10.02.2012 (n. 67/2012 Reg.Ric.) (36.02 KB)
 

In data 10 febbraio 2012, il TAR Lombardia, sez. distaccata di Brescia, ha emanato un ‘ordinanza di sospensione cautelare (n. 94/2012) della delibera del Comune di Adro (Bs) con la quale era stata disposta la restituzione dei contributi già erogati per il sostegno dell’affitto, in quanto l’originario  bando che l’Amministrazione aveva emanato al riguardo era stato giudicato discriminatorio dal giudice di Brescia, con ordinanza del 22 luglio 2010, poi confermata dall’ordinanza del 15 ottobre  2010, in quanto riservato unicamente ai cittadini italiani e comunitari. Il giudice di Brescia, rilevando che la procedura amministrativa di attribuzione dei contributi per l'affitto per l'anno 2009 non era stata ancora definita, aveva ritenuto dunque possibile procedere alla rimozione degli effetti del carattere discriminatorio del provvedimento comunale, ordinando  al Comune di riaprire i termini per la presentazione delle domande finalizzate ad ottenere detto contributo anche a chi ne era stato escluso dal bando che conteneva la clausola discriminatoria di nazionalità. Nel tentativo, dunque, di creare una ‘guerra tra poveri’, l’Amministrazione di Adro aveva dunque concluso il  procedimento amministrativo collegato alla prima graduatoria risultante dal bando discriminatorio erogando i contributi ai beneficiari, salvo poi con deliberazione giuntale del maggio 2011, decidere di chiedere ai medesimi la restituzione parziale delle somme erogate al fine di ripartire lo stanziamento previsto a favore anche dei nuovi beneficiari stranieri che si erano aggiunti per effetto della riapertura dei termini del bando e la rimozione delle clausole discriminatorie decise del giudice.

La delibera giuntale di Adro è stata tuttavia impugnata da alcuni dei beneficiari originari e dagli avvocati delle associazioni chiedendo al TAR di annullarla sulla  base della motivazione che  gli oneri del comportamento discriminatorio del Comune di Adro non potevano essere scaricati su coloro che in buona fede avevano percepito le somme loro erogate originariamente, ma doveva essere l’amministrazione medesima a farsi carico dei costi aggiuntivi derivanti dall’aumento del novero dei beneficiari.

Accogliendo l’istanza cautelare, il TAR ha dato ragione ai ricorrenti. Secondo i giudici amministrativi di Brescia, infatti, la posizione dei percettori in buona fede dei contributi  nella quantificazione originaria risultante dalla prima  graduatoria merita la stessa tutela riservata dall’art. 21-nonies della legge 7 agosto n. 241/90 ai controinteressati in caso di annullamento in autotutela di un provvedimento (“Il provvedimento amministrativo illegittimo…può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge”).  In altri termini, qualora le situazioni dei beneficiari originari si siano già consolidate e possano essere definite quali acquisite, anche in relazione al mancato avvertimento del carattere precario del contributo, al decorso di un significativo intervallo di tempo, alla consumazione del contributo per esigenze fondamentali della vita e al rischio di grave disagio economico nel caso di restituzione, gli interessi di tali privati cittadini dovranno ritenersi  prevalenti su quelli dell’amministrazione pubblica. Quest’ultima dovrà dunque reperire ulteriori ed aggiuntive risorse per far fronte ai nuovi richiedenti, nella misura stabilita dalla seconda graduatoria, nelle modalità previste dall’art. 194 c. 1 a del d.lgs. n. 267/2000 (T.U.O.E.L.) (“Con deliberazione consiliare di cui all’art. 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive”).

 L’ordinanza cautelare del giudice amministrativo di Brescia chiarisce dunque importanti aspetti relativi alle problematiche attinenti l’efficacia effettiva della tutela giudiziaria anti-discriminatoria.

 
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