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Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
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22.03.2011

Tribunale di Pisa: Disapplicata in quanto discriminatoria la norma che prevede il requisito della carta di soggiorno ai fini dell’accesso dello straniero alle prestazioni di invalidità

 
Riconosciuta ad una cittadina albanese disabile l’indennità di accompagnamento.
 
Tribunale di Pisa, sentenza dd. 27.09.2010 (RG n. 1080/2008) (78.49 KB)
 

Il giudice del lavoro di Pisa, con la sentenza dd. 27.09.2010 (N. RG 1080/2008), depositata nelle scorse settimane, ha riconosciuto ad una cittadina albanese regolarmente residente in Italia, munita di  permesso di soggiorno, il diritto alla corresponsione da parte dell'INPS dell'indennità di accompagnamento per disabili incapaci di deambulare autonomamente.

L'accesso a tale prestazione di assistenza sociale per disabili le era stato negato dall'INPS per mancanza del requisito del possesso della carta di soggiorno o permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti richiesto ai sensi dell'art. 80 c. 19 della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001).

Nella sentenza, il giudice del lavoro di Pisa ha ricordato come nelle more  del procedimento la Corte Costituzionale si sia diverse volte espressa sull'argomento, affermando l'illegittimità costituzionale dell'art. 80 c. 19 della legge n. 388/2000 subordinante per gli stranieri di Paesi terzi l'accesso alle prestazioni di assistenza sociale che costituiscono diritti soggettivi ai sensi della legislazione vigente  al requisito della carta di soggiorno. Questo  in quanto le prestazioni attinenti alla disabilità attengono alla sfera del diritto alla salute quale diritto umano fondamentale e come tali spettano a tutti e non ammettono distinzioni fondate sulla nazionalità (Corte Costituzionale, sentenza n. 306/2008). Ugualmente la Corte ha affermato che ogni distinzione su base di nazionalità riferita ad una prestazione rivolta ai disabili verrebbe in violazione al principio di non discriminazione affermato dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata in Italia con legge  n. 18/2009 (Corte Cost., ordinanza  n. 285/2009).

Infine, il giudice del lavoro di Pisa ha ricordato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 187/2010, ha affermato l'illegittimità della disposizione richiedente la carta di soggiorno ai fini dell'accesso all'assegno di invalidità, in quanto verrebbe in contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza e ragionevolezza ogni disposizione che ponesse distinzioni fondate sulla nazionalità riguardo a prestazioni  volte a consentire il concreto soddisfacimento dei bisogni  primari inerenti alla sfera di tutela della persona in quanto tale. Questo anche in ottemperanza agli obiettivi conseguenti all'adesione della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali e al divieto di discriminazioni in essa contenuto (art. 14 in combinato con l'art. 1 del protocollo n. 1 alla  Convenzione medesima attinente alla tutela dei  diritti patrimoniali). La giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha più volte sottolineato come una distinzione fondata sulla nazionalità nell'accesso a prestazioni di assistenza sociale per non costituire una discriminazione vietata e risultare invece compatibile con la Convenzione deve rispondere a ragioni molto forti e persuasive che corrispondano a finalità obiettive perseguite con mezzi necessari e proporzionali.

Il giudice del lavoro di Pisa ricorda nella sentenza che la stessa Carta europea dei diritti fondamentali, entrata in vigore con il Trattato di Lisbona,  include tra questi il diritto all'uguaglianza e alla non discriminazione (art. 21), così come afferma  che laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, il significato e la portata degli stessi sono eguali a quelli conferiti dalla Convenzione (art. 52 c. 3 Carta europea). Ne consegue, dunque, secondo il giudice del lavoro di Pisa, che il principio di eguaglianza e di non discriminazione nell'accesso alle prestazioni di sicurezza sociale affermato dalla normativa dell'Unione europea con riferimento ai cittadini dell'UE, ai rifugiati e ai cittadini di Paesi terzi che provengano da altro Stato membro dell'UE (Regolamenti europei n. 883/2004 e n. 1231/2010 ) può ritenersi esteso anche ai cittadini di Paesi terzi protetti ai sensi della Convenzione europea. Questo dunque determina l'obbligo per il giudice di disapplicare direttamente la norma di cui all'art. 80 c. 19 della legge n. 388/2000, senza necessità che la medesima sia rinviata al giudizio di legittimità costituzionale.

Soddisfazione per l'esito del ricorso è stata espressa dall'ANOLF CISL di Pisa che aveva assistito la cittadina albanese nel procedimento.


Fonte: CISL Pisa



A cura del servizio anti-discriminazioni dell'ASGI. Progetto con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.


 
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