ASGI

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
Indietro
 
 
18.10.2010

Tribunale di Brescia: Respinto il reclamo del Comune di Adro contro l’ordinanza del giudice di Brescia che ha accertato la natura discriminatoria dei regolamenti comunali in materia di contributi per l’affitto e bonus bebè che escludevano i cittadini stranieri

 
Ma il Comune non sarà costretto a pagare i benefici sociali agli stranieri per gli anni precedenti al 2009.
 
Tribunale di Brescia, ordinanza dd. 15.10.2010 (regolamenti del Comune di Adro) (3.99 MB)
 

Il collegio giudicante del Tribunale di Brescia ha respinto il reclamo presentato dal Comune di Adro (Bs) contro l'ordinanza del giudice del lavoro di Brescia dd. 27 luglio 2009, con la quale era stato accertato il carattere discriminatorio dei regolamenti comunali in materia rispettivamente di contributo a sostegno del pagamento del canone di locazione e di contributo per i nuovi nati in quanto  contemplavano il requisito di cittadinanza italiana o di uno degli altri Paesi dell'Unione europea.

Nel reclamo, il Comune di Adro aveva sostenuto che i regolamenti comunali non violavano il principio di eguaglianza in quanto la distinzione di trattamento tra italiani e stranieri doveva ritenersi ragionevole in relazione alle finalità che si volevano realizzare, cioè il sostegno alle nascite in seno alle famiglie "autoctone", che avrebbero un tasso di natalità inferiore a quelle straniere, e l'incentivo alla famiglie "locali" a non lasciare il territorio d'origine.

Il collegio giudicante del Tribunale di Brescia ha respinto tali argomentazioni, rilevando che, a prescindere dalle loro finalità, gli atti amministrativi comunali non possono violare le leggi dello Stato, tra cui quelle inerenti al principio di parità di trattamento in materia di assistenza sociale tra cittadini stranieri e nazionali e al divieto di discriminazioni, di cui rispettivamente agli art. 41 e 43 del d.lgs. n. 286/98, nonché alle norme di cui al d.lgs. n. 215/2003.

Parimenti, secondo il collegio giudicante di Brescia, le finalità proclamate in sede di reclamo dal Comune di Adro a fondamento dei regolamenti  innanzitutto non sono le medesime di quelle indicate nei regolamenti medesimi che invece si riferiscono unicamente alle esigenze di fornire un aiuto economico ai residenti per le spese di affitto o in occasione della nascita di un figlio; esigenze rispetto alle quali la condizione di nazionalità italiana o comunitaria non ha nessuna correlazione razionale se non quella di escludere in maniera discriminatoria, e, dunque, proibita, i cittadini stranieri dal godimento dei benefici.

Ugualmente respinta dal Tribunale di Brescia la richiesta del Comune di Adro di non vedersi costretta a pubblicare a proprie spese l'ordinanza del giudice del lavoro di Brescia sui due quotidiani locali di Brescia più diffusi. Secondo il Tribunale di Brescia, "la visibilità derivante dalla pubblicazione costituisce un rimedio tipico contro la discriminazione, che è tanto più opportuno adottare      quando, come nel caso in specie, il comportamento censurato provenga da un ente pubblico...".

Il collegio giudicante del Tribunale di Brescia ha invece respinto il reclamo incidentale inoltrato da ASGI e Fondazione Piccini per i diritti dell'Uomo -ONLUS di Brescia, secondo i quali appariva insufficiente il rimedio operato dal giudice di Brescia avverso gli effetti dei regolamenti discriminatori, per cui al Comune di Adro  è stato ordinato di   pagare i benefici agli stranieri esclusi solo a partire dall'anno 2009, ma non per gli anni precedenti.

