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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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04.10.2011

Tribunale di Trieste: Discriminatoria l’esclusione degli infermieri extracomunitari dai concorsi pubblici

 
Illegittimo il bando indetto dall’Azienda Sanitaria di Trieste: l’art. 27 del T.U.imm. equipara gli infermieri extracomunitari a quelli di Paesi membri UE nell’accesso ai rapporti di pubblico impiego.
 
Tribunale di Trieste, sez. lavoro, ordinanza dd. 01.07.2011 (R.G. 408/11), est. Multari (accesso ai concorsi pubblici infermieri extracomunitari) (603.66 KB)
Tribunale di Trieste, sez. civile, ordinanza dd. 22.07.2011, pres. De Pauli (accesso infermieri extracee ai concorsi pubblici) (199.92 KB)
 

Il Tribunale di Trieste, con ordinanza del giudice del lavoro dd. 1 luglio 2011 (R.G. n. 408/11), ha accolto il ricorso presentato da una infermiera di nazionalità colombiana, coniugata con un cittadino italiano, avverso l’esclusione dalle procedure concorsuali indette dall’Azienda Sanitaria n. 1 Triestina per l’assunzione di infermieri professionali (B.U.R. FVG dd. 06.04.2011, si veda al link: http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1639&l=it ).

Facendo riferimento alla disciplina in materia di concorsi pubblici nel settore sanitario, ed in particolare  al Regolamento approvato con D.P.R. n. 220/2001, che prevede tra i requisiti generali di ammissione ai concorsi, quello del possesso della cittadinanza italiana, “salve le equiparazioni stabilite dalle leggi vigenti”, l’Azienda Sanitaria Triestina aveva indicato che non avrebbe ammesso alla procedura concorsuale indetta con il bando pubblicato in data  6 aprile 2011 gli infermieri di cittadinanza extracomunitaria.

Contro tale decisione, il servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali dell’ASGI aveva espresso una posizione  critica, cui era seguito una parere espresso dall’UNAR, l’Autorità’ nazionale anti-discriminazioni (si veda al link: http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1649&l=it ).

A seguito del ricorso promosso da un’infermiera colombiana, coniugata con un cittadino italiano, il giudice del lavoro di Trieste, con ordinanza dd. 1 luglio 2011, ha accertato il carattere discriminatorio del bando indetto dall’A.S.S. Triestina, ordinando dunque alla medesima di consentire la partecipazione al concorso anche agli stranieri privi di cittadinanza italiana o comunitaria.

Innanzitutto, il giudice del lavoro di Trieste ha esaminato d'ufficio la questione della  competenza giurisdizionale.

Il giudice del lavoro di Trieste ha seguito l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, con le note sentenze n. 3670 e 7186/2011, secondo la quale  la chiarezza del dettato normativo di cui agli art. 44 d.lgs. n. 286/98 e art. 4 del d.lgs. n. 215/2003, come modificato dalla L. 101/08 di conversione del D.L. n. 59/08, non consente dubbi nell'attribuire al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla tutela contro gli atti e i comportamenti ritenuti lesivi del principio di parità, negli ambiti e campi di applicazione riferiti dalle normative medesime, anche con riferimento ad atti e comportamenti messi in atto dalla Pubblica Amministrazione, incluse le procedure concorsuali. In detti precedenti, la Corte di Cassazione rammenta, peraltro, che l'attribuzione della competenza giurisdizionale al giudice ordinario  è imposta dalla natura delle situazioni soggettive tutelate correlate al diritto fondamentale all'uguaglianza, avente fondamento costituzionale (art. 3 Cost.) e nel sistema internazionale dei diritti umani.

In altri termini, il giudice del lavoro di Trieste ha condiviso la tesi della Cassazione secondo cui l'azione giudiziaria anti-discriminazione di cui all'art. 44 del d.lgs. n. 286/98 è stata individuata dal legislatore  come modello processuale tipico e sovrano per le discriminazioni, rimedio speciale in tutti i casi in cui venga impugnato l'atto in quanto comportamento discriminatorio, senza che abbia rilevanza alcuna se l'asserita discriminazione sia stata compiuta da privati o dalla P.A. ovvero incida su posizioni giuridiche qualificabili come diritto soggettivi o interessi legittimi. L'azione giudiziaria anti-discriminazione dinanzi al giudice ordinario trova applicazione anche quando il comportamento asseritamente discriminatorio abbia riguardato un procedura di tipo concorsuale.

Nel merito della questione,  il giudice del lavoro di Trieste ha riconosciuto come la legislazione italiana in materia concorsuale, prevedendo la clausola di cittadinanza italiana o comunitaria, appare in contrasto con  norme di rango anche sopranazionale che prevedono il principio della parita’ di trattamento in materia di accesso all’impiego, con l’unica eccezione di quelle situazioni che implichino l’esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri  ovvero attengano alla tutela dell’interesse nazionale  (art. 2 c. 3 del T.U. imm. facente riferimento alla Convenzione OIL n. 143/1975, ma anche l’art. 11 della direttiva n. 109/2003/CE sui lungo soggiornanti).  In particolare, secondo il giudice del lavoro, il Testo Unico immigrazione (art. 27) e le sue norme regolamentari applicative (art. 40 c. 21 d.P.R. n. 394/99), hanno previsto una speciale condizione per gli infermieri extracomunitari autorizzati all’ingresso per svolgere tale attivita’ professionale, con la possibilità espressamente prevista di assunzione presso “strutture sanitarie pubbliche e private […] anche a tempo indeterminato”. Ne consegue, che tale specifica normativa ha comportato senza dubbio una deroga alle norme che richiedono il requisito della cittadinanza, e alla luce di tale deroga deve essere letta ed interpretata la clausola di apertura di cui all’art. 2 del Regolamento n. 220/2001, nel fare “salve le equiparazioni stabilite dalle leggi vigenti”.

Il giudice del lavoro di Trieste ha dunque condiviso il parere espresso sull’argomento dall’UNAR, citandolo espressamente nell’ordinanza.

Contro l’ordinanza del giudice di primo grado, l’Azienda per i Servizi sanitari di Trieste aveva presentato reclamo, sul quale il collegio giudicante del Tribunale di Trieste si e’ espresso con ordinanza del 22 luglio 2011. Il Tribunale di Trieste ha respinto il reclamo dell’Azienda per i Servizi Sanitari, ritenendo che non poteva essere condiviso l’orientamento espresso dalla Cassazione nel noto precedente della sentenza n. 24170/2006, secondo il quale gli infermieri extracomunitari potevano ritenersi titolari di un diritto soggettivo ad essere ammessi al Pubblico impiego limitatamente ai rapporti di lavoro a tempo determinato. Il collegio giudicante del Tribunale di Trieste rileva, infatti, che la citata disposizione di cui all’art. 40 c. 21 del d.P.R. n. 394/99 non fa distinzioni tra  assunzione a termine e a tempo indeterminato, consentendo espressamente anche quest’ultima da parte della P.A. e del resto, una eventuale distinzione apparirebbe irragionevole ed illogica nel momento in cui il rapporto di lavoro avrebbe ad oggetto presentazioni e mansioni di contenuto identico.

Pertanto, anche secondo il collegio giudicante del Tribunale di Trieste,  la clausola di equiparazione contenuta nell’art. 2 lett. a) del D.P.R. n. 220/2001 deve essere letta ed interpretata come un’apertura alla partecipazione degli infermieri extracomunitari regolarmente soggiornanti ai concorsi pubblici per le assunzioni nel Pubblico impiego, a tempo indeterminato cosi’ come temporaneo, in condizioni di parita’ di trattamento con i colleghi italiani o di Paesi membri dell’UE. Lo stesso dicasi per gli infermieri extracomunitari titolari del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti di cui all’art. 9 del d.lgs. n. 286/98 o della carta di soggiorno, in quanto familiari di cittadini italiani o di Paesi membri dell’UE.

A cura del servizio ASGI di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose.

Si ringrazia per la segnalazione l’Avv. Nicola Cannone del Foro di Trieste.

 
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