Secondo il Tribunale di Brescia, la decisione del giudice del lavoro è condivisibile, visto che l'accesso ai benefici presupponeva la presentazione di una formale istanza, che nessuno dei ricorrenti aveva inoltrato prima del 2009, così come il carattere cautelare e sommario dell'azione giudiziaria anti-discriminazione presupporrebbe l'attualità del comportamento discriminatorio e la permanenza dei suoi  effetti, né il procedimento di natura cautelare consentirebbe il risarcimento del danno patrimoniale e non.

I legali dell'ASGI hanno espresso perplessità riguardo a queste conclusioni del Tribunale di Brescia, in quanto la stessa  normativa di recepimento della direttiva europea "razza" (n. 2000/43) prevede la possibilità che il giudice  si pronunci anche con riferimento a atti discriminatori che abbiano già cessato i propri effetti e per i quali permane dunque la possibilità per il giudice di pronunciarsi sul risarcimento dell'eventuale danno patrimoniale e non  (Art. 4 c. 4 d.lgs. n. 215/2003: "Con il provvedimento che accoglie il ricorso il giudice, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio, ove ancora sussistente, nonché la rimozione degli effetti"). Inoltre, non appaiono convincenti le conclusioni del tribunale di Brescia relative all'impossibilità di condannare il comune di Adro al pagamento dei benefici agli stranieri residenti anche per gli anni precedenti al 2009 in quanto questi non avrebbero presentato domanda.

Tali conclusioni contraddicono quanto invece affermato da altri tribunali, anche con riferimento agli indirizzi interpretativi del diritto anti-discriminatorio offerti dalla Corte di Giustizia europea.

Con ordinanza del 20 luglio 2009, il Tribunale di Milano, sez. lavoro, in composizione collegiale, aveva accolto il reclamo proposto da un cittadino marocchino, sostenuto dall'ASGI e dall'Associazione Avvocati per Niente ONLUS, affinchè venisse dichiarato discriminatorio il comportamento dell'impresa del trasporto pubblico urbano di Milano (ATM spa), la quale aveva disposto una selezione di candidati a diverse posizioni di lavoro  (elettricisti, autisti, meccanici,...) prevedendo il requisito della cittadinanza italiana o comunitaria in ossequio alle norme risalenti al R. D.  n. 148 del 1931 (norme sulle corporazioni).
Il ricorso del cittadino marocchino era stato respinto in primo grado dal giudice del lavoro, che aveva eccepito la mancanza dell'interesse ad agire del ricorrente, in quanto  questi non aveva presentato una formale istanza per partecipare alla selezione dei candidati alle posizioni lavorative.
Secondo il collegio del Tribunale di Milano, tale motivazione era infondata in quanto il fatto in sè che l'azienda dei trasporti milanese avesse indetto una pubblica offerta di lavoro vincolandosi a selezionare soggetti in possesso tra l'altro del requisito della cittadinanza italiana o comunitaria,  aveva fatto sì che la possibilità del ricorrente di accedere a tale selezione non solo era stata scoraggiata, ma anche effettivamente preclusa, con ciò determinando il realizzarsi del comportamento discriminatorio. Il collegio giudicante si è richiamato tra l'altro alla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, che nel noto caso  Feryn  (sentenza dd. 10 luglio 2008 , causa C-54/07) ha sostenuto che  una discriminazione vietata dalla direttiva europea n. 2000/43 (direttiva "Razza") si realizza anche laddove un datore di lavoro dichiari pubblicamente la sua "intenzione" di non assumere  lavoratori di una certa nazionalità, senza che vi sia necessità di un riscontro effettivo  del respingimento aprioristico di candidature avanzate da parte di lavoratori appartenenti a quella nazionalità .

Di recente, il tribunale di Milano con ordinanza dd. 29.09.2010, aveva confermato tale orientamento, condannando il comune di Tradate (Varese) al pagamento di un assegno di natalità ai cittadini stranieri residenti che ne erano stati esclusi  fin dall'anno in cui tale beneficio sociale era stato introdotto (in proposito: http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1191&l=it) .


A cura del Servizio ASGI di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose. Progetto ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalità umaniterie Charlemagne ONLUS.
 
» Torna alla lista